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“Jean Laplanche mette a lavorare Freud e Klein. E Lacan?” di D. D’Alessandro, Huffpost 4/1/2024

9/01/24
"Jean Laplanche mette a lavorare Freud e Klein. E Lacan?" di D. D’Alessandro, Huffpost 4/1/2024 1

Parole chiave: Freud, Psicoanalisi, Klein, Laplanche, Lacan

Jean Laplanche mette a lavorare Freud e Klein. E Lacan?

Mimesis ha pubblicato di recente “La trascendenza del transfert”, libro profondo e raffinato del grande psicoanalista francese scomparso due anni fa

di Davide D’Alessandro

HUFFPOST 4/01/2024

"Jean Laplanche mette a lavorare Freud e Klein. E Lacan?" di D. D’Alessandro, Huffpost 4/1/2024

Problematizzare è il verbo di Jean Laplanche. Il vecchio psicoanalista francese scomparso due anni fa, agrégé di filosofia nonché psichiatra, fu tra i fondatori dell’Association Psychanalytique de France e professore alla Sorbona (Università Parigi VII). Con il titolo generale di “Problematiche”, i corsi sono stati riuniti a partire dall’anno 1970-1971. Grazie a Mimesis e alla cura di Alberto Luchetti, è da poco uscito l’ultimo volume: “Il Baquet: trascendenza del transfert”.

Non sarebbe opportuno spiegare ai giovani che vi ho trascorso sopra le vacanze natalizie, ma se hai passione psicoanalitica lo fai senza sforzo, anzi con sommo piacere. Lettura complicata e sottile, difficile e arguta al tempo stesso, la profondità di Laplanche è notevole, come del resto lo è di Pontalis, suo compagno di scrittura della insostituibile “Enciclopedia della psicoanalisi”.

Laplanche mette al lavoro il lettore, dopo aver messo al lavoro l’inconscio, dopo aver messo al lavoro Freud e le sue opere. Mettere al lavoro è il suo principio di studioso colto e intraprendente: “Far lavorare un grande pensiero… intendo, ovviamente, che non si può far lavorare chi non vuole lavorare; ma quando si è in compagnia di un Freud, o di una Melanie Klein, si può utilizzare la prospettiva di far lavorare un pensiero. Si parla spesso di lavorare i testi freudiani, e ‘far lavorare’ può avere un’aria più riposante, poiché è il testo che ‘lavorerà’. (…) Sono anni che cerco di far lavorare Freud e altri analisti. Problematizzare, se preferite; mettere in posizione perché partorisca un’altra tematica (il parto è ancora un lavoro, un travaglio). Da anni cerco di problematizzare, mettere in questione, mettere al lavoro la teoria analitica, sia nelle sue contraddizioni sincroniche che nelle contraddizioni del suo movimento storico”.

E Laplanche mette in questione, con Lagache, l’esame del transfert come criterio, la nevrosi di transfert, il sogno e la seduta, l’influenza dell’inconscio sul preconscio, la costruzione dello spazio analitico, la possibilità del transfert nel bambino, l’atto mancato, l’inconscio e il linguaggio, il descrittivo e il prescrittivo della situazione psicoanalitica, il tempo e il denaro, il divano, il supposto sapere, il transfert e Freud che non ha pace finché non lo inquadra, il transfert come trasporto di sintomo, il transfert che annega nell’abitudine, il transfert tra sapere e segreto, il lavoro di lutto, il transfert di transfert, la trascendenza del transfert.

Questi sono titoli, ma bisogna entrarci per lasciarsi trasportare, proprio come un transfert. Soltanto su Jacques Lacan, Laplanche pone il punto interrogativo: lo si può far lavorare? E spiega quali sarebbero gli ormeggi che oppongono la resistenza al lavoro, a far lavorare Lacan: l’ormeggio istituzionale e personale: “Senza entrare troppo in dettagli, dirò che questa questione è molto complessa, con almeno un doppio versante. Da una parte il fatto che nessun testo di Lacan può essere inteso senza lo sfondo di ciò che quel testo voleva, di dove voleva arrivare, politicamente, tatticamente, oppure strategicamente; l’altro versante è invece quello dell’adesione al lacanismo, che si misurava questa volta con una fedeltà personale, e non più istituzionale, dell’autore”.

Eppure, debbo dire che Laplanche, nonostante le resistenze e gli ormeggi del mondo lacaniano, riesce a mettere a lavoro, almeno in parte, anche Lacan e alcuni aspetti cruciali del suo pensiero.

A chi dovesse trovare ostico quest’ultimo libro di Laplanche, consiglierei di ammorbidirlo con l’introduzione allo stesso scritta da Dominique Scarfone e pubblicata nel 2007 da Franco Angeli.

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