La Malnata
di Beatrice Salvioni (Einaudi, 2023)
Recensione di Nadia Muscialini
Parole chiave: #violenza sessuale, #adolescenza, #amicizia, #la forma della voce
“E’ difficile levarsi di dosso il corpo di un morto.
Lo scoprì a dodici anni, con il sangue che mi colava dal naso e dalla bocca e le mutande attorcigliate intorno a una caviglia.
I ciottoli della riva del Lambro mi premevano contro la nuca e il sedere nudo, duri come unghie, la schiena era affondata nel fango. Il corpo di lui mi pesava sulla pancia, pieno di spigoli e ancora caldo”.
Questo l’incipit del libro. Crudo, brutale, come l’aggressione sessuale che descrive. I vissuti della vittima dopo l’abuso, lo stupro; i crimini sessuali offendono lo spazio pubblico ma soprattutto quello intimo. L’autrice fa un atto di coraggio a parlarne, a svelare nelle prime righe la brutalità, il terrore, lo stordimento emotivo che provoca un’aggressione sessuale in chi la subisce.
I traumi che ne conseguono sono quasi sempre muti alle parole ma inscritti nel corpo, non solo perché compiuti nell’assordante silenzio delle mura domestiche o di una strada buia, ma soprattutto perché diversamente da altri traumi non viene dichiarato perché, paradossalmente, pervade di vergogna chi lo subisce.
La trama racconta anche una storia di adolescenza. Le protagoniste sono due ragazze che vivono nell’epoca del fascismo e che, assieme alla fatica del loro crescere, ci narrano l’assurgere dell’onnipotenza tirannica e colonizzatrice, una delle battaglie compiute dalle donne contro la violenza esercitata dal potere maschile autoritario e violento come il regime che ne fa da sfondo.
E’ una storia di paura ma anche di coraggio; le due adolescenti Francesca e Maddalena (la Malnata) combattono una guerra contro il conformismo, l’ipocrisia, l’ingiustizia e la disumanizzazione che consegue alla banalità del male. E’ la lotta genuina e franca di chi esce dall’infanzia e si spinge a cercare, mettendolo in discussione, un modello adulto che non sia gretto, avido, tirannico, che non ha rispetto per nessuno, né per il mondo né per le generazioni. Petto in fuori, mento alto, le due donne sfidano il male, l’ignoranza, l’ingiustizia e una visione che considera gli altri e il pianeta beni da sfruttare e piegare al proprio volere.
E’ la storia dell’adolescenza che non si adatta all’ordine costituito imposto dai genitori e dagli adulti ma che lo contrasta quando questo va chiaramente contro il buon senso e la libertà; quando nega il dialogo, il confronto. Spesso i giovani sono stati in prima linea nelle battaglie per i diritti e la libertà per il loro bisogno di affermazione identitaria, il riconoscimento del loro posto nel mondo e nella comunità degli adulti; per questo anche oggi riempiono le schiere di ribelli e combattenti con il cuore aperto e la mente non ancora appannata dalle comodità della zona di confort.
L’amicizia tra Francesca e Maddalena è lo sfondo, il filo rosso tra le maglie della trama del libro.
E’ un’amicizia osteggiata dagli adulti. La rappresentazione di come la psiche tende a proiettare ciò che disturba su qualcuno che viene investito come capro espiatorio, la Malnata, e possa così essere perseguito al nostro posto o mettere a tacere la nostra coscienza.
E’ il tentativo di separare il bene dal male, i buoni dai cattivi, il diverso e tenerlo lontano affinché non dobbiamo ammettere che siamo tutti uguali e che il male e la violenza sono sempre una scelta, così come il buono e il bene.
“Mia madre voleva che avessi paura di quella ragazza sporca per costringermi a non parlarle. (…) Sperava che dopo quelle storie spaventose e piene di sangue la finissi di cercarla, la Malnata, che prima o poi mi avrebbe lanciato una maledizione, perché così fanno le streghe.
Ma aveva ottenuto l’effetto contrario di farmela sentire più vicina: anche la Malnata aveva avuto un fratello che adesso non c’era più e forse pure lei avvertiva il peso di essere rimasta viva.”
E’ una narrazione di vicinanza, empatia, sentimenti profondi e anche di cura reciproca di due esseri sofferenti e traumatizzati, ancor più per avere abitato un ambiente incapace di contenere il dolore e placare le angosce. E’ la descrizione di ciò che spesso rimane dentro per essere sopravvissuti alla perdita di una persona cara (nel caso di Francesca e Maddalena due fratelli), la colpa e il senso di essere fuori posto ovunque e di non meritarsi nulla.
L’autrice esprime molto bene come nascono gli ideali, la giustizia, la coscienza morale, costrutti che affondano le loro radici nell’infanzia ma germogliano nell’adolescenza per poi, a volte, dare i frutti nell’età adulta.
Francesca figlia di una famiglia borghese schieratasi con il fascismo per trarne vantaggi economici ma soprattutto per vigliaccheria, riesce ad adempiere ai suoi compiti evolutivi grazie all’amicizia con Maddalena e alla frequentazione della sua famiglia di estrazione più umile ma più affettiva e spontanea nell’essere presente con i figli e che non accetta deroghe per il rispetto dei diritti, la vita e l’uguaglianza.
“I mesi successivi trascorsero in fretta in quella che fu l’estate più felice della mia vita.
Stavo diventando brava a dire le bugie e, grazie anche alla complicità di Carla, riuscivo a scappare al Lambro quasi ogni giorno per stare insieme alla Malnata e agli altri ragazzi.
Tenevamo i piedi a mollo nell’acqua, le gambe nude chiazzate di fango. Avevo imparato ad indossare sempre lo stesso vestito, quello vecchio e slavato che cacciavo sul fondo dell’armadio quando tornavo a casa. Poi, di notte, mentre tutti dormivano, lavavo via lo sporco e lo appendevo ad asciugare fuori dalla finestra di camera mia. A casa indossavo sempre le camicette con le maniche lunghe, anche se faceva caldo, per nascondere le sbucciature, e ammorbidivo con acqua e sapone le croste sulle ginocchia per farle cadere prima.
Quelle cautele si rivelavano in realtà superflue. Papà era talmente occupato con l’appalto promesso dal signor colombo che stava sempre in cappellificio e la sua casa stava perdendo l’odore acre del suo tabacco”.
Il libro sottolinea cosa accade quando l’assenza degli adulti è assordante nel sostenere il processo di crescita degli adolescenti: da una parte le difficoltà, la depressione e il sentimento di abbandono, dall’altra la ribellione, la trasgressione e la messa in discussione delle regole, del pessimismo e della morte degli ideali veicolati dagli adulti. Ed è così che sempre ”Il mondo viene (nda) salvato dai ragazzi indifferenti” (Baldini, 2024), dai Malnati che hanno ancora viva la speranza di poter migliorare la propria condizione, la società, il mondo. “Tutti gli episodi di traumi dell’umanità, prima e dopo Primo Levi testimoniano che l’umano, in dette condizioni, perde il senso delle cose che accadono, perché non vi è alcuno spazio per la speranza” (Baldini, 2024).
Ecco perché il libro finendo con “La forma della voce” rappresenta il coraggio che supera la paura, è la voce delle donne che si ribellano alla violenza, il suono degli oppressi che si ribellano alla tirannia, la ragion critica che si oppone al pensiero acritico e omologato, è la mano tesa dai giovani agli adulti sconfitti, depressi e sconfortati, per andare assieme verso il futuro e il cambiamento.
Bibliografia
Tito Baldini “Il mondo salvato dai ragazzi indifferenti. Dialoghi sul controtransfert”, 2024, Vecchiarelli editore; Roma.
Tito Baldini “Il tramonto di Eros. Criticità dell’inconscio nei tempi moderni e ruolo della psicoanalisi”, 2024, in corso di stampa.
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