Angelo Battistini- Il Resto del Carlino- 1 marzo 2015
Difficile per lo psicoanalista sottrarsi al bisogno di riflettere e cercare di dare un senso al tragico gesto di Andreas Lubitz, il co-pilota tedesco che ha scelto di togliersi la vita portando con sé 150 ignari sventurati, anche se non potremo mai sapere come davvero siano andate le cose, dal momento che sul funzionamento di una mente è possibile fare affermazioni attendibili solo all’interno di una relazione profonda. Possiamo comunque fare qualche ipotesi a partire dai pochi dati certi che i media hanno diffuso. A prescindere da etichette diagnostiche, del tutto aleatorie – si è parlato di depressione, di psicopatia, di “psicosi bianca”, caratterizzata da un angoscioso sentimento di vuoto affettivo e rappresentazionale – sappiamo che pochi anni fa’ Lubitz aveva sofferto, nel periodo in cui frequentava il corso per divenire pilota, di seri disturbi psichici per cui fu curato per almeno sei mesi, sappiamo che ha continuato a curarsi, che aveva nascosto certificati che lo dichiaravano parzialmente inidoneo a pilotare e lasciavano intravvedere la possibilità che il suo sogno di diventare primo pilota di linea sarebbe stato infranto. Una recente fidanzata ne ha descritto la fragilità emotiva, gli scoppi d’ira incongrui ed ha ricordato le sue inquietanti parole “un giorno farò qualcosa per cui tutti mi ricorderanno”. Non è molto ma consente d’ipotizzare che la tormentata mente di Lubitz fosse percorsa da angosciose fantasie distruttive e autodistruttive, con intensi sentimenti d’inadeguatezza e rivendicazione, e che accarezzasse da tempo l’idea terribile e grandiosa di compiere un gesto eclatante di rivalsa su un mondo per lui crudele, con cui uscirne in modo clamoroso, tanto da rimanere nella storia. Tutto ciò evidenzia i limiti del protocollo dell’Easa (agenzia europea per la sicurezza aerea) che prevede che i piloti facciano regolarmentetutta una batteria di esami medici ma che non comporta un regolare “monitoraggio” psicologico, previsto solo nel caso in cui il medico di medicina generale lo richieda.Un monitoraggio che, a mio parere, potrebbe essere assai più efficace se, ad esempio, a ogni pilota fosse richiesto di fare regolarmente ogni mese un colloquio clinico con uno psicoanalista.