Parole chiave: 25 Aprile, Musatti, Psicoanalisi
25 aprile e psicoanalisi
Intervista a Sarantis Thanopulos, Presidente della SPI
di Davide D’Alessandro
Anche la psicoanalisi finì sotto l’impietosa scure del fascismo. La Rivista di Psicoanalisi, organo ufficiale della SPI, fu vietata dal regime fascista nel 1934, due anni dopo la nascita, e nel 1938 fu sciolta la stessa Società. Cesare Musatti fu allontanato dall’insegnamento universitario e tanti psicoanalisti ebrei furono perseguitati. Toccò a lui rifondare la Rivista nel 1954. Il giorno della festa di Liberazione ho voluto ascoltare Sarantis Thanopulos, che della SPI è Presidente dal 2021.
Che cosa rappresenta per la SPI il 25 aprile?
Tanto, tantissimo, anche se la ricorrenza del ci trova quest’anno in maggiore difficoltà rispetto all’anno scorso. Siamo immersi in un cupo clima di guerra senza che una via di uscita credibile appaia all’orizzonte. Si moltiplicano invece gli indizi dell’affermazione di una logica di guerra permanente e la ragionevolezza, dissociata dai desideri e dai sentimenti, è diventata razionalità calcolatrice, la forma più grave della cecità umana, chiusa nella sua suicida vanità. Nel nostro paese e in Europa, si moltiplicano le spinte dissolutive dell’unità tra i popoli e al loro interno e i pericoli di destabilizzazione della democrazia. Più che mai dobbiamo far ricorso al nostro spirito di resistenza al fascismo e ad ogni forma di totalitarismo, evitando di cadere nella trappola della “resilienza”, lo spirito fatale del continuo adattamento al sempre peggio. Dobbiamo resistere alla tentazione della “servitù volontaria”: l’adesione passiva alle relazioni e comunicazioni impersonali e l’abitare distratti e isolati gli uni dagli altri gli spazi conviviali che ci predispongono a vivere come monadi tenute insieme da schemi di pensiero/azione massificanti e ci fanno diventare ingranaggi di un unico organismo fagocitante, anonimo e disumanizzante. Rischiamo diversamente l’asservimento all’ Uno, il principio uniformante che, come ha mostrato A. Green, corrisponde alla dissoluzione delle relazioni e al “Neutro”.
Che cosa può la psicoanalisi, che cosa possono gli psicoanalisti?
Gli psicoanalisti sanno, perché questo è il cuore della loro relazione di cura con l’altro, che nei momenti di crisi, quando la macchina della ripetizione porta inesorabilmente verso la cattiva sorte, l’alternativa tra andare avanti o tornare indietro è falsa, fuorviante. Bisogna uscire dal dispositivo infernale della linearità dell’azione, degli obiettivi che si esauriscono nel loro raggiungimento, già predeterminati nella loro sterilità performante. Diventa necessario allargare lo spazio e il tempo dell’esperienza, dislocare le visuali, scoprire nuovi, inesplorati panorami, trasformare la performance in sperimentalità, costruire soluzioni che creano passaggi, connessioni, nuove vie di circolazione dei desideri, dei sentimenti, dei pensieri: vie che fanno respirare la materia della nostra esistenza e rendono il vivere intenso, profondo e significativo. Quando la gamba sta per andare in cancrena, bisogna fare entrare ossigeno nelle arterie non pensare alle protesi meccaniche.
Dal 24 al 26 maggio si terrà a Roma il XXI Congresso nazionale della SPI con il titolo “Psiche e Polis”. Che vuol dire?
Che celebriamo la nostra capacità di resistenza (la resistenza della vita). Celebriamo chi ha da dato la vita perché noi possiamo ancora sentirci vivi e desideranti. Celebriamo la Polis in cui la psicoanalisi vive e respira come sapere di cura di sé e dell’altro dalle radici tragiche, antiche. La Polis non è una massa di gente che si muove secondo assunti di attacco e fuga, di obbedienza a una “suprema guida” o di attese messianiche. È una comunità, disse Aristotele, di persone diverse tra di loro, ma pari. Le relazioni tra i suoi membri sono vere, autentiche e significative quanto più sono fondate sulla parità tra i soggetti desideranti che è il principio fondamentale della cura psicoanalitica. Tutto questo mi fa ancora dire: viva il 25 aprile!