Christian Moser (2010)
Raffaello Cortina, pag. 150
Disegnato con tratto morbido e accattivante, munito di sigaro d’ordinanza, lo sguardo tra il minaccioso e l’inquisitorio – il personaggio è pur sempre tra i padri della “logica del sospetto” – e con alle spalle il mitico divano ricoperto da uno Shiraz d’annata dietro cui, ghignante, occhieggia un mostriciattolo – uno dei “mostri” che abitualmente albergano nell’inconscio, già stanato intrepidamente dal Nostro che tuttavia sembra ancora far resistenza, nascondendosi dietro il divano! – ebbene, ecco Sigmund Freud campeggiare sulla copertina di un agile volumetto della Cortina: Sigmund Freud, Il leggendario divano svela tutti i segreti, raccontato e illustrato da Christian Moser. E qui già un soprassalto, per chi abbia a mente gli Studi sull’Isteria: questo Christian Moser non sarà mica un rancoroso discendente della famosa paziente di Freud, Emmy von N., pseudonimo della baronessa Fanny Moser (appunto!), trattata da Freud nei suoi primi ancora incerti anni di pratica clinica, e solo dopo molti lustri da lui riconosciuta come micidiale manipolatrice, “my bad diagnistic error“, come chiunque può apprendere consultando l’articolo pubblicato da C. Tögel sull‘International Journal of Psychoanalysis del Dicembre 1999. Se il sospetto di una parentela trovasse conferma, il volume che ci accingiamo a sfogliare – e qui un brivido corre lungo la schiena – potrebbe rivelarsi una vendetta transgenerazionale per distruggere l’onorabilità di Freud e gettar fango sulla disciplina da lui fondata. Il timore di un’operazione di sordido dossieraggio sembra peraltro ricevere conferma dalla quarta di copertina, che recita: «Nessuno è stato più vicino a Freud dell’autore di questa biografia, il mitico divano! Dopo un secolo passato nell’ombra, finalmente rompe il silenzio e racconta tutta la verità sul padre della psicoanalisi».
A molti, una biasimevole mancanza di rispetto era già parsa la pubblicazione di un Freud a fumetti, di Appignani e Zorate, apparso nel 1994 per i tipi della Feltrinelli, e spacciato come tentativo di divulgarne vita e idee presso un pubblico più vasto … magari i ggiovani … il linguaggio dei fumetti è loro più familiare, e giustificazioni di tal sorta; onor del vero, nella stessa collana comparvero anche un Kafka e un Wittgenstein a fumetti, ma a mio avviso era solo fumo negli occhi, l’interpretazione autentica è che anche allora volevano – non chiedetemi chi – distruggere la psicoanalisi! E in effetti, c’è forse qualcuno di voi che ha visto un paziente, dico uno, che si è detto spinto a chiedere un’analisi perché ha letto Freud a fumetti?
Tremebonda, ho dunque aperto il libro, ho passato al vaglio minuziosamente ogni singola illustrazione, mi sono soffermata su ciascuna parola e frase del testo alla ricerca di ciò che poteva esitare negli interstizi del non detto, scorrendo con attenzione certosina tutti i 41 capitoletti, il Prologo, l’Epilogo, le Osservazioni Conclusive e l’imperdibile Cronologia dell’autore (ossia del divano): posso assicurarvi che non si tratta dell’11 settembre della psicoanalisi. I filosofi hanno da preoccuparsi ben più di noi, in quanto assai più lesivo per la dignità di Socrate è stato il monologo Vedova Socrate di Franca Valeri, ove la petulante e prosaica Santippe demolisce ferocemente il grande filosofo, ritraendolo nella quotidianità coniugale di bagno /letto/ cucina; e cosa dire dello scandalo che investì le religioni che si richiamano alla Bibbia, e certamente anche l’Autore dell’antichissimo testo, per il disinvolto parere di lettura vergato da un incauto redattore, riportato in Diario Minimo (1963) di Umberto Eco, di cui cito un breve passaggio per mostrarvi a quali livelli si può arrivare: «Devo dire che quando ho cominciato a leggere il manoscritto, e per le prime centinaia di pagine, ero entusiasta. È tutto azione e c’è tutto quello che il lettore oggi chiede a un libro di evasione: sesso (moltissimo), con adulteri, sodomia, omicidi, incesti, guerre, massacri, e così via. L’episodio di Sodoma e Gomorra con i travestiti che vogliono farsi i due angeli è rabelesiano, le storie di Noè sono puro Salgari ….».
A fronte di tali operazioni, siano esse mosse d invidia e malevolenza, o da grossolana ignoranza e superficiale fraintendimento, cosa volete che sia, nel libro di Cortina, il tentativo di avvalorare i pettegolezzi di corridoio su un Freud primogenito compiaciuto e convinto della propria superiorità, narcisizzato dalla madre; despota che chiedeva venerazione e obbedienza a familiari e allievi, sempre con l’angoscia di essere superato da qualche allievo più creativo e brillante; addirittura individuo sessualmente represso – lui! – che avrebbe cercato di fare di necessità virtù, come il divano/narratore insinua in questo brano: «Se … si impara a deviare le pulsioni indirizzandole in modo più sensato, cioè se le si sublima, allora si può ottenere una straordinaria produttività intellettuale. Ma chi è in grado di riuscirvi, se non naturalmente un certo Sigmund Freud? Per questo, il professore sosteneva per i giovani la libertà sessuale!» (76).
Ricordiamoci che la gola profonda sulle cui rivelazioni si basa il libro è in fondo un umile divano. È ben noto che spesso le biografie di uomini illustri – di coloro che si stagliano ad altezze irraggiungibili per gli altri umani – quelle redatte attingendo ai ricordi del maggiordomo o di chi gli lavava la biancheria, soffrono di una angustia di prospettiva. Sappiamo che ogni discorso è “posizionato”, e la prospettiva di un divano è notoriamente bassa, per tacere poi sulle dinamiche di idealizzazione/svalutazione etc. etc…
Va pur detto che il divano in questione, a furia di ascoltare pazienti, interpretazioni, discussioni fra i fedelissimi del Mercoledì, mostra tuttavia di aver imparato qualcosina di psicoanalisi, se non altro per una pseudoidentificazione imitativa al Professore – per non dire che ha cercato avidamente e invidiosamente di appropriarsi del di lui sapere – e per esempio, a proposito del colpo di fulmine di Sigmund per Martha, discetta con competenza: «Un bel pomeriggio [Freud] tornando a casa dall’università, trovò nel salotto di casa un’amica della sorella che sbucciava graziosamente una mela: Freud si innamorò all’istante. La simbologia sessuale di certi frutti è ormai nota a tutti: lo stesso atto di sbucciare può tranquillamente essere associato al rimuovere altri rivestimenti» (29).
Chissà se il lacerante conflitto di amore/odio che il divano manifesta in questo libro per il suo celebre padrone, avrebbe avuto modo di stemperarsi, di venire più armoniosamente integrato, se il nostro divano avesse avuto notizia della mostra che gli era stata dedicata in occasione del XIV Congresso della SPI, intitolata: “Il lettino come simbolo della psicoanalisi”, in cui gli veniva reso il dovuto omaggio, riconoscendone il ruolo di dispositivo principe, indispensabile strumento evidenziatore della vita psichica inconscia (potete verificare andando sul questo sito alla mostra sul lettino ).
Concludo la mia scheda sul libro proponendovi alcune illustrazioni, perché anche se Sigmund Freud. Il leggendario divano svela tutti i segreti non è un fumetto, né un graphic novel, utilizza tuttavia accanto alle parole anche immagini “parlanti”, dove testo e figura vanno a comporre un esilarante resoconto dei difetti, vizi, tic, manie – e qualche virtù – di uno dei giganti del pensiero del ‘900.
Maria Grazia Vassallo
Dicembre 2010