Un bel ricordo di Daniel Stern da parte di Massimo Ammaniti ed una interessante ricognizione, seppur succinta, dei suoi importanti contributi scientifici.
Silvia Vessella
Repubblica 14.11.12
Addio a Daniel Stern, cambiò la psicoanalisi
È morto a Ginevra il grande studioso del rapporto madre-bambino
di Massimo Ammaniti
È scomparso in questi giorni a Ginevra lo psicoanalista americano Daniel Stern, molto conosciuto in Italia per i suoi libri e per la forte presenza nel mondo universitario, nei seminari annuali dell’Istituto italiano per gli studi filosofici a Napoli. Grande merito di Stern, è di aver rivoluzionato la nostra concezione della mente umana. Il mondo psicoanalitico americano, dove si è formato, era ancora fortemente influenzato dalla Psicologia dell’Io e in particolare dalla lezione di Rapaport – da un modello della mente rigido e autocentrato. Sempre in questa prospettiva si era mossa Margaret Mahler che aveva riaffermato il carattere addirittura autistico del mondo del lattante, riprendendo la metafora freudiana dell’uovo che contiene al suo interno le sostanze nutritizie. È con una ricerca del 1977 che Stern sbaraglia questa concezione monadica del lattante descrivendo le interazioni fra una madre e i due figli gemelli nei primi mesi di vita: mentre con il primo lo scambio è soddisfacente, con l’altro vi è un reciproco rincorrersi senza mai incontrarsi. Questa ricerca, come altre realizzate nel suo laboratorio alla Cornell University, è la base su cui Stern costruisce una nuova concezione dello sviluppo umano, che si intreccia fin dai primi attimi di vita con l’altro, con la storia, con il mondo dei significati intersoggettivi.
Nel 1985 viene pubblicata la sua opera più organica – Il mondo interpersonale del bambino (Bollati Boringhieri) – che mette a confronto la psicoanalisi con la psicologia dello sviluppo: Stern ripercorre le tappe che portano alla costruzione del sé infantile non solo dal punto di vista del comportamento ma anche dell’esperienza soggettiva, del modo in cui ci si apre agli altri. È un libro che mette in discussione molte certezze della psicoanalisi, anche perché le nuove concezioni si basano su un rigoroso lavoro di revisione scientifica che esclude ogni conclusione impressionistica, poco giustificata. Nonostante l’attenzione si concentri sul mondo del bambino, le sue implicazioni riguardano l’intero edificio teorico e clinico della psicoanalisi, con reazioni molto contrastanti: c’è chi pensa che il modello psicoanalitico non può rimanere ingessato evitando il confronto con altre discipline scientifiche, ma anche chi respinge le tesi di Stern come del tutto estranee alla psicoanalisi. Il suo gusto creativo per la ricerca comunque non si ferma e si indirizza sempre più al campo clinico, com’è testimoniato da Il momento presente (Cortina, 2005). Qui l’attenzione viene rivolta allo scambio fra terapeuta e paziente secondo il codice implicito – attraverso la mimica, la gestualità, la postura del corpo, l’inflessione e l’intonazione del linguaggio, tutti elementi determinanti nello scambio e nella comprensione immediata dell’altro. E’ in questo contesto relazionale che possono verificarsi i cosiddetti “now moments”: è l’incontro intenso fra due menti a rivelare improvvisamente verità profonde su se stessi e sul rapporto intersoggettivo. Momenti decisamente trasformativi.
Negli ultimi anni Stern ha poi affrontato un tema abbastanza inesplorato dalla psicoanalisi: quello della vitalità, come esperienza fondamentale nella vita quotidiana, “sperimentata continuamente, come l’aria che respiriamo”. E profondamente radicata nel corpo. A questo proposito, vorrei concludere con un ricordo personale: solo una settimana fa ho parlato per l’ultima volta con Daniel Stern, ricoverato in ospedale. Quando gli ho chiesto come stava, mi ha risposto “we are still alive” (siamo ancora vivi), sottolineando ancora la profonda vitalità del suo stare al mondo e la dimensione intersoggettiva che come sempre ci legava.