SIAMO TUTTI DIVERSI! PER UNA TEOLOGIA QUEER (Castelvecchi, 2016)
FEDE E LIBERTÀ (Castelvecchi, 2017)
di Teresa Forcades
Recensione di Sabrina Pazzaglia
Parole chiave: #queer, #teologia queer, #femminismo, #libertà
Teresa Forcades, suora benedettina di clausura nel monastero di Montserrat, medico, formata in America in medicina interna e nella teologia femminista, dottorata in Salute Pubblica ed in Teologia a Barcellona, è una persona sorprendente.
Con il suo pensiero ed esempio di vita dimostra come si possa vivere una dimensione mistica dell’esistenza assieme all’attenzione critica ed all’impegno verso i temi della contemporaneità.
“Siamo tutti diversi!” è un libro a cura di Cristina Guarnieri e Roberta Trucco, composto da una lunga intervista in cui Teresa si racconta, intrecciando il suo pensiero alle esperienze di vita, raccontate in modo intimo e sorprendentemente tenero, con un approccio che ce la fa sentire subito vicina ed amica.
Dopo un periodo di studi in America dove frequenta un corso biennale in teologia femminista e la specializzazione in medicina interna, Teresa decide di ritirarsi un mese nel monastero di Montserrat in Catalogna per prepararsi all’esame finale di specializzazione. E qui sente una familiarità ed un innamoramento che la cattura e la sorprende. Nonostante un’antica frequentazione di luoghi religiosi, ha pregiudizi verso le suore ed è divertente il modo in cui decide di mettere alla prova la propria adattabilità al convento: le chiedono in quanto medico una lezione sull’aids, lezione che Teresa affronta con atteggiamento di sfida introducendo il tema della omosessualità e parlando dell’esperienza di un amico, immaginando di scandalizzare le suore, per lo più anziane, e di aspettarsi commenti dogmatici. Teresa si trova invece a confrontarsi con un interesse vivo, affettuoso verso le persone malate: “sentii che volevo vivere così: non passando da tema a tema ma da persona a persona. Dovevo rivedere tutto dentro di me” (pag.80, Siamo tutti diversi).
Divertente è anche il modo in cui descrive come la decisione di farsi suora sia stata presa dalla sua famiglia d’origine: al padre “essendo un uomo molto poetico piaceva io stessi vivendo qualcosa di tanto straordinario”, “mia madre disse che mi avrebbe diseredata. E come avrebbe fatto, dissi io, visto che non aveva nulla? Mi diseredava in senso simbolico…” (pag 81, ibidem).
Teresa viene da una famiglia laica, di sinistra, padre sindacalista, madre infermiera, separati; lontana dalla Chiesa che, a quei tempi, era stata a lungo legata al regime fascista. Introduco il pensiero di Teresa con questo breve preambolo della sua vita per dare un’idea del tono lieve, piacevole, umile e spiritoso che percorre entrambi i libri.
Nel secondo libro “Fede e Libertà”, pubblicato un anno dopo, Teresa immagina di condurre il lettore in una sua giornata, scandita dalla preghiera e, ad ogni momento di preghiera, dedica un argomento della sua esperienza e del suo pensiero: nella preghiera del mattutino, alle 6, parla dell’amore che nella sua riflessione teologica è intimamente connesso alla libertà; poi, via via tratta di giustizia sociale, di sanità pubblica, di femminismo, della fede ed infine con la compieta della sera parla del perdono.
Il pensiero teologico di Teresa si fonda sull’esperienza della relazione con un Dio che ama nella libertà, nella diversità, ama così come siamo, ama la realizzazione delle caratteristiche proprie di ciascuno di noi.
Dio trinitario che in quanto tale comprende la diversità e la relazione con l’altro diverso da sé; composto da tre figure distinte (il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo) e tra loro in un movimento relazionale d’amore, movimento che comprende anche noi, movimento caratterizzato dal fare spazio attorno all’altro, aumentando la sua libertà (pericoresi). Così una relazione è d’amore se il proprio spazio di libertà viene aumentato, non ristretto, a modello dell’amore di Dio.
Su questo presupposto teologico, che riprende il pensiero dei mistici del XII secolo, come San Vittore, e le mistiche medievali, Teresa, già docente a Berlino di “Teologia Queer”, va oltre il genere, dichiarando che sì Dio ha creato uomo e donna a Sua immagine, ma poi, in Gesù Cristo, ha chiamato l’umanità a farsi Cristo, cioè a realizzarsi nella piena maturità come “pezzi unici, nella nostra originalità. Le persone che hanno un’identità sessuale che non collima con le categorie socialmente dominanti incarnano una queerness, una ‘stranezza’ che nel senso più profondo appartiene a tutti noi, poiché creati ad immagine di Dio e chiamati ad essere come Dio…” (pag.59, Fede e Libertà).
Su questa base teologica diviene ovvio per Teresa essere favorevole al sacramento del matrimonio omosessuale: “sono a favore del sacramento dell’amore tra due persone, sia etero sia omosessuali, a patto che fra loro vi sia un amore fatto del riconoscimento di quello spazio che circonda ogni persona e la comprensione che il matrimonio riguarda anche la comunità nella quale vivono. Il problema del matrimonio non è se sia etero o omosessuale, ma la qualità dell’amore che lo anima”(pag 125 Siamo tutti diversi).
Come non ricordare allora Julia Kristeva, sul matrimonio: “bisogna continuare a costruire la differenza, fino a sfiorare l’estraneità del partner” (pag 124, Del matrimonio considerato come un’arte, Donzelli, 2015). Il pensiero di Teresa è un pensiero della complessità, seppur espresso in modo semplice, comprensibile, alla portata di tutti. Un pensiero che non riduce la complessità del creato ma la contempla, nella sua meravigliosa molteplicità ed originalità.
Amore come agente e forza di vita, Amore che, nella fede di Teresa, viene da Dio, movimento che comprende circolarità ed inclusione, e, soprattutto, non può essere disgiunto dalla libertà, anche la libertà di rifiutare l’amicizia di Dio. Memore della teologia femminista Teresa parla di Dio al femminile, mostrando come già questa operazione cambi il senso del testo biblico: “Dio creatore in quanto madre che partorisce, sottolineando che ciò a cui viene data vita non è una parte della madre ma una realtà differente che, malgrado sia differente da lei, le è comunque legata organicamente” (pag17, Fede e Libertà).
Così Teresa, nel solco della tradizione femminista, affronta la crescita dei bambini nella società patriarcale mostrando come i ruoli di genere siano definiti culturalmente, e come si possa accedere ad un nuovo ordine simbolico che vada oltre il genere, un processo di decostruzione dell’identità socialmente definita, un processo che, citando Lacan, mette in contatto con il nulla, e per questo spaventa: “Uomini e donne sono chiamati ad avventurarsi in un processo personale che li porta in quello spazio che ho chiamato queer, uno spazio aperto in cui l’identità è da cercare, non è qualcosa di già dato. Lì ciascuno di noi è un pezzo unico, originale” (pag 71, Siamo tutti diversi).
La difficoltà in un percorso umano di questo tipo e il rimanere in una posizione legata alla differenziazione rigida dei generi porta ad un modello relazionale non caratterizzato da amore ma dal possesso. A questo proposito Teresa cita il pensiero di Julia Kristeva per dare conto della violenza maschile sulle donne. Gli uomini, il cui primo incontro nella vita è stato, come per le donne, un corpo femminile da cui ricevere conforto e nutrimento, non potendo in età adulta, come invece è possibile per le donne, identificarsi in un corpo di donna, di fronte alla frustrazione saranno portati a regredire e ad esigere con la violenza ciò che in origine è stato loro concesso naturalmente. Da qui la necessità anche educativa e sociale di educare alla queerness.
Molti sono i temi trattati da Teresa oltre a quelli di cui ho appena parlato: la critica all’industria farmaceutica, le posizioni politiche a favore dell’autonomia della Catalogna, la proprietà privata, l’atteggiamento verso le donne che abortiscono. Riguardo alla giustizia sociale Teresa riprende il pensiero di Simone Weil, proponendo di sostituire nelle Costituzioni ai diritti le necessità. I diritti presuppongono sempre una relazione di forza: vi è chi li rivendica ma anche chi ne è escluso, le necessità invece sussistono sia che vengano riconosciute o meno: “Una necessità ignorata non smette di esistere in quanto tale. Il mio diritto dipende dal riconoscimento dell’altro, la mia necessità no” (pag 62, Siamo tutti diversi).
Insomma questi ed altri sono i temi trattati da questa donna sorprendente, incarnazione di quanto definisce “queerness”, pensiero declinato nella libertà e nella originalità, percorso di vita insolito e originale. Pensiero che sembra in grande risonanza con molte pagine di psicoanalisi; la sua attenzione allo sviluppo sin dalle prime fasi della vita, alla relazione madre bambino fa pensare ad una sintonia con Winnicott e se ne avverte una intima ed implicita consonanza anche nello stile di scrittura che coniuga complessità e semplicità espressiva. Scopo della terapia del resto, secondo Winnicott, è riattivare nel paziente, attraverso la relazione terapeutica, la capacità di amare e permettergli di vivere creativamente liberandosi dal mascheramento di un falso Sè.
Negli scritti di Teresa sono frequenti i rimandi ad Autori psicoanalitici: come si è detto Lacan, citato nella riflessione sul vuoto come aspetto costitutivo dell’umano, vuoto che apre alla possibilità di poter essere, di evolvere, di divenire. Lacan quindi negli aspetti del suo pensiero che si avvicinano alla mistica e quindi, anche se non citato direttamente da Teresa, Bion ed i post bioniani.
Il pensiero di Teresa Forcades, nel suo essere contemporaneamente dedicato ai temi della trascendenza e della realtà relazionale e quindi sociale e politica, ricorda quanto scritto da Bion sul mistico: “il mistico, secondo Bion è colui che vede le cose così come sono realmente, attraverso l’inganno ed il camuffamento delle parole e dei simboli” (pag.145, Un raggio di intensa oscurità. L’eredità di Wilfred Bion, J.S.Grotstein, Adelphi, 2010) o anche, ricordando Elvio Fachinelli, la mistica è “Apex mentis. Mistica che è nello stesso tempo rapporto percettivo, percezione possibile ad alcuni, se non comune a tutti.”(pag 24, La mente estatica, Adelphi, 2009).
Il carattere mistico di Teresa è ciò che a mio parere le permette di dedicarsi con un pensiero originale e tecnicamente documentato ai temi della contemporaneità evitando uno stile assolutista e dogmatico. La pratica cioè di ridimensionare, indebolire o annullare l’Io, in ragione di una relazione più ampia, che nel linguaggio di Teresa è nominata Amore, pratica che si pone nel solco della grande tradizione dei mistici e delle mistiche medievali, permette di “contribuire a salvare questo stesso io dal rischio impellente di essere assorbito nella Ragione tecnica, scientifica, burocratica” (pag 12, La mente estatica).
Altri autori psicoanalitici sono frequentati da Teresa: come si è visto Julia Kristeva, ma anche Luce Irigary, autrici che hanno molto riflettuto sul femminile.