Enzo Bianchi (2008)
Torino, Giulio Einaudi Editore, pag. 114
Il “pane di ieri” è un libro che si legge velocemente, perché è un libro breve, ma alla fine si ha la sensazione che durante la sua lettura sia trascorso molto tempo. È un libro sul ricordo, sul pane avanzato del giorno prima, sul mondo di ieri che diventa pane dell’oggi.
Si snoda in piccoli capitoli fatti di pane, appunto, del canto del gallo, della veglia, della potatura delle viti.
Quello che mi ha colpito, oltre i contenuti familiari, è stato il ritmo, il modo in cui l’Autore ci porta a prendere un certo ritmo di ascolto.
È il ritmo di ascolto dell’esperienza interiore.
Comincia con il ritmo che prende la vita quando, con l’avanzare degli anni, si trascorre nell’ascolto del tempo passato. Poi, senza che quasi ci si accorga, arriva a come si ascolta il presente e si attende il futuro: ricordando, cioè mangiando il “pane di ieri”.
L’Autore, fondatore e priore della Comunità Monastica di Bose, ricorda il mondo dove è cresciuto, e lo cucina, potremo dire con una metafora cara a Antonino Ferro, per noi. Scrive: «Amo cucinare, e lo faccio in un grande silenzio perché cucinare significa pensare, essere consapevoli, essere presenti e avere un senso forte della realtà e degli altri per i quali si cucina» (31).
Dice che per cucinare ci vuole tempo e concentrazione.
Ho pensato allora a quelli che non possono ascoltare il loro tempo interiore.
Per questi, a volte, l’analisi è l’ultima strada possibile.
Ho pensato al ritmo delle sedute, al tempo necessario per “cucinare” il sugo che, nei ricordi di Bianchi, doveva bollire tre/quattro ore .
I nostri pazienti arrivano spesso affannati, il più delle volte dolenti, confusi, ma quasi sempre hanno molta fretta.
All’inizio il tempo dell’analisi è spaventoso, le sedute proposte prendono uno spazio enorme, le pause nel discorso sono temute come varchi di vuoto insopportabili.
Se seguiamo il ritmo del paziente, può accadere che lo vediamo arrivare in una pausa agitata e, qualche volta, ripartire subito. Come facevano i viandanti del libro, riparte dopo aver mangiato il pezzo di pane di ieri che la madre di Bianchi aveva sempre pronto per loro.
Un boccone di passato.
A volte ne attendiamo il ritorno, in un momento diverso della vita per una sosta più lunga.
A volte, in modo “naturale”, troviamo pian piano un ritmo per l’ascolto del suo mondo interiore.
Ci vuole pazienza, la pazienza dei monaci.
Allora, in quel momento, possiamo avere la fortuna di sperimentare, insieme, un senso di pienezza.
Jones De Luca