Parole chiave: Psicoanalisi, Calvino, Freud, Letteratura
La mosca Verdolina e altre storie per chi non vuol dormire
di Giorgio Parisi
illustrazioni di Camilla Pintonato
(Rizzoli, 2024)
recensione di Marcello F. Turno
Giorgio Parisi, di suo lo ammette, è un estimatore delle fiabe di Calvino. Da quel volume di 900 pagine e 200 fiabe, che ogni sera consultava per sceglierne una da raccontare ai figli, pare abbia appreso molto.
Un’affermazione simile, fatta da uno studioso che ha conquistato fama mondiale, invita a riflettere: per imparare c’è sempre tempo, ma soprattutto, dice, è la curiosità che spinge a imparare, e a sua volta bisogna imparare a essere curiosi. Non si scappa, sembra di sentire Bion (1972) quando afferma che bisogna apprendere dall’esperienza e fare esperienza dell’esperienza. Sembra contorto, ma forse è solamente una sorta di nastro di Moebius dove apprendimento/esperienza e curiosità, grazie a un miracolo della topologia, pur occupando due facce distinte, corrono e si incontrano in un’unica faccia.
Ma ci si chiede: possibile che un personaggio abituato a un linguaggio che è per pochi, fatto di formule e di strane sequenze, per lo più incomprensibili alla stragrande maggioranza della popolazione mondiale, abbia operato una trasformazione così radicale della sua comunicazione? In effetti il pregio di questo scritto di Parisi è di non concedersi a nessun genere di “pseudo argot” (mi si permetta questa licenza), modalità molto in uso negli scritti psicoanalitici, con il risultato di apparire troppo criptici per i comuni lettori.
Amante dello strutturalismo di Propp, ne rispecchia le regole narrative, quasi fossero uno schema matematico, e assembla moduli tipici in combinazioni nuove, dando al lettore adulto la sensazione di un “già visto” o “già letto”, pare, quindi, che abbia mantenuto l’eredità formalista del linguista russo considerando “la morfologia come una dottrina delle forme, delle relazioni tra le parti e il tutto: vale a dire una dottrina sulla struttura” (Propp,1966) .
Ma se la morfologia di Propp ha di fatto eliminato la figura del narratore, nelle pagine di questo libro cogliamo una contraddizione: il narratore è presente, è parte integrante della fiaba, egli stesso personaggio: il Nonno, il sapere, la cultura, aderendo, forse inconsapevolmente, alle teorie di Barthes per cui il testo non appartiene all’autore, ma piuttosto l’autore appartiene al testo. Infatti Parisi concede al lettore, con una indubbia “disclosure”, un piccolo dono socchiudendo l’uscio a uno spezzone di vita privata, delicato e intimo, come può essere il momento in cui i bambini, figli prima e nipoti poi vanno a letto. Il suo non è solo un raccontare, ma anche un mostrarsi, che permette a chi legge di poter vivere quel delicato momento relazionale che si instaura fra un adulto e un bambino, a mio parere non differente da quella Infant Observation (osservazione della relazione madre-bambino) intuita e introdotta da Ester Bick (1964) più di 70 anni fa e che sarà in seguito utilizzata come fondamentale momento di formazione dagli psicoanalisti dell’infanzia.
Il narratore, il Nonno, assurge a essere una delle figure protagoniste del libro, apparendo come funzione simbolica che costruisce insieme ai nipoti la struttura favolistica. In altre parole il libro ci racconta che ciò che si impara può essere solo parzialmente comunicato dai libri e dal sapere scolastico. L’interazione fra soggetti, lo scambio e il passaggio di saperi da individuo a individuo è fondamentale non solo per il sapere tout court, ma per l’evoluzione del soggetto e dell’umanità.
Il libro contiene valori universali: la solidarietà, l’uguaglianza, il rispetto per gli altri. Anche la mosca che non gode certo una buona fama è, nella favola La mosca verdolina, un ingranaggio nella rete solidale e di auto-mutuo-aiuto, quella che permette di salvare i due bambini dalle grinfie del lupo (in ogni favola che si rispetti c’è sempre un lupo) e comunque merita di essere invitata e inclusa nel banchetto finale per festeggiare lo scampato pericolo. Viene in mente Merry Levov, la figlia del protagonista di Pastorale americana (forse uno dei più potenti romanzi dello scorso fine millennio), che indossa una mascherina non per proteggersi dai microbi, ma per proteggere i microbi…
I dialoghi fra il Nonno e i nipotini sono l’incipit preparatorio che permette di entrare nella favola e nella sua morale, dove traspare l’amore per le cose semplici, tramite una scrittura essenziale, quella che Calvino ereditò da Francis Ponge per la descrizione di fenomeni naturali e che di riflesso viene ereditata da Parisi. Un passaggio di consegne transgenerazionale! A modo suo questa raccolta di favole, scritte nel tempo, rappresenta una visione del mondo dell’autore, o meglio del mondo che vorrebbe. Alcune storie hanno a che fare con la personale biografia, forse più di tutte, perché la più attuale, quella di Vincere il premio Babalù, con evidente riferimento al premio Nobel appena ricevuto. Sembra che Parisi si interroghi su questa importante eredità… su come la si può tramandare ai nipoti. Innanzitutto ci tiene a precisare che il premio Nobel/Babalù è un’opera di riparazione di chi ha promosso il premio per i suoi studi sugli esplosivi o solo per essere stato un mago cattivissimo (Babalù) che si è redento, e che con quel premio si vuole riconoscere chi ha fatto del bene all’umanità. Un riconoscimento importante, dunque, gratificante da ottenere ma per questo bisogna impegnarsi e faticare, e bisogna farlo anche con umiltà senza distogliere lo sguardo da chi ha bisogno di sostegno (nella favola la vecchina che chiede aiuto per portare il suo secchio di acqua), ma il monito è soprattutto nel ricordare che per ottenere l’ambìto premio bisogna essere cavalieri super allenati e che il sapere del Nonno non ha una successione genetica, ma nasce dall’impegno del singolo e dagli insegnamenti che il nonno riesce a dare, come la vecchina che grazie ai suoi consigli permette al giovane cavaliere di sconfiggere il mago cattivo.
Il sapere di Parisi è così messo a disposizione dei nipoti e coglie l’occasione per spiegare loro l’apparente caotico volo degli storni che poi tanto caotico non è, ma finalizzato al benessere di un gruppo; ma anche perché si vola o perché a un certo punto cala la notte; ed ancora come l’arroganza del potere possa essere frustrata da una natura che se non viene coccolata e amata ti si rivolta contro, come ne L’erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re. Non vorrei aggiungere altro, perché troverei riduttivo fare delle sinossi delle cinque favole togliendo al lettore il piacere della scoperta.
A modo suo il professor Parisi ci insegna un metodo che andrebbe sempre tenuto presente: bisogna interagire con i bambini, stimolare la loro curiosità, affabulare con loro. Pur raccontando cose complesse in maniera semplice, il libro è creativo e può essere un buon esempio per genitori e insegnanti. Vengono in mente le parole di Freud (1915-17): “Originariamente le parole erano magiche e, ancor oggi, la parola ha conservato molto del suo antico potere magico. Con le parole un uomo può rendere felice l’altro o spingerlo alla disperazione, con le parole l’insegnante trasmette il suo sapere agli allievi, con le parole l’oratore trascina con sé l’uditorio e ne determina i giudizi e le decisioni. Le parole suscitano affetti e sono il mezzo comune con il quale gli uomini si influenzano tra loro”.
A modo suo il professor Parisi ci racconta un mondo di speranza.
Riferimenti bibliografici
Barthes R. (1984). De la science а la littérature. / Le bruissement de la langue. Paris: Seuil.
Bick E. (1964). Notes on Infant Observation in Psycho-Analytic Training, in The International Journal of Psycho-Analysis, vol. 45, no. 4, p. 558–566.
Bion W. R. (1972). Apprendere dall’esperienza. Roma: Armando.
Freud S. (1915-17). Lezione 1, Introduzione. In: Introduzione alla Psicoanalisi. OSF vol. VIII, Torino: Boringhieri
Propp V. (1966). Morfologia della fiaba. a cura di Gian Luigi Bravo, Torino: Einaudi.
Vedi anche:
CdPR – Valentino Baldi, Marcello Turno: Dialogo su Italo Calvino 29/02/2024