Cultura e Società

Nei panni del replicante, SOLE 24 ORE, 29 giugno 2014

24/07/14

SOLE 24 ORE – 29 giugno 2014
Nei panni del replicante

INTRODUZIONE: prendendo le mosse dal libro di Philip Dick che ha ispirato il film “Blade Runner”, la collega Valeria Egidi Morpurgo (Società Psicoanalitica Italiana), riflette sul termine “empatia”, e attraverso di esso sulle vicende della relazione soggetto-oggetto. Partendo da Freud, prosegue con Kohut, giunge, attraverso Stefano Bolognini, all’oggi. (Silvia Vessella)

SOLE 24 ORE – 29 giugno 2014

Valeria Egidi Morpurgo

Rick Deckard, l’esaminatore, sottopone la diciannovenne Rachael ad un test concepito per provocare una reazione emotiva:
“La mia valigetta, disse Rick, Bella, no? …Pelle di bambino… Carezzò il rivestimento nero della valigetta… Cento per cento pura pelle umana…di bambino. Vide i due indicatori dei quadranti agitarsi freneticamente. Ma si erano mossi dopo una pausa” (Philip Dick Ma gli androidi sognano pecore elettriche? 1968)
Rick spiega l’esitazione della ragazza con l’assenza di quella “facoltà empatica”, che fa provare ad un soggetto gli stessi sentimenti dell’altro, sia che si tratti di gioia, sia di dolore. L’empatia richiede “un istinto di gruppo integro”, e perciò i predatori solitari ne sono privi. Se un predatore fosse in contatto con i sentimenti della sua preda, come potrebbe continuare la caccia? Questa definizione di empatia è quella del senso comune: indica la propensione a mettersi nei panni altrui e assume spesso una sfumatura di sentimentalismo. Più complesso è il significato che all’empatia viene dato dalla psicoanalisi di oggi, nel confronto con le scoperte dei mirror neurons e le nuove prospettive sulla nascita dell’intersoggettività, di cui ha dato conto Lingiardi ( Domenica del Sole 18 maggio 2014) a proposito del Congresso della Società psicoanalitica italiana: All’origine dell’esperienza psichica. Facciamo un passo indietro: l’idea di empatia è antichissima, significa sentire “con” e si è presentata sotto le vesti del sun-pathein (da cui simpatia) e cum patior (compassione), fin dall’antichità. Andrea Pinotti disegnando la mappa dei concetti collegati all’immedesimazione dal mondo antico ai giorni nostri, ci introduce ai pensatori coevi a Freud; e soprattutto agli studiosi di estetica che diedero vita all’”Estetica dell’empatia” (Einfühlungaestetik )da cui Freud trae il suo interesse per un concetto più enigmatico di quanto non appaia a prima vista. Pinotti indica la duplicità di significato, gravida di conseguenze, della parola Einfühlung: ricordando che significa in origine “empatizzare in” un oggetto; così la intendevano gli studiosi di estetica, riferendosi all’oggetto artistico o alla natura con cui possiamo sentirci intimamente uniti. Ma questo può significare sia “io proietto le mie qualità nell’oggetto” sia al contrario che ne colgo le caratteristiche. Insomma che ne è dell’oggetto? E se questo punto è cruciale in estetica, ancor di più lo è laddove soggetto e oggetto siano esseri umani.
Freud usa il termine di Einfühlung (empatia, tradotto immedesimazione nell’edizione Boringhieri delle Opere) in diversi luoghi. Ne parla come di quella comprensione che è necessaria nel lavoro terapeutico ma anche come base dei legami che vincolano i membri di un gruppo tra loro. In un passo cruciale di Psicologia delle masse (1921) il padre della psicoanalisi delinea la “comunanza affettiva” nel gruppo citando il “contagio psichico”, quel contatto empatico in cui un soggetto “imita” un’altra persona, o ne imita un aspetto. Successivamente accenna al fenomeno della “telepatia”, intendendolo come un “mezzo originario, arcaico, di comunicazione tra gli individui” che si può ritrovare in situazioni particolari, come in una folla “eccitata dalle passioni” (Sogno e occultismo 1932). In questi esempi Freud collega le situazioni di contagio emotivo alla struttura psicologica dei gruppi e a fenomeni che non sono governabili volontariamente. L’empatia sembra avere un carattere pervasivo: che oggi diremmo “virale”. L’idea della paura o della rabbia che dilagano in una folla impazzita getta una luce dubbia sul legame empatico; forse è questo che rende Freud guardingo sull’empatia, come sottolinea Stefano Bolognini, nella sua completa messa a punto del concetto di empatia in psicoanalisi.
Dopo Freud l’empatia è stata riportata in onore negli Stati Uniti negli anni ‘60 e ’70 da Heinz Kohut: l’idea con lui ha avuto molta fortuna, anche al di là della psicoanalisi. Attento a evitare una concezione “sentimentaleggiante”, dell’empatia Kohut la considera uno strumento conoscitivo, e una forma di disponibilità che consente all’analista di assumere un ruolo quasi genitoriale: cruciale per la coesione psicologica dell’analizzando. Diventa perciò doveroso per l’analista perseguire un atteggiamento empatico. Bolognini discute l’approccio di Kohut riprendendo un caposaldo del pensiero di Freud: l’io “centrale”, il nostro organo di autogoverno, è largamente inconscio. Perciò un soggetto si può identificare con un altro soggetto senza saperlo e a volte senza volerlo. E può empatizzare o simpatizzare, o anche provare distacco, ma non a comando. Su questo si può e si deve riflettere, evitando il “buonismo” analitico. Così l’empatia in psicoanalisi non può essere “prescritta” ma deve essere altamente apprezzata perché quando la si raggiunge consente una straordinaria apertura dell’interiorità.
Chissà cosa ne direbbe Rick Deckard, il protagonista del romanzo, citato in apertura, che ha ispirato Blade Runner di Ridley Scott. La reazione tardiva di Rachael, ricordiamo, fa capire a Rick che la ragazza finge empatia ma non la prova. Così lui intuisce che lei è una replicante: non prova sentimenti empatici perché è un androide: come quel gruppo di ribelli, diventati predatori, che lui, Rick, ha il compito di uccidere. Nella prima versione di Blade Runner (1982) la soluzione è ottimistica: Rick si innamora di Rachael, che, ricambiandolo, si avvicina all’empatia; ma nell’ultima edizione del film le cose non vanno così e si scopre che anche Rick è un replicante. E’ la rivincita dell’oggetto che può restare totalmente alieno per il soggetto. Chissà quale versione sarebbe piaciuta di più a Freud?

_________________________________________________________________________
Stefano Bolognini L’empatia psicoanalitica, Bollati Boringhieri, Torino.
Passaggi segreti.Teoria e tecnica della relazione interpsichica, Bollati Boringhieri, Torino.
Andrea Pinotti L’empatia. Storia di un’idea da Platone al postumano, Laterza, Roma.

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

Psicoanalisi e Letteratura, l’inestricabile intreccio di D. D’Alessandro Huffpost, 12/12/2024 

Leggi tutto

Psicoanalisi fuori dalla stanza. Intervista a C. Carnevali, Resto del Carlino 5/12/2024

Leggi tutto