Cultura e Società

Eugenio Gaburri, un battitore libero della psicoanalisi
, LA REPUBBLICA, 25 giugno 2013

26/06/13

Eugenio Gaburri, un battitore libero della psicoanalisi


Il libro postumo dello studioso scomparso di recente
 

Repubblica 25. 6.13
 

INTRODUZIONE: Sulle pagine culturali di Repubblica Massimo Recalcati recensisce “ Pensare con Freud”, di Laura Ambrosiano ed Eugenio Gaburri (Cortina pagg. 132 euro 15,50). Insieme con la presentazione del libro, scritto a quattro mani come già altri con la psicoanalista Laura Ambrosiano, nell’articolo si traccia una breve biografia di Eugenio Gaburri, da poco scomparso.

E’ stato un didatta della Società Psicoanalitica Italiana, un maestro stimato, ascoltato e seguito. La sua è una figura di psicoanalista clinico, di ricercatore libero e nello stesso tempo rigorosissimo, una presenza vivace e creatrice di un pensiero originale e germinativo. (Silvia Vessella)

Repubblica 25.6.13


Massimo Recalcati
 


Non sono in molti i nomi degli psicoanalisti italiani che hanno saputo fare avanzare la dottrina della psicoanalisi in modo originale e creativo. Franco Fornari e Elvio Fachinelli si distinguono probabilmente su tutti. Ma al loro fianco andrebbe inserito anche il nome di Eugenio Gaburri, scomparso all’età di 78 anni il 6 dicembre del 2012 a Milano, dopo una lunga malattia vissuta con grande dignità e coraggio. Medico-psichiatra, formatosi alla durezza del lavoro istituzionale a Varese negli anni Sessanta, svolse la sua formazione tra Milano e Ginevra e fu uno degli psicoanalisti italiani che maggiormente si entusiasmarono per il lavoro clinico coi gruppi. Battitore libero, insofferente alle teorizzazioni scolastiche della dottrina colpevoli di irrigidire i concetti separandoli dall’esperienza viva dell’analisi, fu uno dei più sensibili lettori di Wilfred Bion che contribuì, insieme a Francesco Corrao, Claudio Neri e Antonino Ferro, a far penetrare nella cultura psicoanalitica del nostro paese.
Amava confrontarsi senza pregiudizi e senza darsi arie con le nuove generazioni. Ogni volta che ho potuto dialogare con lui restavo colpito dalla assenza di chiusure ideologiche, dalla curiosità e dalla flessibilità del suo modo di interrogare l’esperienza dell’analisi. Lacan diceva che il peggio che possa capitare ad uno psicoanalista era sentirsi installato come psicoanalista. Ecco questo non era accaduto a Gaburri che non parlava dell’analisi a partire dal suo titolo di didatta, ma sempre a partire dalle manifestazioni originali dell’inconscio. Il suo amore per il mare non era solo un gusto estetico, ma caratterizzava la sua tendenza ad allargare i concetti, a dilatarli per impedire che il loro uso stereotipato ne sterilizzasse la vitalità. Per lui, davvero, pensare era come viaggiare in barca a vela: seguire la direzione imprevedibile del vento, farsi portare dal non ancora saputo, dal non ancora visto. Di questo psicoanalista illuminato è stato recentemente pubblicato, per i tipi di Raffaello Cortina, un libro postumo, scritto a quattro mani con la sua compagna Laura Ambrosiano, titolato Pensare con Freud. Esso conclude idealmente una sorta di trittico preceduto dallo straordinario Ululare coi lupi (Bollati Boringhieri, 2003) e da La spinta a esistere (Borla, 2008), pubblicati mentre la malattia era già in corso, scritti sempre insieme ad Ambrosiano. Si tratta di un libro splendido e imperdibile che ha un valore testamentario. Il lettore vi troverà tutti i temi freudiani e bioniani cari a Gaburri: la nozione di “campo”, di “capacità negativa”, di “narcisismo e socialismo”, la spinta “impersonale” a esistere e il problema della sua soggettivazione. Ma, soprattutto, l’idea che la psicoanalisi non sia affatto una “cura del passato”, ma un “recupero del futuro”, una “cura del futuro”. Da questo accento bioniano e, mi permetterei di aggiungere, lacaniano, dell’inconscio come apertura verso l’inedito, scaturisce tutto il valore paradigmatico che i Gaburri assegnano alla figura freudiana della sublimazione intesa non tanto come un processo di difesa o di soddisfazione pulsionale secondaria rispetto a quella direttamente sessuale, ma come prototipo di ogni possibile processo di soggettivazione e di umanizzazione della vita. In che consiste la forza trasformativa della psicoanalisi se non nell’attivare la capacità di sublimazione intesa come capacità di allargare il proprio mondo, di rendere plastica la propria esperienza del corpo pulsionale, di rendere possibile il pensiero?
Per poter accedere a questa possibilità bisogna separarsi dalla dimensione avida e acefala degli “agiti antropofagi” della pulsione ed apprendere ad aprirsi all’imprevisto. Scritto per resistere all’ombra cupa e incombente della malattia e della morte, questo libro è prima di tutto testimonianza di come vi possa essere “gaia scienza” che non escluda la finitezza della vita. La morte, infatti, non è l’ultima parola della vita, ma è ciò che spinge la vita a “fare spazio” all’inedito e al non ancora pensato. In questo senso la parola “sublimazione” diventa l’indice della possibilità dell’umano di appassionarsi alla propria esistenza, al fine di simbolizzare «la paura ad esistere in quanto individui separati» e di liberarsi dalla «fame cannibalica e dalla coazione a tappare tutte le mancanze».
L’immagine dell’inconscio come serbatoio del passato, come baule dove giacciono sepolti i nostri ricordi, viene sostituita dall’immagine dell’inconscio come “spazio in divenire”, come forza di espansione. E’ questa la posta in gioco di ogni analisi: «allargare lo spazio mentale dell’inconscio, venire fuori dagli intrappolamenti della coazione a ripetere». Quando invece lo spazio per pensare si chiude, quando l’identità si irrigidisce su se stessa, c’è massa senza mente, senza pensiero, vita morta, passione paranoica che spinge la vita individuale e collettiva a serrarsi nelle proprie nicchie difensive e autoidentitarie. Diversamente, scrivono i Gaburri, l’esperienza analitica dell’inconscio «richiede sempre di andare oltre quello che si sa già». Per questo la mano di Eugenio Gaburri ci lascia ricordandoci che «la cosa più importante da trasmettere ai nostri figli è proprio la capacità di sublimazione, intesa come interesse per la vita nonostante il dolore».


IL LIBRO Pensare con Freud, di L. Ambrosiano e E. Gaburri (Cortina pagg. 132 euro 15,50)


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