Segnaliamo questo articolo apparso sul Corriere della Sera il 15 agosto 2010 pagina 7:
Frammenti da un sogno: Roma intitola un giardino a Freud, che la inseguì per anni, con amore
di PAOLO FALLAI.
È un amore dai tempi molto lunghi quello tra Roma e Sigmund Freud.
Se il padre della psicoanalisi impiegò anni per realizzare il suo sogno di visitare la città, questa lo ha ripagato aspettandone una sessantina dalla morte, avvenuta a Londra nel 1939, prima di intitolare a suo nome una parte di se stessa. Non è una via, anche perché Freud sarebbe finito ben oltre il grande raccordo, ma un giardino ai Parioli, tra via Panama e via Lima, a due passi dalla sede della Società Psicoanalitica italiana.
Eppure questo riconoscimento, sia pure tardivo, merita un ricordo di questo amore, nutrito da sette viaggi tra il 1901 e il 1923 e di innumerevoli testimonianze che troviamo soprattutto nella corrispondenza tra il medico viennese, la sua famiglia, gli amici.
Fu un viaggio lungamente sognato per Freud e dolorosamente «coltivato» con una sorta di programmato masochismo quando, a partire dal 1896, comincerà a esplorare la penisola aspettando sei anni prima di raggiungere la sua destinazione finale. Si trova
perfino una traccia del parallelo che volle fare tra se stesso e Annibale, il condottiero che attraversò l’Italia dalle Alpi a Canne senza mai vedere le mura cli Roma. In quegli anni di fine Ottocento, in una Italia dove poteva vivere comodamente quindici giorni con quanto un medico di successo come lui guadagnava in una sola giornata, Freud visita Venezia, più che una città una «strana fiaba», Firenze «un incanto», Milano «un baccano infernale». Solo nel 1901 si decide a raggiungere Roma. Arriva con il treno della notte, da Trento, il 2 settembre, insieme al fratello Alexander. E’
una bellissima giornata e per lui è una folgorazione: «Arrivato a Roma dopo le due, mi sono cambiato alle tre, dopo il bagno, e sono diventato romano. E’ incredibile che non siamo mai venuti qui prima. Mezzogiorno davanti al Pantheon, ecco dunque ciò di cui ho avuto paura per anni. Fa caldo in modo quasi delizioso, e ciò è in relazione al fatto che una luce stupenda si diffonde ovunque, perfino nella Sistina. Per il resto si vive divinamente, se non si è costretti a sfiancarsi per risparmiare. Acqua, caffè, cibo, pane: eccellenti. Oggi ho infilato la mano nella Bocca della Verità giurando che sarei tornato qui».
Nota il pittore Paolo Giorgi, in uno scritto che rievoca quei giorni: «Freud si difese a lungo da Roma. Come un amante debole ma saggio si difenderebbe da un amore che lo vedesse di certo soccombente». E come un amante Freud è travolto dall’entusiasmo.
Scrive alla moglie Martha: «Roma era certamente la cosa migliore per me. Mi piace più che mai, probabilmente anche perché sono magnificamente alloggiato. Ho deciso che il luogo dove trascorrere la mia vecchiaia non sarà un cottage ma Roma».
E’ ospite dell’hotel Milano, in piazza Montecitorio (oggi si chiama Colonna Palace) «provvisto di luce elettrica e modesto – scriverà Freud- solo quattro lire al giorno». Dedica le mattine alle opere d’arte, è di questi giorni il primo incontro con il Mosé di Michelangelo a San Pietro in Vincoli, destinato a diventare l’argomento di un saggio che continuerà ad approfondire tutta la vita. E i pomeriggi a farsi portare dalla carrozza alla scoperta della città. Si spingerà fino a Tivoil, descrivendo ai figli in una lettera croci e delizie di due ore a dorso di un mulo. E una ubriacatura della quale troviamo ripetute tracce: da San Pietro alla Sistina e alle stanze di Raffaello, dalla via Appia al Gianicolo, al Panthe on.
Partirà da Roma il 14 settembre, ma sarà solo un arrivederci. ll secondo viaggio è del 1907 e lo svago sarà questa volta unito al lavoro e a una frenesia che lo porta anche a teatro. Una sera al Quiirino assiste ad una rappresentazione della Carmen di Bizet.
Annoterà: «Non si ha mai tempo a Roma, sempre troppo da fare», ma non potrà esimersi dall’aggiungere: «Peccato che non si possa vivere sempre qui».
Roma si conferma «un prodigio» nel viaggio del 1910 che gli aprirà nuovi orizzonti nel Meridione, portandolo fino in Sicilia, impressione confermata nell’estate del 1913. Nell’ultimo viaggio a Roma, nel 1923, sarà accompagnato dall’amata figlia Anna, in una città che troverà «più cara e più rumorosa», ma non meno affascinante.
Studiosi di valore si sono appassionati all’analisi del rapporto psicologico tra Freud e Roma, alle origini di una passione ininterrotta, coltivata prima nei sogni e poi nella frequentazione.
A noi basta segnalare le note aggiunte al suo libro
L’interpretazione dei sogni nel 1909: «Ho fatto da quel tempo (il viaggio a Roma, ndr) l’esperienza che anche per l’appagamento di quei desideri che sembrano irraggiungibifi basta un po’ di coraggio».
Roma intitola un giardino a Freud che la inseguì per anni, con amore.