Elena Ferrante (2011 – 2014)
L’amica geniale
Edizioni e/o, Roma
L’amica geniale, un’appassionata ricerca dell’identità perduta.
Era da molti anni che non mi capitava di appassionarmi così intensamente alla lettura di un romanzo: più di un migliaio di pagine letteralmente divorate nell’arco di un mese! Giunta alla conclusione del IV volume, ho pensato di elaborare il lutto fermando qualche pensiero.
Comincio dalla genialità dell’autrice nel presentare l’opera in quattro volumi distinti, pubblicati in successione dal 2011 al 2014. In effetti, chi mai al giorno d’oggi tollererebbe più di girare con un mattone di oltre 1500 pagine, in un’epoca in cui essere “thin” è un must, dalle forme fisiche, agli oggetti tecnologici, ai twitter, fino alle sintesi minimaliste del pensiero.
Elena Ferrante no: decisamente contro-corrente, propone un’opera formosa sul piano della narrazione, dei personaggi che la animano, degli eventi, delle geografie reali ed emotive disegnate. La struttura linguistica è ricca di parole, metafore, immagini, persino neologismi che fanno riassaporare al lettore la bellezza, la pienezza e la corposità della lingua italiana.
Filo conduttore dell’opera è la relazione fra Elena, protagonista e voce narrante, e Lila, l’amica d’infanzia. La storia parte dall’infanzia delle due protagoniste e arriva fino all’età matura. Elena Ferrante dà prova d’invidiabile maestria nel descrivere i passaggi dall’universo infantile alla pre-adolescenza, all’adolescenza e all’età adulta. Le vicissitudini emotive e affettive sono straordinariamente ben descritte all’interno di un flusso narrativo ricco di fatti che rende il romanzo non solo un’indagine introspettiva profonda e raffinata, ma anche un viaggio avventuroso negli scenari storici e politici degli ultimi 50 anni in Italia. Il lettore incontra molti altri personaggi che con un escamotage editoriale vengono presentati all’inizio di ogni volume all’interno delle loro “famiglie” con “nomi” e “cognomi”: un’allusione implicita al ruolo che il gruppo di appartenenza/provenienza ha nell’individuazione del singolo.
Le diverse storie si intrecciano con la vita delle due protagoniste, ne tessono la trama di fondo all’interno di una visione di insieme tesa e coerente di modo che il lettore, pur incrociando molti destini, vicende e luoghi, non ha mai la sensazione di perdersi .
Il conflitto/non conflitto fra Elena e Lila, due persone portatrici di modi di essere apparentemente polari e non conciliabili, tiene il centro della scena. Conflitto/non conflitto perché Elena cede sempre il passo al modo di essere di Lila. La disciplina, la costanza, la tenacia con cui matura i suoi strumenti svaporano/impallidiscono di fronte alla “violenza” identitaria dell’altra. Lila dall’infanzia all’età adulta viene presentata come un impasto vitale e irruente di impulsi, passioni ed emozioni capace di incidere profondamente nella realtà che la circonda, di orientare sentimenti, azioni e accadimenti: una persona “piena di sé”. Elena al contrario, pur riuscendo apparentemente a imboccare la “strada giusta”, quella dello studio, della cultura e dello sviluppo intellettuale, perseguiti con costanza e ferrea autodisciplina, tende a mortificare il valore delle sue conquiste, trasformandole in un involucro sbiadito e vuoto. Nella storia, di fronte a bivi cruciali, la sua ottusità emotiva sconcerta e la rende sorprendentemente anempatica e sgradevole, soprattutto quando la si confronta con l’intuito feroce e l’intelligenza emotiva dell’amica.
E quindi chi è realmente l’amica “geniale”? Sarebbe riduttivo interpretare Elena e Lila come due aspetti conflittuali del Sé, ragione e sentimento, razionalità e visceralità, mente e cuore: la posta in gioco sembra più alta. Una delle teorie dell’autrice, intuibili sotto traccia, riguarda il fatto che il riscatto sociale, anche quello conquistato attraverso il prestigio della cultura e dell’affermazione intellettuale, non riuscirà mai a colmare il vuoto esistenziale dato dalla mancanza di un nucleo di identità forte e definito. Nella storia di Elena ci sono molti elementi che potrebbero spiegare questa vulnerabilità ontologica esistenziale, ma il tema dell’identità, che potremmo allusivamente definire anche come ’”identificazione”, permea tutto il romanzo al punto che viene continuamente la curiosità di chiedersi: “ma di chi sta parlando?”.
Non si può non pensare al mistero che circonda l’autrice Elena Ferrante che in questi anni non si è mai fatta conoscere al pubblico e che sembra ammiccare di continuo dalle pagine del libro: “ sono io/non sono io/ potrei essere io…”.
Nel finale (mi riferisco proprio agli ultimi paragrafi del IV volume) un micro evento dà un tocco “geniale” alla vicenda e riporta nuovamente il lettore nel mistero del non detto, dell’inafferrabile, del non conoscibile, lasciandolo sospeso nella quiete attesa di ciò che potrebbe accadere, o anche no, ma finalmente pacificato con ciò che la vita a volte toglie, ma che può restituire quando meno te lo aspetti, soprattutto se sai aspettare.
Sandra Maestro
Settembre 2015