IL TIRRENO – Martedì, 28 marzo 2017
Un fiume di aggressività selvaggia
Parla l’esperta: la follia del gruppo trascina il singolo oltre il limite della realtà
INTRODUZIONE: intervista a Adelia Lucattini, psicoanalista della Società psicoanalitica italiana, sull’uccisione, all’ uscita da un circolo ricreativo, del ventenne Emanuele Morganti. L’esperta spiega le dinamiche gruppali che trasformano dei “normali” ragazzi in “branco”. (Silvia Vessella)
IL TIRRENO – Martedì, 28 marzo 2017
Sara Ficocelli
Sono nove le persone indagate per la morte del ventenne Emanuele Morganti, studente di Alatri, Frosinone, massacrato di botte dopo un litigio per un apprezzamento sgradito alla fidanzata in un circolo Arci del posto.
“La violenza bruta, in questi casi – spiega Adelia Lucattini, psichiatra psicoterapeuta e psicoanalista – si manifesta come dentro un videogame o un film che trasuda aggressività anaffettiva e istinti selvaggi, non addomesticati. Il confine tra realtà e fantasia, o meglio tra realtà e irreali fantasticherie megalomaniache, scompare in tali situazioni a causa dello stordimento psichedelico prodotto dalla musica martellante, acuito non di rado anche da droghe e alcool. Il limite della normalità viene oltrepassato senza che il singolo soggetto se ne renda conto e annullato quando l’esaltazione contamina un gruppo, che si carica della rabbia e degli aspetti più primitivi della psiche dei singoli”.
Nella psicoanalisi gruppale, spiega ancora l’esperta, è noto che la follia del gruppo drena la follia dei singoli membri del gruppo stesso. “Un gruppo che funziona in assunti di base – continua – è violento, e l’attacco e la fuga sono i suoi meccanismi di funzionamento principali, accompagnati da una distruttività a cavallo tra il volontario e l’involontario”.
Ma quando è che si innescano queste dinamiche violente?
Generalmente in contesti molto particolari, quando un “branco” che spesso già esce cercando una vittima predestinata tiene accese tutte le antenne per individuare il prescelto, che poi diverrà oggetto della violenza verbale e anche fisica generale. “Il gruppo, nell’esercitare la propria violenza, si esalta e si compatta e nell’aggressività trova un aspetto identitario, un’appartenenza, e anche una gestione del potere o l’illusione di un controllo su altri individui, e quindi anche su di sé”, spiega Lucattini. “Per proteggersi la cosa migliore è non attaccare, non guardare, non rispondere, accettare una qualifica per quanto spregevole”.
“In questo tipo di situazioni – precisa l’esperta – il “codardo” è in realtà la persona saggia che sa misurare le proprie forze e fare delle scelte, riuscendo a rimanere o a andarsene al momento giusto, così da proteggere sé stesso o, eventualmente, anche altre persone coinvolte”.
Ma com’è possibile che ragazzi normalissimi cadano nella trappola di un gruppo patologico?
“Perché non lo conoscono – conclude Lucattini – non ne conoscono il funzionamento e non immaginano neppure quale possano essere le potenziali conseguenze. Quello che nella vita diurna, nell’orario di lavoro o di studio, all’università o a scuola, è assolutamente normale e accettato da tutti, come individui e come gruppi, nel mondo della notte si trasforma nel suo contrario”. Spesso, come in questo caso, con violenza inaudita.