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6/02/25
L’algoritmo al posto dello psicologo? No, grazie di D. D’Alessandro HuffPost, 20/01/2024

Lee Hyung-koo

Parole Chiave: Artificial Intelligence, Psicoanalisi, Gen Z

L’algoritmo al posto dello psicologo? No, grazie

di Davide D’Alessandro

Secondo una recente stima, il 20% della Gen Z potrebbe aver usato almeno una volta l’intelligenza artificiale come sostituto della terapia, ma il dolore dell’essere umano non è quantificabile e le emozioni non sono sommabili

I.A.I.A.I.A cercasi. Cercasi intelligenza artificiale per avere consulenze mediche, psicologiche, psicoterapeutiche, psicoanalitiche e chi più ne ha più ne metta. I nostri giovani non sembrano accontentarsi di rivolgersi all’algoritmo per svolgere i compiti, in classe e fuori; adesso sembrano orientati verso la macchina anche per l’assistenza psicologica, tanto che secondo una stima di Mattia Della Rocca, docente di Psicologia degli Ambienti Digitali all’Università di Tor Vergata, almeno il 20% della Gen Z potrebbe aver usato almeno una volta l’IA come sostituto della terapia. Avete capito bene: 1 su 5.

Come dire: basta con l’andare dall’operatore della psiche, muovermi da casa o trovarlo online seduto nella sua poltrona a distanza e pagare una tariffa comunque scomoda per le tasche proprie e dei genitori che, spesso, sono chiamati al sostegno, almeno di natura economica. Mi rivolgo al CHATGPT e chiedo di aiutarmi, di risolvere tutti i miei problemi. Pago molto meno e ne ricavo l’efficacia che desidero.

Ma è davvero così? Ha fatto scalpore il caso di uno studente americano che aveva confidato i propri problemi al bot per sentirsi rispondere: “Sei un peso, muori”. Già, perché la macchina, la parola della macchina, più di quella umana, si presta a fraintendimenti, a cattive interpretazioni. Spesso, quando fioccano denunce, c’è già scappato il morto.

Dice bene David Lazzari, presidente nazionale dell’Ordine degli Psicologi: “L’intelligenza umana è profondamente diversa da quella artificiale, perché è incarnata e si sviluppa attraverso il vissuto corporeo e le emozioni. Riesce a integrare cognizione – quindi pensiero logico- ed emozioni in un equilibrio che l’intelligenza artificiale, essendo un puro algoritmo, non potrà mai raggiungere”.

L’essere umano, va ricordato ai più giovani e ai più anziani, cioè a tutti, non è quantificabile un tanto al chilo, le sue emozioni non sono né paragonabili né tanto meno sommabili a quelle di altri. L’essere umano è unico e irripetibile. Il trattamento è uno per uno. Le risposte standardizzate possono soddisfare la compilazione di un modulo per iscriversi al torneo di bocce, non per indagare il disagio, il disturbo, un sentimento malato o represso.

I giovani, purtroppo, sono esposti a un mercato ancora privo di regole. Leggono, quando leggono, alcune frasi di Freud, ricamano e sorridono su alcuni calembour lacaniani, ma hanno fretta, sono dominati e angosciati dalla fretta. Bisogna sbrigarsi, non c’è tempo, non c’è mai tempo. Allora, basta con percorsi lunghi e articolati, basta con l’inevitabile discesa negli abissi, che porta via tanto tempo e tanto denaro. Chi prima risponde, e con maggior velocità, prima avrà il mio poco tempo a disposizione e i pochi euro che sono disposto a tirar fuori.

Ma la conoscenza di sé, l’esplorazione di sé per l’edificazione di sé non avviene schioccando le dita. Chi vende soluzioni in breve tempo, vende la morte dell’anima, che ha bisogno di tempo per aprirsi, per rivelarsi, per offrire sé stessa.

Darsi tempo è la regola fondamentale di chi vuole affrontare seriamente ciò che non va. Darsi regole ferree, in materia di salute, è l’obbligo fondamentale di ogni Stato che non vuole abbandonare i propri cittadini a un mercato selvaggio e privo di scrupoli. Ma esistono ancora gli Stati?

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