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Freud da morto è più vivo che mai
di D. D’Alessandro, Huffpost 29/6/2021
Huffingtonpost, 29 giugno 2021
Introduzione: Una risposta critica da parte di Davide D’Alessandro al neurologo Sorrentino che nel suo ultimo libro definisce la psicoanalisi una pseudoscienza non in grado di curare la sofferenza. (Maria Antoncecchi)
Davide D’Alessandro, giornalista e saggista
Huffingtonpost, 29 giugno 2021
Freud da morto è più vivo che mai
di Davide D’alessandro
Sigmund Freud è un genio, Rosario Sorrentino un neurologo, scrittore e divulgatore scientifico. La distinzione è basilare per mettere le cose in chiaro ed evitare pasticci e confusioni di sorta. Già, poiché l’ultimo libro di Sorrentino, edito da Vallecchi, dal titolo “Intervista esclusiva a Freud. Da neurologo a neurologo”, rischia, come mostra la copertina, di presentarci i due seduti uno di fronte all’altro al tavolo di un bar ma, di più, di farceli sembrare sullo stesso piano. Invece, ripeto: il primo è un genio, il secondo un neurologo. Il secondo, però, ha deciso di intervistare il primo, senza il “lei”, con il “tu”. È vero che Sorrentino chiede, all’inizio, se usare il “lei” o il “tu” ed è Freud a invitarlo al “tu”, ma Freud è morto; dunque, è Sorrentino che fa dire a Freud “diamoci del tu”. Perché Sorrentino gradisce il “tu”? Da che cosa deriva la pretesa di parità? Sarebbe ottimo materiale per una seduta psicoanalitica.
Chi, come me, ha fatto un’intervista a Niccolò Machiavelli, tra l’altro di discreto successo editoriale, non può essere contrario alle interviste immaginarie, ma le interviste immaginarie, per risultare credibili, diceva Indro Montanelli, devono essere verosimili. Il lettore, di fronte a una risposta di chi è morto, deve poter dire: “Sì, questa sarebbe stata la risposta tipica dell’intervistato, fosse stato ancora in vita”. Non si può far dire a un morto ciò che da vivo non avrebbe mai detto.
Non basta. Se chi è morto è considerato un genio e chi intervista no, bisogna dare rigorosamente il “lei”. Io ho chiamato Machiavelli “Maestro”, a scanso di equivoci. È questione di umiltà e di rispetto verso chi è universalmente riconosciuto l’inventore della scienza politica moderna, il fine conoscitore dell’essenza umana.
Sorrentino, al contrario, si incarica di annientare la psicoanalisi e l’opera del suo fondatore, relegandole, quando è generoso, a pseudoscienza, mentre, quando non lo è, a sterili discorsi filosofico-culturali. Si avvale, in appendice, a supporto del suo progetto di demolizione, di uno scritto di Carlo Altamura, professore di psichiatria all’Università di Milano, e di uno di Gilberto Corbellini, professore di storia della medicina e di bioetica alla Sapienza di Roma. Entrambi ci ricordano a più non posso che Freud è un abile illusionista, che la psicoanalisi non ha alcun fondamento scientifico, che non può curare alcunché, che quando ottiene qualche risultato è per l’effetto placebo.
Del resto, e Corbellini lo sa bene, sono centoventi anni che, spesso in maniera stucchevole, si ripetono questi attacchi. La psicoanalisi, però, continua a vivere e a lottare insieme a noi, soprattutto insieme a chi non desidera affatto che sia una scienza, insieme a chi sa che su quel lettino avvengono cose che gli scienziati non potranno mai comprendere, che il 2+2=4 è giusto che resti affar loro, sperando che si trovino d’accordo sul 4, perché ogni giorno, tra gli scienziati, c’è chi dice 5 e chi 3.
È possibile far parlare Freud da morto, ma occorre rispettarlo e dimostrare di conoscere la sua opera, i punti di forza e di debolezza, la grandezza di un genio che
non riescono ad abbattere, non per l’effetto placebo, ma perché una storia di straordinaria rilevanza ha incontrato, lungo il proprio impervio cammino, interpreti e professionisti di indiscutibile valore e pazienti che da quel lavoro hanno ricavato sollievo e salute dopo anni di inenarrabili sofferenze. Non sono mancati certo i maghi e i fattucchieri, ma potremmo indicarne quotidianamente anche tra i cosiddetti scienziati. Dio, quanti ce ne sono!
Non è vero che non esista una robusta letteratura psicoanalitica capace di dare conto di lavori stratosferici anche con pazienti psicotici. Suggerisco, a proposito, il libro di Franco De Masi, “Svelare l’enigma della psicosi. Fondamenti per una terapia analitica”, edito da Mimesis. Non è vero che la psicoanalisi non sia in continua relazione con ciò che emerge da tempo nel panorama delle neuroscienze. Non è vero che la psicoanalisi sia filosofia. Non è vero che la psicoterapia breve comportamentale possa soppiantare la psicoanalisi; è semplicemente un’altra cosa. Corbellini ritiene non improbabile che tra un secolo “la psicoanalisi, ovvero le idee di Freud, saranno un caso di pseudoscienza storicamente conclamato e di scuola, cioè riconosciuto da tutto il mondo accademico o degli intellettuali professionisti, di pseudoscienza”. Non è vero.
È vero che, tra un secolo, Sorrentino, Corbellini, Altamura e tutti noi non ci saremo più, mentre Freud e la psicoanalisi ci saranno ancora. Merito, o colpa, di un genio che non è soltanto un neurologo. Anzi, c’è di più: se i detrattori di Freud e della psicoanalisi avessero accettato di sdraiarsi qualche volta sul lettino, avrebbero compreso il motivo di tanto astio, le radici di tanto astio, le ragioni di tante frasi astiose che compongono un’intervista troppo immaginaria, troppo fantasiosa, direbbe uno scienziato, senza verità e senza verosimiglianza. La psicoanalisi saprebbe dare una spiegazione di cotanto astio. Nessun farmaco sarà mai in grado di spiegarlo. Una buona psicoanalisi, sì.
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Introduzione: Continua il commento critico di Davide D’Alessandro al libro del neurologo Sorrentino. In questo articolo D’Alessandro rifacendosi al libro di Hillman sottolinea l’importanza dell’aspetto immaginativo e poetico della cura psicoanalitica che la differenzia dalle scienze naturali. (Maria Antoncecchi) … leggi tutto