Cultura e Società

Byung-Chul Han, l’evaporazione dell’Altro Huffpost 21/2/22 di D. D’Alessandro

22/02/22
Byung-Chul Han, l’evaporazione dell’Altro Huffpost 21/2/22 di D. D’Alessandro

LEE BUL 2009

Parole chiave: filosofia, narcisismo, ritiro, internet

Byung-Chul Han, l’evaporazione dell’Altro Huffpost 21/2/2022 di D.D’Alessandro

“La digitalizzazione distrugge i ricordi e contatti fisici”. L’ultimo libro del filosofo sudcoreano sulla condizione dell’uomo all’inizio del terzo millennio

Huffpost 21, febbraio 2022

Introduzione: L’era digitale sta creando un mondo non tangibile dominato dalla scomparsa dei legami, dei ricordi e del rapporto con l’alterità. Una distorsione che spinge l’essere umano a ripiegarsi su stesso. Una riflessione del filosofo tedesco sudcoreano Byung-Chul Han sulla contemporaneità nel suo ultimo libro ’Le non cose. Come abbiamo smesso di vivere il reale’ nell’intervista di Davide D’Alessandro. (Maria Antoncecchi)

Davide D’Alessandro, saggista

 Huffpost 21, febbraio 2022

Byung-Chul Han, l’evaporazione dell’Altro

di Davide D’Alessandro

“La digitalizzazione distrugge i ricordi e contatti fisici”. L’ultimo libro del filosofo sudcoreano sulla condizione dell’uomo all’inizio del terzo millennio

Se evapora il Padre, qualcosa resta. Se evapora l’Altro, cosa resta? Resta il singolo, l’individuo, l’uomo solo davanti allo specchio che riflette inesorabilmente l’immagine di Narciso. È questa, per Byung-Chul Han, la condizione dell’umano all’inizio del terzo millennio. A essere evaporato, a essersi sciolto, a venire meno è l’Altro, ossia tutto, poiché senza l’Altro non è possibile essere, non è possibile vivere. Senza l’Altro, l’uomo si rifugia nell’Io più bruto, nell’individualismo narcisistico, nell’assoluta atrofia del pensiero.

A leggere “Le non cose. Come abbiamo smesso di vivere il reale”, edito da Einaudi, sembra di trovare nulla sotto il sole. Su cose e non-cose, su luoghi e non-luoghi, su analogico e digitale, su fotografia e selfie, su carta e display, su quanto avremmo clamorosamente perduto e su quanto avremmo illusoriamente conquistato, sono tanti gli autori che si sono espressi negli ultimi decenni. Eppure, ridefinire alcuni concetti, riesaminare alcuni stati d’animo, ripercorrere i tristi movimenti interiori di un essere modificato, serve al filosofo sudcoreano e tedesco per ribadire, dopo alcuni pregevoli lavori, l’inafferrabilità del mondo, la voragine aperta tra ciò che eravamo e sentivamo e ciò che siamo e sentiamo. Così, il possesso ha ceduto il passo all’accesso, costringendo l’uomo a non indugiare più presso gli oggetti, a non viverli più come compagni di viaggio, a non serbarli più fedelmente per sostenerne il ricordo, a scioglierne ogni legame, ogni legittimo richiamo al passato. Tutto è presente, qui e ora, momentaneo, provvisorio, privo di durata. Tutto è informazione e le informazioni non si lasciano possedere come le cose. Il mondo della vita è stato radicalmente trasformato, passando dalle cose alle non-cose, dall’ordine terreno al cloud digitale.

Gli oggetti autistici, lo smartphone su tutti, sono oggetti narcisistici, oggetti duri e non morbidi, come quelli transizionali, e non prevedono il confronto con l’Altro, la relazione con l’Altro. Percepisci te stesso, non l’Altro, promuovi te stesso, non l’Altro, sei solo e comunichi, comunichi, comunichi, perché ti manca la presenza dell’Altro, il respiro dell’Altro.

A questo rumore, a questo frastuono informativo, Han oppone il silenzio, lo stare in ascolto, l’atteggiamento religioso per eccellenza, il sacro tacere che eleva alla vita divina. Fare silenzio per ritirarsi. Egli convoca filosofi, sociologici, pensatori di rango, per sostenere la sua tesi, i suoi timori, la sua nostalgia per i tanti oggetti perduti e non più recuperabili. Come non è recuperabile il juke-box, la digressione che chiude il libro: “Le cose rendono il tempo tangibile, i riti lo rendono calpestabile. La carta ingiallita e il suo odore mi scaldano il cuore. La digitalizzazione distrugge ricordi e contatti fisici”.

Sui mutamenti fisici indotti dal digitale, sui tanti ragazzi danneggiati dall’eccessiva esposizione al mondo virtuale, Han avrebbe potuto convocare anche Franco De Masi, psichiatra e psicoanalista, che più volte ha spiegato come l’uomo del terzo millennio si guardi intorno smarrito, perso, finito sul lettino per ritrovare sé stesso, poiché soltanto ritrovando sé stesso potrà tornare a incontrare l’Altro. Anche l’analisi è una modalità silenziosa, ma non di rinuncia e di rifugio. È una modalità silenziosa per riappropriarsi di sé e rilanciarsi nel mondo, nel confronto e, perché no, nel conflitto con l’Altro, anche attraverso la tecnologia e i suoi strumenti, che diventano mostri se non sappiamo cosa sono e come utilizzarli. Il confine tra usarli ed essere usati è sottile. La consapevolezza è l’unica soluzione, ma non si compra al supermercato. Leggere i libri di Han e sdraiarsi sul lettino possono aiutare ad acquisirla e a tenerla con sé per sempre, come una cosa morbida, come un oggetto da serbare. Un oggetto non duro che dura.

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