Repubblica.it
24 Maggio 2018
Seconde generazioni: quelle figlie ribelli con il cuore diviso a metà. La psichiatra: “Includere le famiglie per fermare le violenze
Intervista ad Adelia Lucattini di Chiara Nardinocchi
Introduzione: Come si costruisce l’identità dei minori all’interno delle famiglie di migranti in occidente? Che cosa succede nella mente di un bambino destinato ad accogliere due linguaggi culturali talvolta antitetici, come si evolvono progressivamente i processi di soggettivazione nel conflitto fra interno e esterno, fra prima e dopo, in assenza di riferimenti identificatori e significanti stabili? Stiamo assistendo ad una trasformazione epocale, non è più sufficiente il “Disagio della civiltà” di Freud per descriverlo. Adelia Lucattini, Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana, nell’intervista di Chiara Nardinocchi mette a fuoco il problema. (Maria Naccari Carlizzi)
Intervista ad Adelia Lucattini di Chiara Nardinocchi
Repubblica.it
24 Maggio 2018
Seconde generazioni: quelle figlie ribelli con il cuore diviso a metà. La psichiatra: “Includere le famiglie per fermare le violenze”
In seguito agli ultimi fatti di cronaca delle due ragazze pakistane vittime di violenza, la psicoanalista e psichiatra Adelia Lucattini spiega le difficoltà che incontrano i figli dei migranti. Proprio nella divisione tra valori familiari e sociali risiede una delle cause della violenza
di CHIARA NARDINOCCHI
ROMA – E’ tornata a casa a Verona Farah, la ragazza pakistana di 19 anni portata dalla famiglia con l’inganno in Pakistan e costretta ad abortire il figlio concepito con il fidanzato italiano. Non tornerà più invece Sanaa, la 25enne di Brescia uccisa per aver rifiutato un matrimonio combinato dalla sua famiglia. Vittime delle loro famiglie, ma non solo. Secondo la dottoressa Adelia Lucattini, psichiatra e psicoanalista esperta di violenza di genere e immigrazione, anche il loro essere ‘native democratiche’ ha avuto un ruolo fondamentale nella loro storia di morte in un caso e violenza nell’altro.
“Nelle seconde generazioni di migranti – spiega Lucattini – spesso accade che questi ragazzi vivano in una sorta di doppia realtà: quella del paese nel quale si integrano completamente grazie alla scuola, agli sport e a tutte le occasioni di socializzazione e quella composta dal nucleo familiare spesso del tutto separato dall’ambiente sociale”. Così questi ragazzi sviluppano una sorta di doppio livello di coscienza: una prettamente europea e occidentale, l’altra basata sui valori assimilati nei contesti familiari.
ll matrimonio e le donne. Anche nel caso delle seconde generazioni, le donne si adattano più facilmente ad un nuovo sistema di valori poiché più duttili. Soprattutto per coloro che arrivano o sono cresciute in contesti fortemente patriarcali e legati alla tradizione, la differenza di genere nel relazionarsi ad una nuova società è forte. A differenza degli uomini che fin da piccoli sono educati ad essere i difensori e i conservatori dell’onore familiare con un ruolo di predominanza e di responsabilità, le donne che invece rivestono un ruolo secondario percepiscono il ‘nuovo mondo’ come un miglioramento della loro condizione e si adattano.
Così le donne si emancipano: prendono la patente, frequentano scuole miste, vivono l’affettività in modo libero. “Succede – continua Lucattini – che anche le famiglie più conservatrici e patriarcali non contrastino questo processo poiché convinte che quando sarà il momento, che spesso e volentieri è con il matrimonio, queste figlie aderiranno alla loro “vera” identità. In alcuni casi il primo viaggio in Pakistan coincide con il loro matrimonio e non è raro che la figlia, come nel caso di Sanaa e di Farah, si all’oscuro dei veri motivi della trasferta. I parenti più stretti spesso sono certi che una volta lì si convinceranno a seguire la tradizione e in caso di forte disonore o di netto rifiuto si possano prendere provvedimenti con il benestare dello stato. Si pensi che solo negli ultimi due anni in Pakistan ci sono stati 1000 delitti d’onore dichiarati. Per non parlare di quelli taciuti per non render noto il disonore della famiglia”.
Ansia. Ovviamente non bisogna generalizzare. I due fatti di cronaca più recenti sono degli estremi molto rari. Ma anche senza arrivare a risvolti così cruenti, laddove esistono le condizioni tali da determinare una frattura culturale tra prime e seconde generazioni, le conseguenze anche a livello psicologico ricadranno sia sui giovani che sulle loro famiglie. “Se i due mondi di appartenenza non vengono integrati – sostiene Lucattini – i ragazzi sono costretti a barcamenarsi tra questi due sistemi che convivono dentro di loro e hanno spesso ugual peso. Alcuni sviluppano disturbi d’ansia molto forti per l’eterno sforzo di tenere tutto così separato, sono bambini iperattivi a scuola, adolescenti irrequieti, ragazze con tendenze oppositive. Alcuni invece si deprimono, poiché l’incapacità di conciliare questi mondi comporta spesso il dubbio sulla propria identità”.
Adesioni formali. Le famiglie d’origine, soprattutto nei casi in cui ci siano ostacoli linguistici ed economici, convivono con un forte senso di emarginazione che può portare anche allo sviluppo di disturbi legati alla personalità soprattutto di tipo paranoide. “Si sentono perseguitati – interviene la psicologa – a causa del senso di inferiorità che nasce dall’incapacità di comunicare. Attribuiscono le loro difficoltà esclusivamente all’ambiente esterno e così facendo aumentano il loro isolamento”.
Informare e includere. Un primo passo per sanare la divisione culturale ed emotiva potrebbe essere informare i giovani sulle loro origini anche con attività scolastiche mirate che coinvolgano le stesse famiglie diminuendo così il senso di esclusione dal processo educativo. “Questo – conclude Lucattini – aumenterebbe il senso di appartenenza dei giovani sia al luogo dove crescono ma anche del paese d’origine e li renderebbe liberi di scegliere in quale paese vivere. L’elemento successivo però deve essere quello di spiegar loro il sistema legislativo, soprattutto le ragazze. I giovani nati in Europa infatti sono ‘nativi democratici’ e spesso non hanno la consapevolezza che al di fuori esistono altre leggi e dei codici etici completamente diversi. Quello che spesso i ragazzi danno per scontato, in altre parti del mondo non solo non esiste ma non viene condiviso”.
(Chiara Nardinocchi, Giornalista presso “La Repubblica”)