Cultura e Società

Psicoanalisi fuori dalla stanza. Intervista a C. Carnevali, Resto del Carlino 5/12/2024

9/12/24
Psicoanalisi fuori dalla stanza. Intervista a C. Carnevali, Resto del Carlino 5/12/2024

AIDA MULUNEH

Parole Chiave: Psicoanalisi, Se’, Migranti, Transgenerazionale

Psicoanalisi fuori dalla stanza: Incontro tra Adolescenti studenti e Migranti

Intervista a C. Carnevali

Resto del Carlino, 5/12/2024

Intervista per Il Resto del Carlino 5/12/2024 del giornalista M. Gradara in occasione della pubblicazione, “Racconti in cammino. Adolescenti e Migranti percorsi di narrazione e soggettività”. A cura di Cinzia Carnevali, Laura Ravaioli e Sonia Saponi. Pendragon Bologna 2023

  1. ‘Racconti in cammino’, di cosa parla?

Questo libro parla del bisogno dei giovani di incontrare mondi diversi e di farli dialogare e conoscere. Incontrare l’Altro da sé e, al contempo, incontrare Sé stessi e fare esperienza del Noi. Parla della nostra esperienza di collaborazione, elaborazione e realizzazione di diversi progetti, tutti raccolti sotto il titolo “Adolescenti e Migranti quale Identità” che dal 2017 siamo riusciti a realizzare, con gli adolescenti e i giovani richiedenti asilo nel nostro territorio Rimini e Provincia. In particolare si parla del più recente:“Adolescenti e Migranti: Parole, Identità e Nuove Appartenenze. 2021-2022: narrazioni e messa in scena di esperienze significative della propria vita”.

Inoltre il libro nasce dalla nostra esperienza terapeutica con gli adolescenti italiani e migranti in trattamento analitico, individuale e in gruppo. L’ascolto, individuale e in gruppo, è il primo passo per dare legittimità di esistenza per come si è e non per come pretendono i mandati trasgenerazionali. Si riconosce il bisogno di non modellarsi totalmente all’altro, ma poter creare la propria unicità.

In questo libro sono inseriti lavori di diverse professioniste che hanno dato e continuano a dare il loro tempo in modo volontario e gratuito per porgere i loro strumenti di conoscenza alla cura dei disagi giovanili. Gli adolescenti a volte si sentono isolati, annoiati e passivi, alcuni si assentano da scuola per periodi lunghi, rimanendo a letto “sdraiati” in un ritiro depressivo, con idee anche suicidarie o a volte immersi in fantasticherie megalomaniche: due facce della stessa medaglia. La posizione “sdraiata”, noi diremmo depressiva, potrebbe non essere del tutto negativa, e fornire anche una diversa prospettiva. Forse questi ragazzi inviano, attraverso il corpo, un messaggio ben preciso che occorre decifrare per lavorare sull’alfabetizzazione emotiva e poter intercettare la loro necessità di comunicare il loro bisogno di trovare una mente che li veda, li pensi e li comprenda. Quando è possibile, l’adolescente in difficoltà può essere aiutato all’interno di uno spazio terapeutico, dove possa esprimere sentimenti di transfert e sviluppare gradualmente una struttura identitaria che sblocchi “il dormiente”, favorendo la ripresa vitale. Il controtransfert invece, mette in luce anche la “consistenza dell’analista” (Battistini 1998) che si lascia usare e si presta a rivestire i diversi ruoli che l’adolescente ha necessità di fargli giocare, favorendo la capacità di percorrere l’area dell’illusione transizionale verso il movimento e le prospettive future.

Sempre nel libro, parliamo dell’importanza del lavoro creativo fatto insieme da adolescenti e migranti, lavoro che consente di far emergere quelle qualità ‘speciali’ dell’individuo, che fa parte di un gruppo e che, proprio attraverso una ‘creativa’ partecipazione, può fare evolvere la sua esperienza soggettiva e può procedere verso un processo di soggettivazione.

Questo progetto, che fa incontrare molteplici aspetti che fanno parte di una singolarità e pluralità interna (gruppalità intrapsichica) ed esterna (interpsichica-ambientale-culturale), è in generale molto impegnativo ed è fondamentale – nel momento in cui da un’ottica psicoanalitica ci accingiamo entrare in contatto con tutti i micro e macro aspetti traumatici che l’esperienza della migrazione comporta – tenerne conto. È anche una premessa per favorire il dialogo tra soggetti portatori di differenze culturali, che si confrontano con le loro reciproche appartenenze, non tralasciando gli aspetti, a volte fortemente conflittuali, che entrano in campo.

  • Narrare può lenire il dolore dei traumi? Non solo?

Sì, narrare può far percepire, sentire, riconoscere il dolore (“nell’animo”, dicono i giovani) e lenirlo, confortarlo per poterlo superare. Le azioni, i racconti, la rappresentazione grafica, sono espressioni del Sé nell’esperienza d’incontro con l’Altro diverso e con aspetti complessi, scissi e non conosciuti. Narrare consente di aprirsi agli altri ed entrare in relazione, darsi opportunità di sperimentare un’esperienza condivisa tra i giovani, in presenza di noi operatori che li conteniamo e sosteniamo. Nelle esperienze di incontro e scambio tra studenti e migranti e nelle prime fasi del trattamento analitico è necessario rafforzare la fiducia nelle loro capacità realistiche e rispecchiare gli aspetti sani della personalità, oltre che aiutarli, se possibile, a distinguere tra realtà e fantasia, mondo interno e mondo esterno, Sé e altro da Sé. La narrazione ristabilizza una continuità temporale in senso lineare, processo molto importante perché utile a colmare i vuoti della storia. Di fronte al breakdown vissuto come un vuoto e un’interruzione angosciosa nella loro evoluzione, questi giovani riflettono sulla propria identità storica e narrativa e sperimentano l’introiezione e il consolidarsi di una funzione psichica: la capacità di creare e ricreare continuamente la propria storia.

Si creano così nuove potenzialità di relazione, un contenitore affettivo ed emotivo per nuove conoscenze e consapevolezze di sè. L’identità si costruisce attraverso la relazione con gli altri, attraverso un riconoscimento di un tempo storico, nella libertà di muoversi da un prima a un dopo, nella comprensione ed elaborazione dei traumi ma anche delle esperienze positive emancipative.

Per i giovani significa ritrovare speranza di poter comprendere e riparare le mancanze, le insufficienze, le dinamiche ripetitive, comprensione che sostiene la costruzione di un sé più coeso e più irrobustito per riprendere lo sviluppo e il proprio percorso di soggettivazione. Questo aiuta a non far fallire il processo di costruzione dell’identità, particolarmente delicato in adolescenza e per chi, come gli adolescenti e i soggetti migranti, ha subito traumi e sradicamento.

I percorsi che abbiamo pensato e realizzato con gli adolescenti e i migranti insieme, attraverso la narrazione, la poesia, la musica e varie forme artistiche, offrono strumenti per fare esperienze trasformative. Il lavoro emotivo, volto ad espandere il campo affettivo, non può evitare il dolore e la frustrazione che ciascuno prova entrando in contatto con i propri vissuti emotivi. Narrare non ha lo scopo di diminuire il dolore delle ferite traumatiche, ma di aiutare a costruire la capacità di poterlo affrontare e trasformare. Trasformare le ferite in una feritoia, un luogo attraverso cui può entrare la luce.

  • Spaesamento e paura toccano in vario modo tutti. Perché il vostro focus su adolescenti studenti e migranti?

Noi psicoanalisti ci impegniamo a porgere cura e strumenti di pensiero a tutte le persone fragili, dai bambini e gli adolescenti agli adulti, donne e anziani, e alle Istituzioni. I cambiamenti della e nella vita comportano disorientamento e spaesamento che potrebbe aumentare il panico e scatenare difese primitive, come la fuga in un altrove raggelante o nel ritiro regressivo. Ne sono un esempio gli Hikikomori, termine giapponese che significa “stare in disparte”, un ritiro dalla vita sociale che può durare anche molti anni.

Lasciare i punti di certezza e affrontare il mare aperto costruendo una bussola interna per continuare a navigare e a vivere è desiderato al tempo stesso temuto. Nello sviluppo dell’identità sarà cruciale la risposta del genitore, dell’insegnante, del gruppo dei pari, del partner e dell’analista. Nell’esperienza analitica si potranno trasformare le esperienze traumatiche grazie al poter vivere funzioni di contenimento, sintonizzazione, rispecchiamento, rêverie; al contempo l’analista potrà essere interiorizzato come nuovo oggetto nella costruzione e ricostruzione del Sé.

Le esperienze di prevenzione e di cura che noi proponiamo sviluppano la capacità di stare nella relazione con gli altri, la capacità di legare consente di poter costruire gli strumenti, gli attrezzi per poter affrontare una realtà sempre più difficile e performante come quella odierna che ha un peso sacrificale enorme (richiamerebbe il supplizio di Tantalo). Occorre comprendere fino a che punto ogni individuo può sopportare un carico così pesante di panico, di dolore, di angoscia e di impotenza. Pensiamo per questo che sia utile e importante riconoscere in questa età della vita il rischio di “breakdown evolutivo” (crisi depressiva psicotica), termine che definisce uno stallo evolutivo nello sviluppo, e che può avere il suo antefatto nella prima infanzia, legato sia all’impossibilità di elaborare le separazioni dai genitori, il lutto delle scelte che comportano un senso di perdita, di separazione dall’onnipotenza infantile che produce confusioni di identità sessuale e di genere e di integrazione della sessualità, sia di contattare e integrare affetti ed emozioni a volte non riconoscibili e altre volte esplosive e incontenibili e infine il tramonto edipico.

  • Nel suo lavoro quotidiano di psicoanalista a Rimini, rileva uno ‘specifico locale’ nel disagio giovanile?

Sì, come psicoanalista rilevo una specificità locale nella nostra realtà territoriale di Rimini e Provincia. Gli adulti sono sempre più impegnati nel lavoro professionale, imprenditoriale, nel campo della ristorazione e delle agenzie turistiche del territorio ed esposti a solitudine e a coppie che si separano. Sempre più assenti e distratti, i genitori non sono in grado di ascoltare i bisogni di base dei propri figli e per compensare ai loro sentimenti di colpa ricorrono a metodi invasivi e di controllo, a volte rigidi e punitivi che peggiorano la situazione ambientale, familiare e relazionale. I genitori stessi sono imprigionati in ruoli di potere idealizzato e se non si corrisponde a questa pretesa idealizzante si è svalutati e feriti nella propria autostima, in crisi rispetto l’immagine di sé, immagine che deve corrispondere a performance perfette sia in senso corporeo che sociale. Ad esempio, l’idealizzazione spostata sui soldi spinge alla ludopatia (“Vedi quella macchinetta? Con quella puoi fare soldi subito e in modo facile!”), fenomeno particolarmente esteso nella nostra zona. Quando cresce, l’adolescente ha bisogno di separarsi e ha necessità di mettere un limite all’invasività del genitore, proteggendo un proprio spazio che potremmo immaginare come una stanza per il Sé. L’esperienza traumatica nell’attuale, sia per negligenza, sia per violenza, attivata dal bisogno e dalla dipendenza inevitabile dai genitori, può far collegare la fragilità dell’adolescente alla fragilità dell’adulto. Si può determinare inconsciamente una collusione di sofferenza fra genitore e adolescente, che rimanda a ferite narcisistiche della stessa infanzia o adolescenza dell’adulto. Sarà utile tener conto della complessità delle strutture psichiche che sono sempre collocate all’interno di un’organizzazione di legami traumatici familiari e che caratterizzano l’origine del soggetto ancor prima della nascita. Ma sarebbe un errore colpevolizzare i genitori della ripetizione di questi modelli disfunzionali esistenti nella famiglia, ad esempio delle difficoltà di individuazione-separazione dal figlio, perché i genitori stessi sono vittime di questi funzionamenti che si tramandano con il transgenerazionale e che li implicano loro malgrado.

La ribellione dell’adolescente emerge anche attraverso le patologie, i disturbi alimentari sempre più frequenti, anoressia e bulimia. Le dismorfofobie sono in aumento, così come gli interventi chirurgici su parti del corpo con l’illusione di eliminarne i difetti, le mancanze relative a un buon riconoscimento e rispecchiamento del sé nello sguardo dei genitori. Lo specchio vuoto od opaco rimanda visioni distorte e non corrispondenti alla realtà del sé che ha subito pieghe traumatiche che tolgono dignità e legittimità di esistere per come si è. Gli adolescenti ci ingaggiano in una relazione complessa e rischiosa a causa delle loro sofferenze e difese articolate, in bilico tra pulsione di vita e di morte (è aumentata la percentuale dei suicidi). Il nucleo del Sé si protegge, si nasconde allo scopo di sopravvivere, sorvolando, alcune inevitabili tappe evolutive. Le patologie narcisistiche sono il punto di arrivo di un lungo cammino che ha percorso l’adolescente in difficoltà. Noi lo incontriamo proprio lì, ed è in quel luogo che possiamo incidere in questa lotta a volte pericolosa. Il lavoro analitico è necessario per sbloccare l’angoscia e per irrobustire il Sé, per arrivare a rinunciare alle difese e al piacere narcisistico che si alleano con le forze mortifere antilibidiche e antirelazionali.

  • Recenti fatti di cronaca riguardano in negativo sia ragazzi che adolescenti: crescono anche sul nostro territorio patologie gravi e stati depressivi?

Sì, purtroppo, anche sul nostro territorio crescono fenomeni di malessere depressivo sino a depressioni gravi che possono produrre rotture della capacità di pensare e di forti tendenze ad agire in modo distruttivo e autodistruttivo. Fenomeni di bullismo (coltelli a scuola) e di violenza fisica e psicologica nei confronti di compagni più fragili, sfide onnipotenti che negano la propria insicurezza e impotenza e paura delle diversità, sono in aumento. All’interno della famiglia si riscontrano le situazioni più traumatiche e violente che non possono essere negate e trascurate pena la ripetizione omicidio-suicidio. L’impossibilità a pensarsi da soli, a tollerare il vuoto, il buco del distacco, l’angoscia di crollo depressivo, provoca l’impulso ad un controllo violento di annullamento del sé autonomo della partner e/o del partner. Possiamo pensare che gli adolescenti di oggi vivano in una sorta di loro mondo fluido e parallelo al nostro mondo di adulti, mondo non facile da comprendere e raggiungere. Non bisogna lasciarli soli con le loro paure e fantasmi tossici.

6) Quali attività svolge il Centro Adriatico di Psicoanalisi ‘Angelo Battistini’?

Il Centro Adriatico di Psicoanalisi della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) da diversi anni porta avanti varie iniziative come “Cinema e Psicoanalisi”, “Da qualche parte tra Musica e Psicoanalisi”, “Adolescenti e Migranti” Gruppi di “Ascolto” per donne lavoratrici, “Percorsi di alfabetizzazione critica ed emotiva” per i ragazzi delle Scuole medie, “Psicoeducazione emotiva nelle scuole elementari” per “ riconoscere e valorizzare il crescente contesto pluriculturale e per l’integrazione degli immigrati e lotta alla povertà educativa”.

Come gruppo di psicoanaliste e psicoterapeute da anni lavoriamo sul territorio in collaborazione con diverse Associazioni, come l’Associazione Arcobaleno, Arci e diverse Istituzioni, tra cui Comune, Provincia, Pari Opportunità, Scuola. Costruiamo e sviluppiamo progetti che coinvolgono Scuole elementari, Medie e Istituti Superiori del territorio e le Cooperative di accoglienza per i migranti. Inoltre, l’attività Scientifica del Centro almeno due volte l’anno promuove Seminari aperti a tutta la cittadinanza.  

Ad esempio, sabato 7 dicembre 2024, tra le 9:15 e le 13:15, presso l’Hotel President (Viale Tripoli n.276) di Rimini, proponiamo il Seminario dal titolo “Culture in Movimento Tra Geografie Interne ed Esterne”. Lo psicoanalista Pierluigi Moressa dialoga con il Prof. Antonio Panaino su “Etnopsicologia e storia religiosa tra passato e presente”; segue Alfredo Lombardozzi: “L’Antropologia psicoanalitica: crocevia tra Cultura e Inconscio”. Infine, presentazione del libro “Racconti in cammino. Adolescenti e Migranti percorsi di narrazione e soggettività”, a cura di Cinzia Carnevali, Laura Ravaioli e Sonia Saponi.

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