ANSA (CRO) – 15/01/2015 – 14.01.00
Il “foreign fighter”,uomo tra 20-30 anni bravo con tecnologia
Psicoanalista:a base scelta solitudine e mancanza progettualità
INTRODUZIONE: L’Ansa si interroga sulla personalità dei Foreign fighters. Risponde la psicoanalista Teresa Lorito, che ne rintraccia interessanti caratteristiche comuni e possibili matrici psicologiche. (Silvia Vessella)
Fragilità, difficoltà di appartenenza e di progettualità, senso di solitudine. Sono questi alcuni meccanismi che possono portare a diventare “foreign fighters”, combattenti stranieri che aderiscono all’islam radicale, secondo Teresa Lorito, psicoanalista della Spi (Società Psicoanalitica Italiana). “Tracciare un profilo del foreign fighters non sarebbe possibile, perché sono troppi i fattori di tipo individuale e di gruppo che entrano in campo – aggiunge l’esperta – tuttavia esistono caratteristiche comuni, che ci permettono di dire che si tratta prevalentemente di uomini, di età compresa tra i 20 e i 50 anni – ma la fascia d’età più importante e’ quella tra i 20 e i 30 – , molto bravi con la tecnologia e che in diversi casi sono stranieri di seconda o terza generazione. Sono stati i loro nonni o genitori a incontrare difficoltà che li hanno costretti ad emigrare dal Paese di origine, tuttavia queste persone, per effetto di una trasmissione fra le generazioni, sentono su di loro il peso delle difficoltà affrontate dai propri cari. Odiano l’Occidente, da cui si sentono trattati male, non accettati e che quindi per questo deve pagare”. “Il fatto che i foreign fighters siano prevalentemente uomini non deve sorprendere – spiega Lorito – nell’islam la donna e’ velata, sta a casa, e’ dedita al maschio e alla famiglia : nella percezione di noi occidentali ciò dovrebbe farla soffrire ma non e’ detto sia così. Colei che si converte all’islam può trovare in questa scelta una stabilizzazione del proprio ruolo, risolvere un problema identitario e di difficoltà a confrontarsi con famiglia, lavoro e altro”. “Accanto alla religiosità, che porta con se’ la jihad e la promessa di un aldilà meraviglioso , non va trascurato per i ‘foreign fighters’ neppure lo sviluppo di un percorso cosiddetto di disumanizzazione – conclude l’esperta- si toglie la caratteristica di persone alle vittime, ma anche a se stessi, quindi si uccide e ci si fa a propria volta ammazzare”.