Cultura e Società

il Manifesto, 8 dicembre 2018. “La genitorialità di madri e padri” di Sarantis Thanopulus e Annarosa Buttarelli

18/12/18

il Manifesto, 8 dicembre 2018

La genitorialità di madri e padri

di Sarantis Thanopulus e Annarosa Buttarelli

Le verità nascoste. Thanopulus e Buttarelli discutono sulla complementarità delle differenze

Introduzione: I cambiamenti culturali e sociali, lo sviluppo della tecnologia hanno permesso la nascita di nuove forme di genitorialità ( per esempio le coppie omossessuali e i figli nati con la fecondazione artificiale) che, oltrepassando il dato biologico, pongono la questione di cosa significhi diventare padri e madri.  Sarantis Thanapolus e Annarosa Buttarelli discutono sul tema della genitorialità intesa come  un lungo processo di trasformazione identitaria che si costruisce a partire dal desiderio  e dalla accettazione delle differenze. Dal punto di vista giuridico il ddl Pillon rende il figlio un bene da dividere esattamente a metà in nome dell’uguaglianza delle figure genitoriali eliminando la complementarietà delle differenze. (Maria Antoncecchi)

Sarantis Thanapulos, psichiatra, psicoanalista, membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana con funzioni di training.

Annarosa Buttarelli, filosofa, saggista, docente e ricercatrice italiana nell’ambito del Pensiero della differenza sessuale e della Filosofia di trasformazione.

 

Il Manifesto, 8 dicembre 2018

La genitorialità di madri e padri

di Sarantis Thanopulus e Annarosa Buttarelli

T.«La metafora usata contro la proposta di legge Pillon, di intendere le funzioni genitoriali come metà di una mela perfettamente divisa in due, rievoca curiosamente un mito greco. Zeus ha diviso in due gli esseri umani, in origine sferici e androgini, creando l’esistenza di due sessi diversi.

Resosi conto che la semplice divisione non funzionava e le due metà cercavano invano di ritornare allo stato precedente di perfezione fusionale, ha sistemato i loro genitali in modo da renderli opposti e complementari. Alla fusionalità ha sostituito in questo modo la congiunzione delle differenze.

La questione posta dal mito – la complementarità delle differenze – fa sorgere due domande. Quando si rompe la complementarità, che sta alla base della procreazione e della genitorialità, perché nella cura dei figli dovrebbe essere accordato alla madre uno statuto speciale? Dovrebbero essere esclusi dalla genitorialità, omosessuali, trans- e non-gender»?

B.«Concepire, ospitare nel proprio corpo, mettere al mondo una vita differente dalla propria è un lungo processo che rende le donne letteralmente genitrici. Contribuire a generare con il proprio seme non rende un maschio, meccanicamente, genitore a tutti gli effetti (il “donatore” di seme non è genitore dei figli che ha contribuito a concepire). Per diventare padre, seme a parte, un uomo entra in una relazione, mette a disposizione il saper amare una creatura altra da sé e non cancella la realtà che essa è generata da una donna durante un lungo processo in cui si è stabilita la relazione generatrice.

Si può diventare “padri” se ci si mette a disposizione, di una relazione generatrice di una vita-altra. Ma questa relazione generatrice ha sempre una donna all’origine, mai due maschi, nemmeno due femmine, sebbene, per il continuum materno di cui si è parlato nella conversazione precedente, due donne omosessuali possono entrambe essere considerate come madri. Due uomini omosessuali possono mettere in forma una relazione materna, ma nell’ambito di una generazione dello sviluppo dell’anima, come può avvenire nel caso dell’adozione».

T.«La continuità tra il corpo gravido e quello delle cure materne e anche la maggior intensità, profondità e immediatezza dell’investimento erotico del corpo della madre da parte dei figli, assegna a lei, nell’infanzia, una centralità rispetto al padre. A causa dell’iniziale centralità della madre, la sua assenza nel caso di due padri omosessuali, solo in parte compensabile con le loro qualità materne – essendo il corpo della donna più complesso della componente femminile del corpo dell’uomo -, pesa di più dell’analoga parziale “orfanilità” paterna nel caso di due madri omosessuali. Nel caso dei trans – e dei non-gender, si potrebbe parlare, invece, di genitorialità in senso più neutrale perché sarebbero prevalentemente figure accudenti e la differenza erotica i figli la dovrebbero cercare nella vita».

B.«I non-gender rifiutano un’identificazione sessuale, anche se la biologia gliela suggerisce. Due genitori non-gender possono provocare confusione nella mente e nella psiche di chi è spinto dal proprio corpo a cercare un’identificazione sessuale che sostenga il desiderio di altro da sé. Molto diverso è il caso di due madri. Quanti bambini e quante bambine sono stati cresciuti bene da due donne, madre più nonna, madre più zia, madre più la figlia più grande in assenza di padri, quando i maschi si sono impegnati in ben altro, guerre, lavoro, vita esclusivamente pubblica?

In ogni caso, sarebbe importante sottoporre a riflessione come avviene la costruzione simbolica e sociale della paternità e il complicato rapporto uomini-procreazione».

 

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