Cultura e Società

“Italian Theory e pensiero psicoanalitico” di D. D’Alessandro, Huffpost 22/6/21

28/06/21

Huffpost, 22/6/2021

Italian Theory e pensiero psicoanalitico

di Davide D’Alessandro

Huffpost, 22 giugno 2021

Introduzione: La Società Psicoanalitica Italiana nasce  nel 1925  e, a   quasi 100 anni dalla sua nascita,  un gruppo di soci ha voluto  raccogliere i contributi dei protagonisti  in un libro dal titolo ” Il pensiero psicoanalitico italiano. Maestri, idee e tendenze dagli anni ’20 ad oggi”. Davide D’Alessandro, in questo articolo, ci descrive il volume che ha il merito di testimoniare la ricchezza del pensiero psicoanalitico italiano. (Maria Antoncecchi)

Davide D’Alessandro, giornalista e saggista

Huffpost,22 giugno 2021

Italian Theory e pensiero psicoanalitico

di Davide D’Alessandro

Non esiste soltanto una “Italian Theory” della filosofia, ma anche della psicoanalisi. A testimoniarlo è un libro edito nel 2017 da FrancoAngeli, a cura di Franco Borgogno, Alberto Luchetti e Luisa Marino Coe. Il titolo “Il pensiero psicoanalitico italiano. Maestri, idee e tendenze dagli anni ’20 ad oggi”, dice molto ma non tutto. Occorre attraversare l’indice con molta attenzione per scorgervi un patrimonio di studi, di pensieri, di vissuti psicoanalitici, che rende il nostro Paese tra i più attivi nel lavoro sulla psiche.

I curatori hanno diviso il testo in sei sezioni. La prima è dedicata alla storia della psicoanalisi in Italia. Giuseppe Di Chiara e Anna Ferruta ne tracciano i passaggi più importanti. Nella seconda, che si occupa di Metapsicologia, sono tanti gli autori che danno conto della morfologia e della trasformazione dei modelli psicoanalitici.

Se Francesco Napolitano e Antonio A. Semi scrivono sul transfert, il saggio di Fausto Petrella sui disagi della psicoanalisi nella postmodernità è un chiaro esempio di scrittura coinvolgente e appassionante. Nella terza, sulla pratica clinica, teoria della tecnica e fattori terapeutici, spiccano, tra gli altri, i lavori di Glauco Carloni su tatto, contatto e tattica, di Franco De Masi su quale Super-Io nella clinica analitica, e di Anna Maria Nicolò sui transfert in adolescenza.

La quarta, sulla persona dell’analista, il controtransfert e la relazione/il campo analitici, introdotta da Borgogno, presenta Luciana Nissim Momigliano, Davide Lopez e Stefano Bolognini nei primi imperdibili saggi. C’è Roberto Speziale-Bagliacca su metafora e rêverie e Lucio Russo sul controtransfert.

Nella quinta sezione, sul trauma, la sofferenza psichica, il lutto e il working-through, spicca il saggio di Edoardo Weiss sull’agorafobia e la sua relazione con gli attacchi isterici e con i traumi. Le riflessioni sull’angoscia dell’analista sono sviluppate da Dina Vallino Macciò, mentre lo stesso Borgogno si sofferma sull’importanza della risposta affettiva dell’analista a una paziente schizoide deprivata. Nella sesta, e ultima, dal titolo “Preverbale, precoce, fusionale e stati primitivi della mente, Eugenio Gaddini, Franco Fornari ed Eugenio Gaburri scrivono, nell’ordine, di imitazione, nascita psichica, emozioni ed affetti.

Il dolore chi si incarica, dopo averlo letto, di presentare un libro così pieno, robusto e intenso, è di non poter citare tutti i lavori che vi sono presenti, di non poter dire di ognuno, uno per uno, quanta ricchezza possa trasmettere in chi l’analisi l’ha fatta, in chi ha intenzione di farla, in chi è sdraiato sul lettino o seduto dietro il lettino. Il libro è un invito alla conoscenza di una storia italiana iniziata un secolo fa, una storia che vede il nostro Paese protagonista grazie ad alcuni finissimi interpreti del pensiero psicoanalitico, ad alcuni finissimi continuatori dell’opera di quel signore, così ben raffigurato in copertina, che risponde al nome di Sigmund Freud. Tutto è iniziato con lui, tutto non può che continuare misurandosi con lui. Vai all’articolo

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