Cultura e Società

Cibo e adolescenza: “In pandemia sono aumentati i disturbi”. Corriere Romagna 5/2/22 Intervista a C. Carnevali

8/02/22
Cibo e adolescenza: “In pandemia sono aumentati i disturbi”. Corriere Romagna 5/2/22 Intervista a C. Carnevali

GLUCK (Hannah Gluckstein), 1920

Parole chiave: emergenza adolescenti, anoressia

Cibo e adolescenza: “In pandemia sono aumentati i disturbi”. Corriere Romagna 5/2/2022 Intervista a Cinzia Carnevali

Per far fronte ai sentimenti di tristezza sono ricorsi alla maniacalità. Subiscono l’assenza di contatti

Intervista a Cinzia Carnevali di Luca Balduzzi

Corriere Romagna 5 febbraio 2022

Introduzione: Con le limitazioni imposte dalla pandemia, gli adolescenti hanno dovuto rinunciare alla socialità e agli scambi fisici ed emotivi necessari per la costruzione della loro identità. Il profondo malessere causato da questa privazione ha provocato, come osserva Cinzia Carnevali in questo articolo, la comparsa di disturbi alimentari e comportamenti impulsivi e distruttivi (Maria Antoncecchi).

Cinzia Carnevali psicologa, psicoanalista, membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana e dell’IPA

Corriere Romagna 5 febbraio 2022

Cibo e adolescenza: “In pandemia sono aumentati i disturbi”.

Per far fronte ai sentimenti di tristezza sono ricorsi alla maniacalità. Subiscono l’assenza di contatti

Intervista a Cinzia Carnevali di Luca Balduzzi

Cinzia Carnevali, psicoanalista SPI, la pandemia ha modificato anche le abitudini alimentari dei ragazzi?

«Si, aumentando la tendenza a mangiare di più in casa e a compensare con il cibo il senso di solitudine. La pandemia ha fatto emergere e aggravato i disagi degli adolescenti che sono stati feriti nella loro costruzione identitaria e vitalità. Per far fronte ai sentimenti di sofferenza e tristezza sono ricorsi alla maniacalità, sia con la bulimia, per non sentire l’angoscia e il dolore del vuoto con l’illusione di riempirlo, sia con l’anoressia, negando in maniera autarchico-onnipotente il bisogno di cibo. L’aumento dei casi di anoressia non è solo collegato al senso  di impotenza e di frustrazione per non poter uscire di casa, ma anche alle ansie persecutorie provocate dalla proibizione di “avere contatti”. Ciò ha favorito l’insorgenza di fobie riguardanti il cibo, immaginato come fonte di trasmissione del virus, con meccanismi di ritualità ossessiva come lavarsi ripetutamente le mani».

Il cibo è convivialità e condivisione. La distanza fisica ha cambiato l’atteggiamento nei suoi confronti?

«Sedersi a tavola ha il significato di stare in relazione. Prima della pandemia, l’incontrarsi fra ragazzi nei locali, nei bar, in un clima fiducioso, veniva vissuto come piacevole e favoriva gli scambi e il piacere della convivialità. I ragazzi, dopo il trauma della pandemia e delle necessarie misure di sicurezza, hanno dovuto adattarsi, ritirandosi e frenando la loro indole di sana ribellione. Hanno subito una repressione,sentita come ingiusta, che ha fatto loro sentire un senso di smarrimento e rabbia causa la perdita di punti di riferimento non ancora consolidati. In certi casi la rabbia ha portato a esplosioni di violenza e di rifiuto indiscriminato, quindi anche al rifiuto del cibo. Con il lockdown i rapporti interpersonali, scolastici o sociali, si sono dislocati dallo spazio fisico e reale ad uno spazio virtuale. Tale spostamento ha comportato l’esclusione del corpo».

Che altro ha contribuito?

«La pandemia ha provocato delusione per la perdita dei compagni e degli scambi in presenza, e una tendenza al ritiro e alla regressione. Questo riguarda anche il rapporto con il cibo. Mi raccontano che spesso ricorrono “al pane e nutella” o alle patatine, come a trarre soddisfazione da modi infantili, dimenticandosi dell’ampliamento del menù dovuto all’autonomia conquistata crescendo».

Cosa monitorare per evitare pericoli per la salute?

«Bisogna fare attenzione al comportamento dei giovani che mostrano ritiro familiare e  sociale, per esempio rimanere in camera nei momenti del pasto o rimanere a letto, non uscire per andare a scuola o incontrare gli amici, arrivando a confondere il giorno con la notte. Possono preoccupare comportamenti impulsivi e rabbiosi con spinte distruttive contro tutto e tutti, mancanza di cura della propria persona, perdita di stima e fiducia nelle risorse proprie e altrui. Sono aumentati i tentativi di suicidio dei giovani; l’anoressia rientra nelle patologie autodistruttive e in casi estremi potrebbe rappresentare un suicidio mascherato».

Stare in famiglia ha fatto riscoprire la convivialità a casa. E’ percepita come più sicura perché avviene in famiglia?

«Da un certo punto di vista sì. Il fatto di stare in uno spazio familiare, protetto e che fornisce costanza ambientale può far sentire più sicurezza e fornire il calore, l’amore, necessario a un buon contatto con i genitori più presenti e più capaci di curare una buona alimentazione. C’è però il rischio che anche lo spazio familiare procuri delusione e rabbia, che la presenza sia più conflittuale del previsto e che la sicurezza vada a discapito dell’autonomia e della crescita. Spesso i genitori  pensano di esercitare la loro autorità insistendo eccessivamente sul mangiare senza dare ascolto veramente ai bisogni dei figli, non rendendosi conto che in questo modo rischiano di aggravare la pressione della realtà esterna che i ragazzi più fragili possono non reggere, invece di arginarla».

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