Cultura e Società

(In)attualità/3  – Ipnocrazia, una coscienza è possibile anche nella dissociazione? C. Buoncristiani

15/04/25
(In)attualità/3  - Ipnocrazia, una coscienza è possibile anche nella dissociazione? C. Buoncristiani

fonte: l’Espresso, 4 aprile 2025

Parole chiave: Coscienza, suggestione, dissociazione, psicologia della masse, percezione

“Gli algoritmi non sono solo strumenti di calcolo: sono tecnologie ipnotiche di massa.

L’economia dell’attenzione non è solo un modello di business: è un sistema di trance collettiva.

Le piattaforme social non vendono pubblicità: vendono stati alterati di coscienza.

Il loro prodotto non sono i dati: è la suggestione profonda.

Non profilano utenti: modulano stati mentali.

Non tracciano comportamenti: inducono sogni”.

C’è qualcosa in queste frasi. Una marcia, un tamburo, un ritornello segreto. Qualcosa al di là del loro contenuto. E’ metrica, ritmo, rimbalzo, simmetria e ritorno.

Gli slogan funzionano così, quando funzionano bene.

Ti convincono, perché ti suonano.

Partiamo da qui, da questo sottile stato di fascinazione ipnotica. Che poi è proprio il tema di cui parla Ipnocrazia. Trump, Musk e la nuova architettura della realtà (Tlon, 2025). L’autore si fa chiamare Jianwei Xun, la sua “biografia” lo racconta come un teorico dei media nato ad Hong Kong. Ma “L’Espresso” del 4 aprile svela l’arcano sul “filosofo che non esiste” di cui il libro stesso induce a dubitare. A scriverlo è stato il filosofo Andrea Colamedici co-costruendolo niente meno che con l’intelligenza artificiale. Motivo per cui le frasi hanno una loro ricorsività ipnotica.

L’interesse dello psicoanalista si accende su questo: da una parte un testo che parla del potere dei dispositivi di indurre costanti stati dissociativi di massa, mentre esso stesso pratica una trance vigile nel lettore. Dall’altra la co-creazione con un altro ente non umano, che come ha messo l’autore – citiamo – nelle condizioni di “non impigrirsi, ma desiderare di andare a fondo”. Esperimento post-moderno, degno della fisica quantistica: dove non si verifica una tesi ma si crea contesto, l’ecosistema, lo si affina e poi si resta ad espettare.

Se Platone accusava la scrittura di uccidere il pensiero, ma poi scriveva affidando il proprio stesso pensiero alla parola testuale, l’autore di Ipnocrazia non è da meno. A essere realizzato è stato qualcosa a metà tra la performance che fa esperire ciò di cui teorizza e un esperimento mediatico alla Orson Wells: tutto il sistema dell’informazione, tranne l’Espresso è caduto nella trappola.

Il lettore è infatti condotto in un sottile stato di trance da frasi costruite – il testo via via lo fa capire – attraverso l’intelligenza artificiale e allo stesso tempo via via si rende conto di questa trance e comincia a essere vigile rispetto alla propria stessa ipnosi. Più che un libro un evento situazionista di straordinaria intelligenza.

Scrive ancora l’Espresso “Ipnocrazia si presenta come un’opera ambiziosa che cerca di esplorare i confini tra realtà, percezione e controllo sociale sia nel presente che in un futuro non troppo lontano e che ci invita a riflettere su come le tecnologie emergenti riescano a influenzare le dinamiche di potere e la libertà individuale”. Secondo questa tesi esistiamo in uno stato di ipnosi permanente, dove la consapevolezza è attutita, ma mai del tutto quieta.

Secondo il libro, i sacerdoti celebranti di questo rito sono Donald Trump ed Elon Musk. Scrive Xun: «Da una parte Trump svuota il linguaggio: le sue parole, ripetute all’infinito, diventano significanti vuoti, privi di senso eppure carichi di potere ipnotico. Dall’altra, Musk inonda la nostra immaginazione di promesse utopiche destinate a non materializzarsi, trascinando le menti in una trance perenne di anticipazione ossessiva. Insieme modulano i desideri, riscrivono le aspettative, colonizzano l’inconscio».

L’ipnocrazia è il regime corporeo e cognitivo del nostro tempo, indotto sottilmente dalla dipendenza pressoché assoluta da dispositivi che mediano le nostre relazioni psichiche con noi stessi e con il mondo. Un regime che opera direttamente sulla coscienza degli individui. Che sono costantemente dissociati a partire dall’overlap (sovraccarico) cognitivo che la marea di informationi produce nella funzione dell’attenzione.

D’altra parte, la coscienza si produce attraverso l’investimento dell’attenzione, ci dice lo stesso Freud… “Non controlla i corpi. Non reprime i pensieri. Induce, piuttosto, uno stato alterato di coscienza permanente. Un sonno lucido. Una trance funzionale. La veglia, infatti, è stata sostituita da un sogno guidato. La realtà da una suggestione continua. L’attenzione viene modulata come un’onda. Gli stati emotivi vengono indotti e manipolati. E così la suggestione si ripete, instancabile, e la realtà si dissolve in molteplici sogni guidati. Il pensiero critico viene dolcemente addormentato e la percezione viene rimodellata, strato dopo strato” (p. 11).

Il filosofo che non esiste descrive il mondo in cui viviamo, in cui in effetti abitiamo già da tempo, ma che appare ora in tutta la sua potenza. La tesi di Ipnocrazia non è propriamente originale, è anzi un distillato del pensiero post-moderno sui mezzi di comunicazione.

Tutto il libro descrive apoditticamente – e in modo molto convincente – come siano cambiate le cose stabilendo cosa saremmo stati portati a supporre (nel vecchio modo di pensare) e cosa invece siamo “costretti” a esperire (nel nuovo modo di pensare). Prendiamo ad esempio la verifica della verità rispetto alle fake-news: il fact-checking “opera secondo il presupposto che le persone siano semplicemente disinformate e che l’esposizione alle informazioni ‘corrette’ cambierà le loro convinzioni. Ma con ciò si fraintende come funziona la verità nell’era dell’Ipnocrazia. Le persone non stanno scegliendo informazioni false rispetto a quelle vere; stanno abitando sistemi di realtà completamente differenti” (p. 73). Dunque, l’ontologia del regime ipnocratico parte proprio da qui: non c’è il mondo, esistono tanti mondi, ognuno con un suo specifico regime di verità e di falsità, con i suoi esperti e i suoi canali informativi; per questo “la realtà si è rotta in mille realtà” (p. 12).

Jianwei Xun.

Capitolo dopo capitolo chi legge si trova a scoprire una serie di mise en abyme della comunicazione rispetto alla credibilità della voce autoriale (cornici nella cornice, specchio negli specchio e così all’infinito). Ad esempio, il capitolo dedicato al cosiddetto esperimento di Berlino, ideato, così si legge da un certo “Marcus Heidemann”, un dispositivo che “consisteva nella creazione e diffusione controllata di una narrativa complessa attraverso diversi strati della società tedesca” (p. 19). L’esperimento se si cerca su internet, non esiste. Né lo scienziato sociale “Marcus Heidemann” e tantomeno “Hiroshi Tanaka”, l’inventato autore del libro Die digitale Dämmerzustand (Il crepuscolo digitale), oggetto dell’esperimento “sulla costruzione della realtà nell’era digitale” sembrano realmente esistere (ma è proprio questo il punto, a che livello parliamo quando diciamo “realmente”?).

Jianwei Xun gioca con noi e ci induce a non credere alle sue stesse tesi, che altrimenti pretenderebbe di rappresentare un punto di vista ‘oggettivo’ – ma appunto la tesi del libro è che l’oggettività in quest’epoca contemporanea non esista – sul mondo digitale, un punto di vista che tuttavia non può più esistere.

Citiamo ancora: “la realtà si è rotta in mille realtà” non si tratta di sperare di ricomporla, ormai è rotta, si tratta semmai di provare a capire come vivere, o forse meglio sopravvivere, in una simile pluralità di mondi (che poi, se ci si pensa, era la grande scoperta della modernità, il passaggio dall’universo tolemaico a quello copernicano). Ma che cosa significa vivere nel regime ipnocratico, per “Jianwei Xun”? Che ne è del tradizionale soggetto umano? “Il soggetto non è semplicemente manipolato dall’esterno; è coprodotto in una danza continua con i sistemi algoritmici che non sono meri strumenti ma veri e propri partner di un dialogo esistenziale. I suoi gusti, le sue preferenze, persino le sue reazioni emotive vengono costantemente modulate e ricalibrate in un processo di feedback che modifica tanto l’umano quanto la macchina” (pp. 35-36).

Dunque,  non è tanto la descrizione del presente quanto la proposta e l’esperienza di una forma di una coscienza-nonostante-la-dissociazione effettivamente praticabili.

Secondo l’”l’autore” non possiamo difenderci dal nuovo mondo digitale costruendo muri o usando le nostre tradizionali barriere. Non si può spegnere la dipendenza digitale ormai, se si tenta di farlo come oppositori che cercano di fare contro-informazione si finisce con il diventare influencer e si viene inseriti immediatamente nel sistema: parte di esso. Proprio come per le trance ipnotiche se c’è un’opposizione della volontà l’effetto in termini di stato mentale è una trace ancora più profonda; al contrario, si tratta di cominciare a immaginare come coabitare in modo consapevole in un mondo in cui l’umano è sempre meno al centro e sempre più disincarnato e virtuale.

Il problema principale del regime ipnocratico è che la realtà che “si è rotta in mille realtà”: “la soluzione, se c’è, non può essere un semplice ritorno ai ‘fatti’ o alla ‘verità’ Abbiamo bisogno di nuovi modi di comprendere e interagire con questo sistema di realtà multiple. […] Bisogna accettare che la realtà stessa è uno spazio conteso che esige nuovi modi di comprenderla e attraversarla.  La sfida non è determinare cosa sia ‘reale’; consiste, piuttosto, nel comprendere come realtà multiple vengano costruite, mantenute e vissute” (p. 75).

Jianwei Xun l’autore che non c’è (e che “non è”) propone di pensare a un soggetto meno cartesiano e “personale” meno trascendente. Se nel regime ipnocratico c’è un permanente “stato alterato di coscienza”, Xun suggerisce di navigarlo consapevolmente.

Bibliografia

J. Xun, Ipnocrazia Trump, Musk e la nuova architettura della realtà Tlon, Bologna, 2025

S. Minardi, “Ipnocrazia, ecco perché il filosofo Xun non esiste”, L’Espresso, 4 aprile

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