Cultura e Società

La fontana di Bellerofonte 1820

8/05/14

Celestino Genovese (2014)

La fontana di Bellerofonte 1820

Tullio Pironti Editore, pp 492

Il primo romanzo di Celestino Genovese “La fontana di Bellerofonte 1820” è ambientato in Campania durante i moti costituzionalisti carbonari del 1820. Si tratta di un libro di quasi cinquecento pagine che si affrontano con insolita leggerezza. La scelta di leggerlo è stata indubbiamente condizionata dal fatto che si trattava di un romanzo scritto da un caro collega ma, a parte questo aspetto che certamente mi ha spinto ad acquistare il libro, che malauguratamente non avrei conosciuto diversamente, null’altro ha pesato sul mio giudizio. Sin dalle prime pagine sono rimasto felicemente sorpreso e immediatamente rapito. Lo stile della narrazione è sobrio e diretto, il ritmo incalzante, gli scenari descritti sono vividi; dalla pagina si sollevano suoni, umori e odori dell’epoca che invadono il lettore. Alcune descrizioni sono di una densità irresistibile. Mentre leggevo un passo in cui Don Carlo, uno dei personaggi più riusciti del volume, decide che per la vigilia di natale non può perdersi le pizzelle di baccalà nella locanda di Agostino, mi sono trovato a ridere di gusto, da solo nel mio studio mentre avevo, fortunatamente, un’ora libera per via di un paziente influenzato. I personaggi tutti, Luigino, Nennella, de Concilj, Pionati, Don Carlo, Agostino, saltano dalla storia e vivono di vita propria. L’uso sapiente della lingua “toscana” alternata al napoletano e al dialetto dell’entroterra irpino rende i dialoghi vivaci e restituisce la cifra del tempo in cui si svolge la narrazione. Quando poi a questi dialoghi si aggiungono, ritmicamente, il tedesco delle truppe austriache e il francese dei comandi della quadriglia nel Teatro comunale ferdinandiano di Avellino, in occasione del ballo dell’ultimo dell’anno, si gode di una sinfonia ritmica che sostiene, sin dal principio, tutto l’impianto narrativo.

I temi politici sono trattati con sapienza, mostrando nel dettaglio tutti i patemi dell’impresa costituzionalista ma, delicatamente e con fine acume psicologico, vanno ben oltre il tema specifico, dando un idea generale dei moti interiori che accompagnano ogni impresa politica: lo slancio, i dubbi, i giochi sottili del potere, i rapporti tra forze impari, gli ideali, l’onda popolare ignara che si accoda e la saggia consapevolezza di pochi. È molto felice il passaggio che descrive i mutamenti nell’animo del tenente Morelli, che alterna esaltazione e depressione, mentre si avvicina ad Avellino alla guida del reggimento cavalleria Real Borbone, di stanza a Nola, ormai passato in blocco alla cospirazione. L’epilogo tragico è un concentrato di dura realtà che delude le aspettative di tutti. Lo strapotere dell’impero austriaco che accompagna la restaurazione si alterna alle vicende drammatiche dei personaggi che vivono i loro piccoli e grandi drammi esistenziali.

Lo sfondo storico è molto documentato e descritto nel dettaglio. Non solo ci si immerge nell’atmosfera borbonica del Regno delle due Sicilie, ma sembra di partecipare nostalgicamente alla vita del tempo della narrazione, rivedere calessi, cavalli e mulattiere, annusare lo sterco dei cavalli per le strade, immergersi nelle consuetudini dell’epoca: il mattone caldo che Don Carlo (ancora lui) usa per scaldare il letto, il paiolo sapientemente governato da Nennella, il bacile dell’acqua adoperato per lavaggi sommari, la processione dei pellegrini scalzi alla madonna di Montervegine.

Si tratta di un romanzo dell’anima prima ancora che di un romanzo storico. Gli slanci, gli ideali, le passioni, il desiderio, la sessualità, la vita e la morte che si intrecciano; le vite degli uni e degli altri così diverse eppure, sullo sfondo, così miseramente uguali.

Insomma, non posso che confermare la mia prima impressione: si tratta di un libro splendido, un’opera prima felicemente riuscita da cui se ne potrebbe trarre, a mio parere, anche una bella sceneggiatura cinematografica (ma questa è già un’altra storia).

Leggetelo e non ve ne pentirete.

Roberto Musella

Maggio 2014

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