REPUBBLICA SERA – 25 agosto 2015
Chiedi alla polvere lei ti insegna a rialzarti
INTROUZIONE ; su Repubblica lo strumentario clinico-teorico ed emotivo nella lettura di uno psicoanalista, appassionato di sport, Roberto Goisis. Analista della Società psicoanalitica italiana, legge le alterne vicende dei campioni nella capacità di addestramento a combattere legato alle “cadute” nella vita. “Biologia e ambiente circostante sono inscindibi”. (Vessella Silvia)
REPUBBLICA SERA – 25 agosto 2015
ROBERTO GOISIS
Ogni storia è individuale e irripetibile. Eppure una caduta sportiva, in termini di performance, non è così diversa dalle cadute professionali o da quelle emotive e sentimentali. Dipende da come si affronta, questa caduta. La crisi racchiude sempre in sé anche un’opportunità.
Basta riuscire a scorgerla e affinare gli strumenti caratteriali per farlo, come fossero lenti di ingrandimento. Se le pieghe depressive della caduta si fanno profonde per un senso di catastrofe e di rovina, allora la crisi viene percepita come un evento tragico dal quale non ci si può più riprendere. E si può arrivare al suicidio. Si uccide chi perde la persona amata. Si uccide un imprenditore che perde il lavoro, o la sua fabbrica.
Come hanno ampiamente dimostrato gli studi in campo neuro-scientifico, è vero che nasciamo con un bagaglio che non costruiamo da soli: è già scritto nel nostro codice genetico, come il colore dei nostri occhi. Ma è vero anche che le vicende che ci accadono possono modificare i comportamenti predeterminati geneticamente. Biologia e ambiente circostante sono inscindibili. Questi studi afferiscono al campo dell’epigenetica: le nostre reazioni dipendono
anche da cosa ci accade e da quanto siamo attrezzati per affrontarlo. Penso ad Andre Agassi e alle “ricadute del dio”. Campione, sprofondato nella polvere o nella terra rossa, o nell’erba, del campo da tennis. E poi risorto. Caduto ancora e ancora risorto.
Nel suo libro (Open, ndr) spiega perfettamente che cosa significa cadere e rialzarsi,
imparando da quella polvere, terra o erba che sia. Il fallimento rappresenta una ferita profonda della struttura narcisistica di una persona. Se la persona ha successo, ancora di più.
Per non essere schiacciati dalle frustrazioni e dalle sconfitte, dobbiamo essere attrezzati. E questo può avvenire sia per la nostra capacità di adattamento, sia per l’educazione che abbiamo ricevuto, sia con l’aiuto delle relazioni affettive costruite a partire dall’infanzia.
Veniamo a Balotelli. In un convegno ne ho parlato molto: è cresciuto con un fardello pesantissimo quale l’abbandono l’adozione, e con l’idea, costruita dagli altri e acquisita dal suo ego, di essere un semi-dio. Un super-io ipertrofico gli impedisce di aderire prima di tutto alle sue aspettative, oltre che a quelle degli altri, perché questa percezione
distorta di sé provoca uno scollamento dalla realtà. Quello che sta facendo il Milan adesso, secondo me, è verificare se un atleta, un campione che è caduto, riesce a rialzarsi e a dimostrare che può farcela. Credo che meriti una seconda chance.
Ai bambini bisogna insegnare a saper perdere. A tutti serve un addestramento alla sconfitta.
(Roberto Goisis appartiene alla SPI)