
Parole chiave: Stati affettivi, Inconscio, corpo, relazione analitica, informazione vitale
“Anna Ferruta, ascoltare con gli occhi l’altro sconosciuto” di Tiziana Bastianini, Il Manifesto del 2/03/2005
Il Manifesto del 2/03/2005
Anna Ferruta, ascoltare con gli occhi l’altro sconosciuto
di Tiziana Bastianini
Iscritti all’interno di quel «discorso vivente» di cui parla André Green nel suo saggio tradotto da Astrolabio con il sottotitolo La concezione psicoanalitica dell’affetto, gli studi di Anna Ferruta discendono da una concezione della relazione analitica che si estende dal corpo al linguaggio, in cui gli stati affettivi sono il mezzo mediante il quale vengono trasmesse informazioni vitali. Le concettualizzazioni espresse nel suo ultimo libro – Una finestra sulla psicoanalisi (Cortina, pp. 240, e 15,00) illuminano e contemplano la complessità e le sfide poste al metodo psicoanalitico, indagano i dispositivi volti a rivelare-costruire le numerose forme in cui il nostro inconscio comunica, dando espressione a un universale bisogno di pensabilità della mente. Suddivisi in dodici brevi capitoli, i testi sono connotati dalla necessità di “tenere insieme” la laboriosità dell’indagine sul vivente, senza rigide polarizzazioni teoriche, in un processo vivo, in grado di incontrare l’alterità in tutte le sue declinazioni: nella stanza d’analisi e fuori.
L’autrice, ci rivela il suo passaggio segreto: “dopo aver attraversato navigazioni in acque calme e tempestose, ho seguito il flusso del sogno e ho scelto per il mio scritto una composizione complessa.” Fa da contrappunto a questa complessità vissuta nel corso della sua lunga esperienza clinica, un riflettere teoricamente che non si discosta mai troppo dal vissuto e dal fenomeno che intende indagare. L’elaborazione secondaria è ovviamente ricca, articolata, piena di rimandi teorici e bibliografici, ma sempre aderente a quei livelli dell’elaborazione psichica e del modo di comunicarla a chi la legge, che rivelano la profonda familiarità intrattenuta dall’autrice con le numerose dimensioni dello psichico e della sua cura.
Sostando sull’immagine della finestra evocata nel titolo, e con gli scritti di Masud Khan nella memoria, si potrebbe pensare allo sguardo della autrice-psicoanalista come a un suo “udire con gli occhi”, che implica il conoscere l’altro anche mediante l’esperienza – appunto – dello sguardo, che solo “momentaneamente” per lo psicoanalista è muto. Masud Khan aveva tratto il titolo del suo capitolo dall’ultimo verso del ventitreesimo sonetto di Shakespeare, “Udire con gli occhi appartiene al fine ingegno d’amore”, a indicare la necessità di rendersi sensibili a ciò che percepiamo dell’immagine del corpo, a ciò che esso può lasciarci intendere, nel controtransfert indotto dalla relazione con gli analizzati. L’iconografia corporea è in grado di articolarsi in una propria grammatica e semantica che emerge nelle logiche della parola psicoanalitica, in grado di aprirsi agli innumerevoli rimandi che la percezione dell’analista può cogliere e comunicare al paziente, tramite la qualità della sua presenza e della sua partecipazione. Sono costrutti intersoggettivi della vita psichica, questi, che devono poter essere tenuti in tensione dialettica con quella che Anna Ferruta ritiene essere la dimensione autopoietica del soggetto. «Voglio far notare e sottolineare – affermava Winnicott nel 1965 – l’importanza del concetto dell’isolamento permanente dell’individuo e sostenere che nel nucleo dell’individuo non c’è alcuna comunicazione con il mondo del non-me… La protezione gelosa dell’isolamento personale fa parte della ricerca dell’identità e dell’istituzione di una tecnica personale di comunicazione che non implichi la violazione del sé centrale». È una concezione quest’ultima, molto cara ad Anna Ferruta, al suo tenere insieme in una dialettica inscindibile la dimensione autopoietica del soggetto e la necessità di ogni vivente di nutrirsi e crescere all’interno di un ambiente idoneo. La presenza affettiva dell’analista nella cura fondata sulla coppia concettuale Transfert -Controtransfert non cessa mai di intrecciare passato e presente. Non a caso, infatti, Ferruta interseca i propri fili teorici riannodando il qui ed ora e il lì e allora dell’esperienza, ancora una volta in una “scena analitica” capace di tenere insieme la politemporalità dell’inconscio.
Scrive Jean-Bertrand Pontalis: “l’inconscio, non dovrebbe chiamarsi Memoria? Una memoria che trascende l’ordine temporale? …La memoria è “un essere psichico”, forse il nostro essere psichico”. Quella di cui parla lo psicoanalista francese è una memoria viva, in grado di creare e connettere tracce che prendono forma “nel gioco” della libera associazione. E’ una parola associativa che non obbedisce più al processo secondario, ovvero alla capacità di dilazionare la scarica delle pulsioni, e si connette direttamente con la psiche dell’analista che fluttua, nella sua attenzione sospesa, per dare vita a quell’accoppiamento creativo in grado di dare voce… allo sconosciuto.
Nel canone teorico e emotivo di Anna Ferruta, questa indagine necessita di un lavoro psichico che aspiri a dare significato a un territorio interiore appartenente all’essere, prima di “essere colui che parla”: in cui le emozioni, gli stati affettivi pervasivi, comunicano all’altro la necessità di una esperienza condivisa. René Roussillon – ci ricorda Anna Ferruta – chiama “polifonico polimorfo” questo tipo di ascolto, attento alle forme che prendono i diversi processi di soggettivazione nel farsi di un’esperienza psicoanalitica libera di oscillare tra stabilità e movimento vitale.