Cultura e Società

Mind dicembre. 2018 Il corpo rifiutato di A. Nicoló e R. Mariani

28/01/19

Mind, mensile, dicembre 2018

Il corpo rifiutato

di Anna Maria Nicolò e Rachele Mariani 

Introduzione: L’adolescenza è un periodo nel quale avviene un importante  processo trasformativo che conduce verso l’età adulta.  I compiti evolutivi che l’adolescente deve affrontare, grazie all’emergere della pubertà, sono molteplici e complessi. Le trasformazioni fisiche, lo sviluppo sessuale e la riattivazione di trame pulsionali infantili (Freud) impongono all’adolescente la ricerca di una nuova identità. Il corpo diventa il protagonista di questo cambiamento  attraverso nuove esperienze e nuove sensazioni che necessitano di essere integrate. La dottoressa Anna Maria Nicolò e la dottoressa Rachele Mariani affrontano i temi relativi al fallimento temporaneo o definitivo di questo momento cruciale dello sviluppo che genera numerose patologie riguardanti  il corpo (Maria Antoncecchi).

Anna Maria Nicolò, neuropsichiatra infantile, psicoanalista didatta, presidente della Società Psicoanalitica Italiana

Rachele Mariani membro associato della Società psicoanalitica Italiana 

 

Mind, mensile, dicembre 2018 

Il corpo rifiutato 

di Anna Maria Nicolò e Rachele Mariani

 

Adolescenza

Il corpo rifiutato

Se l’assetto narcisistico di base non è solido, le trasformazioni dell’adolescenza possono fare paura, fino al ripudio del proprio corpo

di Anna Maria Nicolò e Rachele Mariani

Non esiste età della vita come l’adolescenza, in cui il corpo e le sue vicissitudini assumano una importanza così cruciale. Il corpo è il protagonista del processo di cambiamento; lo sviluppo puberale introduce nuove sensazioni, si trasformano le esperienze percettive legate alla distanza con le persone, si modificano le rappresentazioni di sé in relazione alle nuove esperienze che piegano l’identità costruita durante l’infanzia. Ristrutturare la propria identità diventa uno dei compiti principali di questo delicato momento della vita.

Questo passaggio pone il giovane di fronte alla necessità di operare un duplice movimento: da una parte prendere le distanze dalla propria infanzia rinnegandola, dall’altra inseguire la stabilità adulta. Tuttavia, l’adolescenza non è solo una fase della vita ma è anche una sorta di enzima, che stimola verso specifici compiti e nuovi funzionamenti. Permettere all’adolescenza di funzionare nella mente è un processo complesso che suscita inevitabilmente conflitti e paure. Va quindi intesa nella sua doppia natura, sia come un processo trasformativo che traghetta verso l’età adulta , sia come un periodo durante il quale il soggetto vive una «crisi di identità», con andamenti nuovi che irrompono nella mente.

Una delle evidenze di questi due aspetti è determinata dalla relazione con il corpo. Lo sviluppo sessuale impone una trasformazione evolutiva, che è accompagnata dall’ambiguità e dal conflitto, come mostrano gli attacchi al corpo evidenti nella dimensione patologica: self cutting, anoressia e così via. Così se alla nascita possiamo parlare dell’insediamento della psiche nel corpo, nell’adolescenza è il corpo che si impone all’attenzione della mente, costringendo l’adolescente a nuovi compiti di integrazione e di elaborazione di vissuti sensoriali e sensuali, in parte mai sperimentati prima.

 

Fantasie specifiche

Fin dall’origine le esperienze sensoriali legate all’udito, alla vista, all’odorato, al tatto, all’essere toccati, alla temperatura corporea necessitano delle cure materne per essere integrate. Inizia così un complesso processo che porterà alla personalizzazione e alla distinzione dell’Io dal non–Io e alla delimitazione del confine di sé. Le esperienze sensoriali, grazie alla cura materna e all’investimento autoerotico, consentono l’investimento libidico del bambino sul suo corpo e permettono l’emergere di una sana sensualità. Ma con l’arrivo della pubertà avviene un vero big bang.

Nuove sensazioni emergono grazie alle trasformazioni puberali intrise di ormoni, alle nuove tensioni muscolari che impongono forza e potenza fisica, alla differente statura, nonché alla modificazione sonora della propria voce. La maturazione sessuale con tutte le componenti esplorative – legate al menarca, al pubarca, all’iniziazione sessuale – convoglia nuove esperienze corporee, si prende contatto con un corpo che può sembrare inaccettabile, incontrollabile, perfino mostruoso.

Oggi sappiamo che esistono sia una sensorialità che una sensualità che emergono in questa età, ma che si innestano sulle antiche esperienze. Basti pensare all’iniziazione sessuale che permette di sentire nuovi vissuti e sensazioni. La ragazza vive sensazioni connesse a un corpo dotato di una cavità interna e il ragazzo si confronta con la muscolarità o con le esperienze di penetrazione che prima non conosceva.

Da Freud in poi, gli psicoanalisti hanno individuato in questo periodo una fantasticheria specifica della fase adolescenziale che è denominata « fantasia masturbatoria» che l’adolescente fisiologicamente sperimenta e che accompagna l’atto della masturbazione (si veda il box a p. 97).

Le sfide in gioco sono di particolare intensità, i compiti evolutivi che i ragazzi devono provare a portare avanti riguardano aspetti complessi nella formazione della propria soggettività: la separazione dal proprio corpo infantile, il distacco dai genitori della loro infanzia e la conseguente necessità di fronteggiare il lutto evolutivo, non ultima l’integrazione della propria sessualità e dell’aggressività. Questi elementi pongono il giovane di fronte a sensazioni inesplorate che rimettono in gioco antichissime sensazioni infantili, lasciate in sospeso, e a conflitti per la scoperta del proprio posto nel mondo.

Si sviluppano fenomeni normali, come il riattivarsi di disposizioni polimorfe perverse anche in relazione al riproporsi di conflittualità edipiche delle prime relazioni genitoriali, e questo comporta una temporanea confusione sessuale e un atteggiamento bisessuale. Compare dunque una certa ansia intorno alla definizione dell’identità di genere che pertanto è considerata fisiologica e non sarà particolarmente rilevante.

Alla base degli agiti polimorfo-perversi di questo periodo della vita possiamo ritrovare proprio i dubbi su chi si è e si sta diventando. Spesso alcuni di questi agiti sono un modo per sperimentarsi e sperimentare la realtà, ma a volte mostrano un fallimento temporaneo o definitivo della lotta nella fantasia e costituiscono un passo in più verso l’immobilizzazione perversa o la problematica psicotica. Il percorso di accettazione e di reinvestimento affettivo del proprio corpo, e di diventare il corpo che si possiede, non è un processo che possiamo dare per scontato. L’integrazione psiche-soma e il nuovo statuto di corpo trasformato – sessuale, forte, poco controllabile nel suo sviluppo – impone un lavoro faticoso fatto di movimenti difensivi che si attivano, arrivando a negare o rimuovere aspetti fisici nuovi.

 

Il corpo perduto

Il problema di che cosa sia normale o patologico a questa età diventa un tema delicato. Gli aspetti devianti che spesso emergono in questo periodo, la loro labilità, nonché l’incidenza del contesto familiare e sociale, sono tutti elementi che contribuiscono a rendere complessa la comprensione. Se l’assetto narcisistico di base non è solido, la nuova sensorialità travolge l’adolescente e lo terrorizza, compromettendo la possibilità di pensare sino al ripudio del proprio corpo, della propria esistenza.

L’emergere della pubertà imporrà la perdita del corpo infantile e il bambino che ha avuto difficoltà nella relazione con la madre reagirà tentando di mantenere, il fantasma di unione o fusione con il corpo idealizzato pre-edipico della madre. Questo è uno dei motivi della maggiore frequenza di esordi psicotici nella tarda adolescenza, ma al contempo questo processo può riprendere un suo percorso se il contenimento delle angosce e la capacità di elaborare le tensioni risultano efficaci, grazie anche alla possibilità di sperimentare nuove relazioni.

La fatica di definire l’identità, come accade nella nostra attuale società, fa crescere il bisogno di aggrapparsi al corpo per ancorarsi alla realtà e dà importanza all’agire; questi aspetti possono sostituire il processo di simbolizzazione, tanto da rimpiazzare il pensare, il riflettere e il verbalizzare. D’altronde anche sul piano neurofisiologico il cervello adolescente non ha ancora completato la sua maturazione, ed esiste inoltre una limitazione nel controllo inibitorio.

Un esempio di questi funzionamenti si vede nelle esperienze sessuali fugaci; spesso si consumano in una serata e hanno una connessione con il gruppo cui l’adolescente appartiene, permettono di sperimentare sensazioni e sono un prologo al parlare con gli altri. Ma l’adolescente privilegia le sensazioni rispetto alle relazioni, e questo implica una separazione tra sessualità e pensabilità che ha un notevole impatto sull’organizzazione degli affetti.

Nella maggior parte dei casi a evoluzione benigna, queste sperimentazioni possono consentire all’adolescente di fronteggiare l’ansia e la perdita del corpo infantile, soprattutto la perdita della relazione primitiva con la madre.

 

La ricerca dell’involucro

Un ulteriore esempio del difficile percorso di integrazione con il proprio corpo che l’adolescente compie, per poterlo finalmente abitare, è evidente nei continui cambiamenti di look, sino a operazioni più particolari come tatuaggi, piercing, scarificazioni, bruciature e sempre più frequenti self cutting. Questi fenomeni richiamano lo sguardo, il vedersi negli occhi dell’altro per affermare la propria esistenza, per conoscersi. La pelle come organo percettivo e sensoriale, in questo processo trasformativo, assolve un ruolo eccitatorio, e rappresenta una superficie di iscrizione di tutte quelle fantasie, conflitti e angosce che non riuscendo a trovare la strada della «parola», si dispiegano sulla pelle, alla ricerca di un involucro che in qualche modo dia loro significato.

Al di sotto di questi fenomeni si possono celare dinamiche differenti. Noi distinguiamo due categorie di segni sulla pelle: il primo più comune, dove la pelle funziona come uno schermo per le proiezioni di quella persona verso la simbolizzazione. In questo caso i tatuaggi e i piercing sono tentativi di raffigurare qualcosa: un evento, un trauma, un ricordo, un’esperienza, la propria identità o un ideale. In altri casi, invece, siamo di fronte a situazioni più complesse, come per esempio i tagli che portano a rischio di vita e sono un modo nascosto di avvicinarsi e sfidare la morte. Il fatto è che oggi il self cutting è diffuso in una certa fascia di giovani, molto più di quanto si creda. Il tentativo è quello di autocrearsi un contenitore primitivo in origine gravemente danneggiato.

 

Punto di rottura

Nelle situazioni più estreme il corpo è scisso e trattato come un oggetto estraneo; in altre ancora ferirsi conferisce un senso di esistenza e di realtà. Queste espressioni sono dense di significato e racchiudono l’odio per il corpo vissuto come staccato da sé, e talora sono prodromi di attacchi ben più gravi, come i tentativi di suicidio.

Secondo Eglé e Moses Laufer, psicoanalisti della British Psycho-Analytical Society, considerati pionieri dell’intervento psicoanalitico con gli adolescenti, quando l’adolescente non è in grado di integrare questa tempesta di nuove sensazioni generate dal corpo, soggetto e oggetto di nuove spinte sessuali e sensuali, esplode il breakdown, e cioè una situazione di stallo per cui il giovane non si sente in grado di crescere, ma non può neppure regredire e tornare bambino.

In realtà lo scatenarsi del breakdown trova nel corpo uno dei suoi principali punti di fallimento, anche se è il punto di coagulo di numerosi altri aspetti, come lo stabilire flessibili frontiere del Sé e costruire la propria individuazione, l’impossibilità a effettuare il lutto della perdita dell’essere stati bambini o della necessità di separarsi dai genitori, ossia tutti quei processi che hanno a che fare con il diventare una persona autonoma.

Gran parte della patologia dell’adolescente si esprime attraverso il corpo: anoressie, obesità, automutilazioni, tentativi di suicidio e così via. Nelle anoressie, per esempio, vera piaga della nostra epoca e della società occidentale, assistiamo a una vera dissociazione del corpo dalla mente. L’anoressica continua a vedersi grassa anche se sta rischiando la vita a causa del suo autoaffamarsi che ha fatto diventare il suo corpo scheletrico e filiforme. La sensazione del presunto gonfiore nel suo stomaco diventa intollerabile per i suoi possibili molteplici significati, uno dei quali potrebbe essere il contenere un cibo che lei vive come intrusivo o penetrante.

 

Distinzione artificiosa

Il mito di Eco e Narciso sembra essere la rappresentazione di questo processo dove prevale il ritiro dalla relazione con l’altro e una disorganizzazione sensoriale che porta alla trasformazione del corpo. Narciso, innamorato della sua immagine e impossibilitato ad amare altri che non se stesso, cade in acqua e muore, trasformandosi in un fiore. Allo stesso modo Eco, innamorata ma non ricambiata da lui, si trasforma in roccia, mentre in un’altra versione del mito diventa suono, l’eco appunto. Il fiore, la durezza della roccia, la persistenza del suono sono tutti aspetti che riguardano le sensazioni disorganizzate e scisse dal pensiero che le unificherebbe. Colpisce anche, nel mito, l’assenza dell’altro e del suo sguardo, come se l’esperienza di essere visti non si sia strutturata per riconoscersi in una propria identità.

Il corpo perciò è la roccia basilare della nostra esistenza, noi siamo il nostro corpo e la distinzione tra corpo e psiche è artificiosa e falsa.

 

Box 1

Isole di angoscia

Giovanni ha 17 anni e pensa di avere le orecchie cadenti. Viene operato alle orecchie. Subisce poi un intervento al setto nasale, ma la sua angoscia continua, e adesso si concentra sugli occhi. Giovanni crede che i compagni e le ragazze non abbiano un buon rapporto con lui a causa di questi presunti difetti fisici. Pensa di avere gli occhi fissi, il suo sguardo è limitato, ma guai a dirgli che forse sta parlando di un altro tipo di sguardo. Alla fine trova un oculista di una città molto lontana dalla sua che lo riceve una volta al mese e gli fa degli esercizi di «rieducazione del movimento degli occhi». Questo sembra contenere le sue angosce. Nel frattempo fa viaggi che lo allontanano dai genitori, i quali, angosciati, capiscono che devono tollerare questa bizzarria.

Giovanni soffre di un problema che gli psicoanalisti chiamano «dismorfofobia». Di che cosa si tratta? Sono angosce che si concentrano solo su una parte del corpo e che sembrano coagulare in sé un disagio molto più generalizzato, che riguarda l’intera persona. A volte sono momentanee ed evolutive. Spariranno a mano a mano che la persona si renderà conto che un corpo perfetto è irraggiungibile. In altri casi invece sono paradossalmente protettive perché proteggono dall’invasione nel resto della personalità di un panico grave, un panico psicotico. In questo caso quegli organi, oggetto di dismorfobia , sono «isole psicotiche».

Nel caso di Giovanni colpisce questa sorta di percorso a ritroso con il quale il ragazzo esplora i suoi organi di senso, separandoli di volta in volta nella cura, come l’anticipazione di una disintegrazione più vasta che cerca di evitare e da cui cerca di proteggersi, concentrandosi su un solo organo per volta e concretamente.

 

Box 2

La sperimentazione del corpo

Come si è detto nel testo, fin da Freud gli psicoanalisti hanno individuato una fantasticheria, la «fantasia masturbatoria», che può accompagnare l’atto della masturbazione oppure restare confinata nella fantasia. È un atto di prova che permette di sperimentare «pensieri, sensazioni o soddisfacimenti» indagando quali «sono accettati dal Super-io o quali non possono far parte dell’immagine che l’individuo ha di sé come sessualmente maturo», come ha sintetizzato lo psicoanalista Moses Laufer. Infinite sono le scene fantastiche che l’adolescente può creare, dalle scene di corteggiamento fino all’atto sessuale con particolari caratteristiche, dal rapporto omosessuale o eterosessuale, dalla scena ripetuta con un partner di età più grande come un genitore o raffigurandosi come un’impiegata sedotta o nelle situazioni più disfunzionali, umiliata o sottomessa. La sua evoluzione è importante per lo sviluppo normale dato che in alcuni casi può assumere un carattere coatto.

Più tardi, nella vita adulta, si può osservare in quale modo questa fantasia, presente in adolescenza, si sia integrata nella nuova realtà della maturità fisica dei genitali o abbia interferito nello sviluppo.

Durante l’adolescenza, il suo contenuto di solito rimane invariato rispetto all’infanzia e alla latenza, anche se è sperimentato nel nuovo corpo sessuato, per cui sottopone l’organizzazione difensiva del giovane a un’importante tensione. In adolescenza il giovane può viverla all’esterno, nelle relazioni in generale, e nelle esperienze sessuali in particolare, in modo che il nucleo del vero soddisfacimento corrisponda alla realizzazione inconscia di essa.

Questo carattere coatto spaventa l’adolescente, che ne teme la potenzialità distruttiva e la facilità con la quale, mentre la sta sperimentando all’esterno, può negare la realtà.

Se i desideri pregenitali contenuti nella fantasia centrale hanno il sopravvento sulla genitalità, come spesso avviene in uno sviluppo patologico, si osservano gravi ostacoli alla capacità dell’adolescente di ricorrere alla masturbazione. Questo si verifica in genere dai 16 anni in poi.

Il corpo, allora, sebbene sessualmente maturo, viene vissuto come fonte di desideri regressivi, cosa che si può tradurre nel bisogno di ripudiarlo come strumento attraverso il quale raggiungere il soddisfacimento libidico. A causa di questi desideri, l’adolescente si sente costantemente in pericolo di cedere a qualcosa che desidera fortemente, ma al tempo stesso non si può permettere. Si instaura allora una lotta tra essere attivo e potente o per contro il subire passivamente le modificazioni ormonali che trasformano il corpo e le sensazioni e i desideri sessuali che egli non riesce a controllare.

In altri termini questi giovani, non disponendo di un’organizzazione difensiva sufficiente ad arginare le spinte regressive dei desideri pregenitali, sperimentano come una continua sconfitta vivere all’esterno la fantasia masturbatoria centrale. Il loro corpo diventa allora l’immagine concreta della loro anormalità, di quanto odiano in sé perché sembra sfuggire al controllo. In certi casi l’organizzazione sessuale definitiva può instaurarsi prematuramente. È come se si rassegnassero a non potere o non dovere raggiungere la genitalità. Accettano come un dato di fatto che per loro non c’è più possibilità di scelta.

Al contrario, nello sviluppo normale, anche se l’adolescente si sente in pericolo di cedere ai desideri regressivi, è inconsciamente consapevole che esistono altre possibilità e che occorre attendere per comprendere qual è la scelta sessuale definitiva e la propria identità.

 

Le autrici

Anna Maria Nicolò

Neuropsichiatra infantile, psicoanalista didatta, presidente della Società psicoanalitica italiana e chair del Forum dell’adolescenza della Federazione europea di psicoanalisi.

Rachele Mariani

 

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