F. KNOETZE,2021
Parole chiave : meccanismi di difesa, negazione, ambiente,
Introduzione: La recensione di Josep Oriol Esteve del libro “L’inconscio e l’ambiente” di Cosimo Schinaia sulla Revista Catalana de Psicoanalisi mette l’accento sull’importanza del ruolo della psicoanalisi nel mettere in evidenza il rapporto osmotico tra interno–esterno e tra intrapsichico-interpersonale evidenziando come la questione dell’ambiente sia indispensabile per il futuro dell’umanità.(Maria Antoncecchi)
L’INCONSCIO E L’AMBIENTE
Psicoanalisi ed Ecologia (I territori della psiche)[1]
CÓSIMO SCHINAIA
Roma, Ed. Alpes Italia, 2020, 176 p.
Revista Catalana de Psicoanàlisi, vol. XXXVIII, 1, pp. 187-189, 2021.
Mi è stato chiesto se desiderassi recensire il libro di Schinaia. E devo dire di si, che volevo farlo. Come? Cercherò di raccontare brevemente la mia esperienza di lettura. Ha immediatamente attirato la mia attenzione il titolo di un paragrafo del capitolo 8 “Come la psicoanalisi può essere d’aiuto “, e sono andato a leggerlo. Mi ha sorpreso non trovare a chi si rivolgesse: Freud diceva che la psicoanalisi non si può fare senza un paziente, e penso anche io che senza un interlocutore sia difficile fare un discorso che permetta di modificare i comportamenti. Ma non mi sono perso d’animo e ho continuato la mia esperienza di lettura. Il libro inizia molto bene. La prefazione, però, l’ho saltata per leggerla alla fine (devo aggiungere che l’ho trovata davvero interessante). L’introduzione spiega come l’autore intende il ruolo della psicoanalisi: “… lo scambio osmotico tra l’esterno e l’interno … (tra il conscio e l’inconscio) è una questione piuttosto delicata nel doppio registro, intrapsichico e interpersonale. Siamo circondati dall’ambiente, respiriamo l’ambiente, dipendiamo dall’ambiente, ma allo stesso tempo lo abbiamo dentro di noi, nelle nostre menti, nei nostri sogni, nei nostri conflitti, nelle nostre ansie, nelle le nostre paure”. Il libro ha una conclusione positiva, riconoscendo che, in ogni caso, possiamo essere servitori del futuro. Quando si finisce di leggere il libro di Schinaia si ha l’impressione di aver accompagnato un atleta della grandezza di Filippide (l’atleta che ha corso la maratona ed è morto stremato al termine della gara), non per la tragica fine, ma anzi al contrario, per la determinazione nel raggiungimento dell’obiettivo. Non per il messaggio, che pur non liberandoci dalla paura dello sterminio o della sottomissione a processi produttivi inumani, ci avverte che siamo parte di una comunità e che è meglio per noi saperlo; che ci mette di fronte all’ “Homo sapiens demens”, che distruggerà (demens), con i dinieghi ma anche con le azioni fisiche, la vita umana sul pianeta Terra; messaggio che ci dice che la dea Gaia è giustamente arrabbiata e che nei suoi riguardi abbiamo un debito di riconoscenza.
Lo sforzo di Schinaia non lascia esausti, né ha lasciato esausto me come lettore. Anzi, ci rafforza, poiché la conoscenza rafforza sempre, rendendoci più “sapiens” e meno “demens” grazie al suo stile, che varia a seconda di ciò che vede nel paesaggio che incontra, a volte passeggiando, altre andando con un buon passo. Il suo percorso spazia dalle origini della psicoanalisi (Freud, fine XIX – inizio XX secolo) e dalla coniazione del termine ecologia (Ernst Haeckel, 1886) fino all’emergere della pandemia di Covid19. Più attuale di così è impossibile. La parola ecologia deriva dal greco oikos (casa, rifugio, ambiente). Noi diciamo (con un certo orgoglio) che la nostra casa è la vostra casa, ma dobbiamo anche dire (umilmente) che la vostra casa è la nostra casa, nel senso che la abitiamo senza saperlo, inconsciamente; che è dentro di noi, e che non basta fare del volontariato nel terzo settore per ripulire la nostra coscienza.
In questa corsa l’autore ci porta attraverso luoghi piacevoli e situazioni di pericoli stratosferici, e li si supera grazie alla sua capacità di utilizzare la visione binoculare che Bion ci ha mostrato: con un occhio guardi l’ambiente e con l’altro, il tumulto interiore. Perseguendo sempre il suo compito primario, Schinaia ci fa sapere della falsità immaginata come verità, della sconnessione tra il vissuto interiore e la concretezza distruttiva delle azioni nel mondo. Queste azioni possono indurci a credere che siano creatrici di progresso, di ricchezza, di benessere, quando, invece, sono determinate dalla rabbia o dall’avidità invidiose. Quando prendiamo coscienza di far parte della comunità vediamo, come psicoanalisti, che il mito di Edipo non è ancora qui e che viviamo minacciati da catastrofi bibliche o da dilemmi minacciosi, come la Sfinge o l’Apocalisse. Ciò significa che dobbiamo essere in grado di creare uno spazio protetto e allo stesso tempo protettivo, di coltivare l’amore per la Natura riconoscendo come e in che misura essa ci gratifica in risposta alla nostra attenzione e considerazione. In questo modo faremmo un “Servizio al futuro” per i nostri discendenti, titolo dell’ultimo capitolo.
Dopo molti riferimenti e riflessioni di Schinaia sui motivi della scarsa dedizione degli psicoanalisti alla questione dell’ambiente, sono giunto alla conclusione che la psicoanalisi può aiutare noi stessi psicoanalisti, che talvolta voltiamo il capo dall’altra parte.
Ho trovato molto importante il modo in cui Schinaia, ispirandosi a Magnenat (2019c), concepisce la nostra biosfera come un metasetting che, come il setting psicoanalitico, con la sua stabilità deve garantire la base nutrizionale – che in psicoanalisi significa “fornire conoscenza” – narcisistica (ovvero l’introiezione degli oggetti buoni) e identitaria della nostra personalità e della nostra comunità. Dice: “Se da millenni la Terra si prende cura dei suoi figli fornendo loro tutto ciò di cui hanno bisogno, oggi sono i figli che devono prendersi cura della loro madre-Terra ed essere consapevoli della senescenza del nostro habitat, proprio come avviene quando il nostro i genitori invecchiano”.
Confesso che man mano che procedevo nella lettura diventavo umilmente sempre più attento al consumismo delle piccole cose, come acqua, luce, aria condizionata, cibo, ecc., e mi sentivo orgoglioso, un po’ più servitore del futuro. Un’espressione, quasi uno slogan, che Schinaia ha saputo ricavare dal discorso pronunciato da un deputato inglese nel 1874: “Non siamo padroni del presente, ma servitori del futuro”.
Per fortuna, con abilità, intelligenza e buon gusto, l’autore intervalla vignette cliniche che confermano la sua tesi e che danno al lettore la sensazione di una pausa confortante o riparatrice dagli attacchi precedenti, passando dai luoghi distruttivi, tossici e/o deprimenti creati dal demens, a luoghi più gentili della sua prospettiva psicoanalitica. Sempre basandosi su molte informazioni e molto recenti. Ci sono quasi quattrocento citazioni bibliografiche equamente distribuite tra psicoanalisi ed ecologia. Dovremmo vergognarci che una giovane nipote come Greta Thunberg ci avverta che non si sente abbastanza protetta e pertanto renderci coscienti che non stiamo andando bene. E non perdetevi la postfazione: si rivolge direttamente agli psicoanalisti professionisti, e questa volta non è una nipote che ci parla, ma un nostro coetaneo altamente qualificato.
[1] Versió castellana: Inconsciente y emergencia ambiental. Reflexiones para una agenda común entre psicoanálisis y ecología. Ciudad autónoma de Buenos Aires, Ed. Biebel, 2020. Libre digital, EPUB