Cultura e Società

Disagio esistenziale. Quando un figlio chiede aiuto, NOI – Supplemento ad Avvenire, 26 maggio 2013

4/06/13

Disagio esistenziale. Quando un figlio chiede aiuto

L’importanza di confrontarsi sempre 

NOI – Supplemento ad Avvenire 

26 maggio 2013  numero 174

Famiglia e Società
INTRODUZIONE: Paolo Ferrario sulle pagine di “Noi” supplemento alla rivista “Avvenire” dedica un largo spazio alla giornata dedicata dal Centro Milanese di Psicoanalisi “Cesare Musatti” alla riflessione sul tema sull’importanza dell’alleanza tra genitori e gli specialisti dell’Osservatorio del bambino e dell’adolescente del Centro per la riuscita della terapia. Qui sotto riportiamo sia l’articolo in cui illustra le tematiche della giornata sia una sua intervista a Marta Badoni su come intervenire di fronte al disagio dei figli.(Silvia Vessella) 

NOI – 26 MAGGIO 2013

PAOLO FERRARIO

Quando un figlio chiede aiuto
Genitori primi alleati nella battaglia contro il disagio esistenziale, che coinvolge sempre più adolescenti e giovani. Molti arrivano addirittura a ritirarsi completamente nel privato, abbandonando la scuola e le amicizie. Di questo tema si occupano da anni gli specialisti dell’Osservatorio del bambino e dell’adolescente del Centro milanese di psicoanalisi “Cesare Musatti”. Ecco alcuni spunti di riflessione

Di fronte al disagio esistenziale di un figlio, che in alcuni casi arriva persino a ritirarsi del tutto dalla vita “pubblica” per rifugiarsi in un privato fatto di dolore e solitudine, i genitori si sentono impotenti e spaventati. Inermi, tendono a colpevolizzarsi per la condizione infelice del loro bambino, senza nemmeno sospettare che, invece, potrebbero loro stessi essere i primi alleati del figlio (e del terapeuta che l’ha preso in carico). Il ruolo dei genitori «alleati fondamentali per la riuscita della terapia», è da anni ormai al centro della riflessione degli specialisti dell’Osservatorio del bambino e dell’adolescente del Centro milanese di psicoanalisi “Cesare Musatti”, che a questa tematica ha recentemente dedicato un’intera giornata di studio. «Il lavoro terapeutico con i genitori – ha spiegato Simonetta Bonfiglio – occupa un posto centrale nella riflessione teorica e nella clinica della psicoanalisi, non solo del bambino ma anche dell’adolescente ed è ormai riconosciuto come fattore imprescindibile nel trattamento, soprattutto a fronte di patologie gravi».
Il dolore del figlio provoca la «sofferenza della genitorialità» e spinge madri e padri a chiedere aiuto, mettendosi in gioco per trasformare il senso di colpa «in un sentimento di preoccupazione utilizzabile per un cambiamento» della situazione. Centrale è il vissuto dei genitori perché «il loro modo di essere rimanda all’esperienza di essere stati figli» e da ciò dipende anche la capacità di prendersi cura dei propri figli. Un passaggio della vita che culmina nell’adolescenza, fase che «conduce i figli dall’infanzia all’età adulta e traghetta i genitori verso il termine del loro compito genitoriale».
«I genitori di adolescenti – ha ricordato Bonfiglio – appaiono oggi molto più implicati, preoccupati, mossi da bisogno di protezione, più che di sostegno, di controllo più che di proibizione nei confronti dei figli di quanto non lo fossero quelli delle passate generazioni. Oggi le famiglie appaiono in prima linea ed in uno stato perennemente ansioso, preoccupate che il figlio non sia abbastanza competitivo per le richieste della società, non riuscendo a immaginarlo autonomo di muoversi per paura di vederlo naufragare se gli permettono di nuotare da solo».
Un senso di soffocamento che, ha sottolineato Alessandra Zanelli Quarantini, può compromettere lo sviluppo psichico del bambino, soprattutto quando il figlio diventa «il depositario» dei conflitti tra i genitori. È il caso delle separazioni, quando la coppia genitoriale non è più coppia coniugale e «non c’è più investimento reciproco» ma solo rabbia e senso di rivalsa, spesso a discapito del figlio. «Osservando un bambino malato – ha evidenziato la specialista – dobbiamo chiederci come si rapporta questo sintomo con le dinamiche affettive della coppia».
Tra le patologie giovanili osservate dai terapeuti negli ultimi anni c’è l’aumento dei casi di bambini e adolescenti che manifestano «ritiro sociale». Si tratta soprattutto di maschi tra gli 11 e i 16 anni che «progressivamente diminuiscono la frequenza e arrivano all’abbandono della scuola» e a un lento ma inesorabile «chiudersi in casa» diradando molto fino a interromperle anche le forme di comunicazione con l’esterno attuate mediante sms e i social network. «La famiglia – ha sottolineato Alessandra Zanelli – è spettatrice impotente della passività del figlio e questo crea corto circuiti di rabbie reciproche spesso esplosive». Ricomporre questi conflitti, con l’aiuto di specialisti, può «aiutare i figli a costruirsi un’esistenza più personalizzata e vera» e, allo stesso tempo, «può essere l’occasione per la coppia stessa di dipanare i conflitti e i traumi sepolti, con la speranza di poter accedere, anche fra loro, a una diversa e più viva intimità».

«Genitori, non spaventatevi» 
La psicoanalista Marta Badoni spiega quale comportamento tenere di fronte al disagio dei figli. «Non colpevolizzatevi, ma create uno spazio di dialogo in famiglia». L’aumento delle separazioni e la crisi economica ha fatto esplodere la situazione, che gli specialisti osservano con preoccupazione. 

«Non ha voglia di giocare. Mangia poco. Sembra svogliato. Sarà malato?». Spesso quando i figli manifestano disagio i genitori si spaventano e cercano di scaricarsi la “colpa” l’un l’altro. «Niente di più sbagliato», osserva Marta Badoni, neuropsichiatra infantile e tra i fondatori dell’Osservatorio del bambino e dell’adolescente del Centro milanese di psicoanalisi “Cesare Musatti”, che invece suggerisce a mamme e papà di «osservare attentamente il comportamento dei propri figli, aprendo spazi di dialogo e confronto in famiglia».
Quali comportamenti devono maggiormente allarmare un genitore?
Variano a seconda dell’età. Se un bambino di scuola elementare rifiuta di giocare con gli altri, tende a isolarsi molto, può avere delle paure immotivate o manifesta disturbi del sonno, significa che non sta bene. Per quanto riguarda bambini più piccoli, ci si deve allarmare se non sono curiosi, se non hanno voglia di esplorare il mondo, se sopportano con troppa fatica i piccoli cambiamenti come può essere lo spostamento anche di un pasto, o l’allontanamento momentaneo di un genitore. È importante anche la salute fisica del bambino e la sua resistenza alle malattie.
Quanto influisce il “clima” familiare su queste patologie?
Influisce sicuramente in positivo e in negativo. Lo spartiacque è la possibilità, da parte dei genitori, di riconoscere le loro tensioni e di non cercare ad ogni costo di nasconderle, perché questo disorienta i bambini. I bambini si accorgono benissimo quando c’è qualcosa che non va tra i genitori. Però se questi continuano a dire che va tutto perfettamente bene, i piccoli si sentono non confermati nelle loro percezioni e in quello che provano.
Quanto “pesano” le separazioni dei genitori, sempre più frequenti, sul benessere dei figli?
La facilità con cui oggi le famiglie si sciolgono crea dei problemi che stiamo osservando nella fatica, soprattutto nell’adolescenza, di tanti ragazzi a trovare la loro strada nella vita.
La separazione dei genitori quali ripercussioni ha sulla crescita dei figli?
Può generare una certa paura di esprimersi. I bambini si fanno carico della situazione, come se fosse colpa loro e possono essere sommersi da sensi di colpa, anche se non c’entrano niente. Perciò possono fare di tutto per cercare di favorire una riappacificazione dei genitori. E questo li rende, allo stesso tempo, molto fragili e molto potenti.
Come si devono comportare i genitori di fronte alla sofferenza di un figlio?
Prima di tutto non si devono spaventare né devono scaricarsi l’un l’altro la “colpa”. Devono imparare a osservare quello che succede nelle loro famiglie e ad osservarsi. Osservare le loro reazioni quando i figli si comportano in un modo piuttosto che in un altro. E non è fondamentale che i genitori abbiano sempre la stessa idea su tutto ma possono anche avere idee divergenti. L’importante è che se ne possa parlare.
Come si deve comportare una mamma? E un papà?
I bambini più piccoli sono più in contatto con la mamma, anche se è estremamente importante che il padre ci sia. Non facendo la mamma, ma con una presenza terza che aiuti e protegga il rapporto madre-bambino che, soprattutto all’inizio, è così delicato. Il papà è molto importante per il gioco, per la sicurezza, per l’esplorazione del mondo. La madre è una base sicura, è quella che mette insieme il pranzo con la cena. Anche se lavora tutto il giorno, al momento buono la madre c’è sempre.
Quali sono gli atteggiamenti migliori per aiutare il figlio malato?
Penso che l’atteggiamento migliore sia proprio quello di non spaventarsi, di non colpevolizzarsi, di non colpevolizzare i figli, ma creare uno spazio in cui queste cose possono essere dette e osservate.
Quanto influisce la crisi economica sul disagio psichico delle famiglie?
La crisi influisce molto, perché genera un grande senso di insicurezza. Il lavoro è importante per dare alle persone il senso della loro dignità e uno scopo nella vita. E questo vale sia per i genitori, quando hanno un lavoro precario, sia per i figli che non vedono prospettive per il futuro. Quanto la situazione economica in casa è delicata, soprattutto tra gli adolescenti sono abbastanza frequenti i ritiri scolastici e il rinchiudersi di questi ragazzi nelle loro camere a chattare e fare giochi di ruolo. Questi casi sono in aumento e si dovrà vedere come la situazione evolverà.
Quali alleanze può attivare la famiglia in queste situazioni? Chi può aiutarla?
Ci sono diversi gradi di aiuto. Si possono avere aiuti “una tantum” per parlare delle proprie difficoltà e si possono avere aiuti più continuativi, che riguardano sia i genitori che i figli o i figli separatamente dai genitori. Le alleanze possono essere molto diverse. Purtroppo oggi credo manchi un’alleanza, che una volta era importante, che è quella scuola-famiglia. Un tempo era un rapporto di rispetto e di collaborazione, mentre oggi i genitori sono sempre pronti a scendere in armi contro la scuola e viceversa. Oggi questa alleanza si è rotta.
Quali conseguenze ha questa rottura?
Genera un senso di insicurezza e di falso potere nei ragazzi, che si rendono conto di poter far correre tutti. E spesso ci riescono.

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