M.SPARTALI TILLMANN, 1870 ANTIGONE
Huffpost, 7 novembre 2021
Introduzione: L’appassionata recensione di Davide D’Alessandro al libro di Eugenio Borgna ”Sofocle, Antigone e a sua follia” ci consente di rivisitare il testo greco e ci invita a dialogare con le nostre origini e a riflettere sul nostro presente.(Maria Antoncecchi)
Davide D’Alessandro, saggista
Huffpost, 7 novembre 2021
Lo Scavo di Borgna su Antigone e la sua follia Di Davide D’Alessandro
Il cuore. Quando vuoi coglierne le vibrazioni e distinguerne le ragioni da quelle, non sempre inconfutabili, della ragione, devi rivolgerti a Eugenio Borgna. L’ha fatto l’editore il Mulino, affidandogli il commento e, di più, lo scavo profondo della tragedia per eccellenza di Sofocle. Così, ecco in libreria, “Sofocle, Antigone e la sua follia”, dove il noto psichiatra dà il meglio di sé, scomponendo il capolavoro e ricavandone segmenti e percorsi di straordinaria lucidità, perdendosi tra le ombre di una storia antica e nuova, del passato e del presente, una storia che tocca ognuno di noi, che lascia tristezza o serenità, dipende, angoscia o accettazione, dipende, il senso del vivere e del morire inestricabilmente e ineluttabilmente legati.
Che cosa resta nella nostra anima, se resta, della “saggia” follia di Antigone, dei suicidi che si susseguono, delle leggi dello stato e delle leggi del cuore, di Tebe, dei due fratelli, Eteocle e Polinice, che si contendono il governo della città, di Creonte, il re mostruoso, di Emone, che sa cos’è l’amore e di Ismene, la sorella di Antigone che vacilla, che dice parole umane, non strane, ma ugualmente potenti?
Borgna si appoggia a Simone Weil, a Maria Zambrano, a Leopardi e a Nietzsche, e scrive: “Ci sono temi, Leitmotiv, che si intrecciano nel corso della tragedia, e uno di questi è quello della morte. La morte di Eteocle e di Polinice, la morte di Antigone e di Emone, la morte di Euridice, ciascuna con una sua scansione tematica e una sua dolorosa climax emozionale. Non si può leggere la tragedia di Sofocle senza pensare alla morte, che ne è uno dei temi dominanti, e che si esprime in diapason emozionali diversi, che risuonano ora di angoscia ora di tristezza, ora di nostalgia e di stupore, ora di inquietudine e di rassegnazione, ora di speranza ferita. Sono emozioni che fanno parte della vita”.
Della vita di chi vuole onorarla, pur sapendo di poterla perdere, della vita di chi vuole condurla fino in fondo mostrando il pugno di ferro di un potere che non frena, della vita di chi riesce a perderla, a lasciarla andare perché sullo sfondo c’è qualcosa che la sovrasta, qualcosa per la quale è anche possibile metterla a disposizione, donarla. Certo con la paura, con il terrore negli occhi, ma con un cuore che ti suggerisce una direzione ostinata e contraria a quella del cedimento, del piegare le ginocchia di fronte a ciò che reputi tremendamente ingiusto.
Si può contravvenire alla legge se la legge si fa violenza, ma occorre il coraggio. E il cuore. Borgna ricorda le domande di Nietzsche: “Avete coraggio, fratelli? Avete cuore? Non coraggio davanti a testimoni, bensì il coraggio dei solitari e delle aquile, cui non fa da spettatore nemmeno più un dio. Ha cuore chi conosce la paura, chi guarda nel baratro, ma con orgoglio. Chi guarda nel baratro, ma con occhi d’aquila, chi con artigli d’aquila aggranfia il baratro: questi ha coraggio”, e spiega: “Antigone ha avuto questo coraggio, che è nello sfondo tematico di ogni scelta alla quale è andata incontro nella sua vita: breve come un sospiro”.
Dopo aver letto Borgna, è necessario ritornare a Sofocle e alla sua “Antigone”, nella ineguagliata traduzione di Raffaele Cantarella. È necessario per ritrovare le parole che, da creature viventi, continuano a illuminare le ombre che ci accompagnano, che a volte vogliamo guardare, a volte evitare di guardare. Ma dalle ombre, come da Sofocle, non è possibile scappare.
Chiude Borgna: “Leggere e rileggere questa tragedia non è solo una straordinaria esperienza umana, ma è anche un dialogo senza fine con il nostro passato, e con il nostro futuro. La gentilezza e l’amore di Emone, la tenerezza di Euridice e di Ismene, l’indicibile dolcezza e l’amore di Antigone sono modi di vivere ai quali dovremmo guardare con timore e tremore, tenendoli brucianti nella nostra memoria vissuta, e allontanandoci radicalmente da quelli così crudeli e inumani di Creonte”.
Anche perché sappiamo che di Antigone e Creonte siamo impastati. Tocca a noi scegliere, in ogni singolo battito del cuore, a quale figura aderire, a quale figura destinare la sostanza della nostra vita.