Il volume si compone di ventotto capitoli, ciascuno dei quali può essere letto come saggio in sé compiuto pur articolandosi entro l’architettura dell’opera, e passa in rassegna tutto quello che c’è da sapere in tema di storia e teoria dell’arte di curare, intesa in senso lato. La psicoanalisi come pratica ermeneutica e mitopoietica, la filosofia, il teatro, l’esercizio dell’immaginazione rappresentativa, la reverie e persino la pratica degli esercizi sprirituali, vengono interpellate nell’ottica di un possibile impiego nell’opera del curare.
Da Aristotele a Sartre, da Platone a Ignazio di Loyola, da Omero a Kafka, Da Pirandello a Stanislavskij (particolarmente amato) da Galileo a Leibniz, da Freud a Musatti… tutti Faenza, studioso infaticabile e di sterminata cultura, incontra in un dialogo serrato e sempre sorprendente. Stando alla testimonianza del prefatore Gino Zucchini, che dell’Autore fu sodale fin dagli anni giovani, Faenza “ammirava la psicoanalisi ma non l’amava (…) E tuttavia si vorrebbe che i critici – oggi tanto di moda – dell’impresa freudiana avessero la sua cultura, la sua pensata autorevolezza, la sua onestà”.