LA STAMPA – 11 aprile 2014
L’Europa dell’Euro sul lettino del dottor Freud
INTRODUZIONE: La 27ma Conferenza annuale della Fep, Federazione Europea di Psicoanalisi, si è svolta quest’anno al Lingotto a Torino, organizzata dalla Società Psicoanalitica Italiana (SPI) insieme alla Associazione Italiana di Psicoanalisi (AIPSI).
Il tema quanto mai attuale, “Rotture”, esplora le patologie connesse alla situazione di crisi. Egle Santolini illustra su La Stampa l’ampiezza e la ricchezza di un dibattito con cui la psicoanalisi si confronta, come dice il Presidente della Società Psicoanalitica Italiana, Antonino Ferro, ampliando il campo di intervento agli esiti a volte fortemente traumatici della stessa.
(Silvia Vessella)
LA STAMPA – 11-04-2014
Egle Santolini
Psicoanalisti a convegno, al Lingotto, da stamattina. Per rispettare la precisione nell’uso delle sigle che i seguaci di Freud esigono, si tratta della 27ma Conferenza annuale della Fep, Federazione Europea di Psicoanalisi, fondata dalla figlia ed erede di Sigmund, Anna Freud, e formata da una quarantina di Società da tutto il continente, oltre che da Australia e Israele. Il tema attorno al quale si discute è «Rotture»: programmaticamente neutro e polisemico, proprio per essere esaminato nel modo più ampio e ricco.
Una rottura non è per forza un male e anzi può essere l’inizio di una nuova storia. Siccome di traumi (anche) si parla, e a farlo sono gli analisti europei, non ci si è sottratti però a un argomento caldissimo. Il lussemburghese Serge Frisch e la svedese Franziska Ylander, presidente e vicepresidente della Fep, ricordano come «raramente l’Europa, almeno quella occidentale, abbia conosciuto un periodo di pace e di sviluppo così lungo»; ma come oggi «questo lungo periodo appaia frantumato, e con esso ne risentano interi settori dell’organizzazione economica, politica e sociale. Frantumati la promessa di una vita migliore, il sogno dell’integrazione dei migranti, spesso anche la speranza di risolvere i conflitti attraverso il dialogo democratico. L’unione europea vacilla, e unione è l’antonimo della parola “rottura”. Il rischio di un’implosione non può essere escluso».
Come si riverbera questo senso di precarietà e di disequilibrio sulla sofferenza dei pazienti? Intanto in una maggiore difficoltà a entrare in analisi, perché la crisi picchia e la disponibilità agli investimenti (ancora in senso polisemico) si riduce. Antonino Ferro, presidente della Spi, la Società Psicoanalitica Italiana, riconosce che «chi voglia sottoporsi a un’analisi propriamente detta, con tre o quattro sedute a settimana, può incontrare serie difficoltà. Molti dei miei colleghi stanno venendo incontro a queste esigenze». Quanto costa in media una seduta? «È come chiedere quanto costa un ponte da un dentista. Parecchi giovani e bravi analisti oggi applicano tariffe molto basse, diciamo pari a una cena in pizzeria».
Ferro rifugge dalle teorizzazioni generali a sfondo psicoanalitico, e se lo porti sul crinale dell’eurocrisi vista dalla stanza dell’analisi si definirà «come un ortopedico che per mestiere aggiusta le ossa. Io, per mestiere, curo la sofferenza psichica. Non leggo nella palla di vetro. Di sicuro esistono elementi di realtà con cui fare i conti. Ma c’è il rischio di esteriorizzare i conflitti, situando il nemico al di fuori di sé: in scala, i cinesi, il venditore ambulante marocchino, il vicino di casa, un membro della famiglia». Dunque bisogna stare attenti a non incolpare di tutti i nostri guai la signora Merkel, o le banche, o l’euro? «Proviamo a immaginare. Se un paziente mi portasse in analisi la propria angoscia sull’euro, magari il desiderio di tornare alla lira, penserei a un problema di svalutazione o di rivalutazione personale. Se raccontasse un sogno sulla disgregazione dell’unità europea, indagherei sulle sue, di istanze di separazione, sui suoi, di aspetti lacerati».
Diverso il punto di vista di David Tuckett, psicoanalista inglese, attento ai temi finanziari visti attraverso la lente freudiana. Il suo intervento al Lingotto, previsto per oggi pomeriggio, s’intitola Ripeteremo il passato? Capire l’eurocrisi e i problemi nel risolverla. Il nesso è dunque ai temi classici della rimozione e della coazione a ripetere: se non lo rielabori, il passato tornerà a farti male; e il riferimento è ancora e sempre alla Seconda guerra mondiale, al sospetto nei confronti di uno strapotere da parte della Germania, alla paura di essere inghiottiti dalla vertigine dei nazionalismi. Le persone intervistate nel corso di una ricerca che Tuckett presenta a Torino, effettuata in collaborazione con George Soros e con l’Institute of New Economic Thinking, evidenziano, ci dice il professore, «una tensione fra la realtà, le aspettative e il senso di delusione che ne è scaturito». In estrema sintesi, i cittadini europei nell’unità e nella moneta unica speravano moltissimo, e quando le cose hanno cominciato a irrancidirsi avrebbero emotivamente accusato l’impossibilità di conciliare la ferrea austerità tedesca con i loro modi di vita. Su tutto aleggia la Schuld, cioè il senso di colpa e di debito insieme che emana dalla Germania postnazista: e a Freud dunque si torna, con un volo ardito.
Ferro si attiene al proprio minimalismo: «Se di Europa volessimo parlare, da psicoanalisti, lo farei dicendo che a Torino sto lavorando in modo splendido con una quarantina di colleghi da tutto il continente, molti dei quali non avevo mai conosciuto prima. Abbiamo appena approvato un articolo del nostro statuto che allarga i confini terapeutici della psicoanalisi, non limitandola più alla cura delle sole nevrosi, ma interessando, per esempio, i pazienti con gravi sofferenze psicosomatiche o i bambini molto piccoli. L’analisi è viva, sta bene e continua ad aiutare le persone. Nel mondo intero»