Luigi Longhin (2008)
Firenze, Florence Art Edizioni, pagine 392
Longhin è un filosofo con solide competenze epistemologiche, maturate in lunghi anni di studio e d’insegnamento superiore e universitario, ma è anche un esperto psicoterapeuta, profondo conoscitore del pensiero psicoanalitico freudiano e postfreudiano. Autore di numerose pubblicazioni, ha collaborato clinicamente e teoricamente per più di vent’anni con Mauro Mancia, del quale è stato amico e interlocutore di primo piano. In questo libro Longhin si occupa della qualità della mente, di come essa può funzionare o non funzionare, di come può ammalarsi o svilupparsi in maniera sana, e di come, sia a livello individuale che collettivo, l’esposizione ai traumi e l’eccesso di odio, invidia e aggressività ne ostacolino l’accesso alle dimensioni della conoscenza, dell’etica e dell’estetica. Particolare attenzione è dedicata alle forme collettive della “cattiva qualità” della mente, con un’analisi psicoanalitica del fanatismo, dell’ideologia e dell’utopia, vere e proprie costruzioni deliranti che l’Autore riconduce a un’alterazione del mondo interno dovuta a patologici processi di idealizzazione e demonizzazione. Con la loro inevitabile componente di violenza e sopraffazione, tali forme di funzionamento mentale disturbato hanno valso al novecento la terribile qualifica di “secolo dell’odio”, e minacciano tuttora gravemente il mondo contemporaneo come nel caso del terrorismo internazionale e delle sue pseudogiustificazioni politico-ideologiche e religiose. Longhin guarda dunque con interesse e preoccupazione anche a situazioni lontane dalla clinica, con incisive incursioni nel campo della storia, della sociologia e della politica, riallacciandosi in maniera originale alla tradizione freudiana di analisi del processo di civilizzazione e delle forze che lo ostacolano. Centro del libro, presupposto e snodo fondamentale dal quale procedono le ampie analisi che lo compongono, è la riflessione epistemologica sulla psicoanalisi e sul suo rapporto con le neuroscienze. In un’epoca caratterizzata dalla ripresa del dialogo fra le due discipline, Longhin sente giustamente il bisogno di precisare che tale dialogo non implica alcuna sottomissione o subordinazione. Psicoanalisi e neuroscienze sono discipline diverse, con oggetti e metodi d’indagine differenti, che escludono come epistemologicamente contraddittoria qualsiasi prospettiva di riduzione dell’oggetto e del metodo della prima a quelli delle seconde. La psicoanalisi è una disciplina scientifica, con uno suo specifico oggetto o referente e un suo altrettanto specifico metodo d’indagine, reciprocamente e inscindibilmente connessi. Esiste fra metodo e oggetto un rapporto di circolarità e codeterminazione: la definizione operativa del metodo consente l’individuazione dell’oggetto, che a sua volta determina le modalità del metodo atto a conoscerlo. Fondata su specifici “predicati operativi”, come nel caso attentamente analizzato del controtransfert, e su “predicati fondamentali” che riflettono il progressivo approfondimento della conoscenza del referente, la psicoanalisi evolve come ogni altra scienza, come nel caso paradigmatico della transizione dal modello pulsionale freudiano al modello relazionale. Il libro è impegnativo e importante, permette di orientarsi in territori diversi e fra loro apparentemente lontani con la bussola del pensiero psicoanalitico, ma soprattutto mostra la fecondità dell’incontro fra epistemologia e psicoanalisi. A condizione di essere competenti in entrambe, è possibile mettere fine alla tormentata storia dei rapporti fra le due discipline: si evita in questo modo di fare un’epistemologia di ciò che non si conosce, oppure di coltivare una disciplina al di fuori di ogni criterio di controllabilità, rigorosità e attendibilità scientifica.
Giorgio Mattana