Cultura e Società

I sogni perduti di un antiquario

3/12/14

Sandro Panizza (2014)

I sogni perduti di un antiquario

Antigone Edizioni, pp. 226

Un libro per chi non ha paura di entrare negli anfratti dei propri sogni e guardare le sue aspirazioni mai realizzate, le multiformi creature della propria fantasia; o forse anche per chi ha paura di farlo, ma ne è impercettibilmente attratto.
Nel romanzo «I sogni perduti di un antiquario» l’autore prende per mano il lettore e gli fa scoprire una realtà altra, così spesso dimenticata, ma così strettamente intrecciata all’esistenza quotidiana. Dalla tranquilla dimora sul lago, il protagonista – non a caso uno psicoanalista – vola fino a Londra a cercare un oggetto della sua fantasia perduta: le vacche viola. Qui però inizia un’avventura a metà tra sogno e realtà, che lo porterà da un capo all’altro del mondo, ma soprattutto gli farà percorrere le zone d’ombra del suo io per tornarne indietro irrimediabilmente cambiato.
Sono degli ometti grigi a mettere in moto tutta la vicenda: degli strani esserini dal viso sbiadito e dall’insolito potere di svanire in una nuvoletta di fumo.
A mano a mano che il lettore assiste al veloce susseguirsi degli eventi, immergendosi nelle atmosfere di città sempre diverse e brulicanti di emozioni, si svela il potenziale malefico di tali individui e l’impossibilità per gli umani di annientarli con il semplice attacco diretto.
Ecco che allora è l’esperienza dello psicoanalista a offrire la chiave della soluzione: «Se volevo dare una mano ai miei pazienti, dovevo lasciarmi aspirare nel loro mondo»; l’unica possibilità di svolta è data dall’immersione nelle oscurità del mondo dei grigi, per capire davvero chi siano, per scoprire le loro intenzioni e trovare il modo di neutralizzare la loro forza distruttiva. E qui avviene anche una scoperta: lasciandosi «trascolorare nelle forme di vita» di quello che fino a quel momento era apparso come nemico, il protagonista impara a conoscere un mondo diverso, dove riesce anche a scorgere le potenzialità positive degli abitanti grigi di quel non-luogo e a trarre dunque alla luce forze costruttive che permettono il superamento del male in una maniera del tutto inaspettata.
Per mezzo di un thriller accattivante, quindi, l’analista-narratore – come si definisce Sandro Panizza nella premessa – conduce il lettore alla scoperta del valore aggiunto dello sguardo psicoanalitico sulla realtà. La narrazione permette al lettore di cogliere al contempo l’umanità dei personaggi, nei loro limiti e slanci vitali, ma anche lo specifico sguardo psicoanalitico, che rivela l’identità professionale dell’autore.
Un incontro fecondo di psicoanalisi e letteratura, sintetizzato nella domanda che il protagonista pone a se stesso: «Chi ero io?».
Effettivamente in ogni piega della trama emerge una visione della realtà filtrata tanto da un amore alla letteratura, quanto dalla passione per la psicoanalisi. Basti notare la descrizione di Praga, tratteggiata non tanto nei suoi connotati oggettivi, quanto nella forma che assume nei romanzi di Kafka il Castello e il Processo. E non è un caso che il narratore chiami in causa proprio il noto scrittore praghese, che si è addentrato nella vertigine della mente umana con una profondità che ha parecchio in comune con l’indagine psicoanalitica. Del resto i temi tanto cari a Kafka, della perdita d’identità e della persecuzione di un individuo per colpe che lui stesso ignora, risuonano con la crisi che attraversa il protagonista del romanzo, assediato dagli sguardi ostili di enigmatiche figure al punto da arrivare a pensare di essere il semplice oggetto un sogno.
Ma non è soltanto la misteriosa insondabilità dell’uomo a ridurre le distanze tra psicoanalisi e letteratura.
Il nodo centrale del romanzo è la fantasia; la constatazione della sua assenza mette in moto la vicenda e diventa fil rouge del percorso conoscitivo del protagonista, novello Dante alla scoperta di sé: «Senza la fantasia non posso fare il mio mestiere», afferma il protagonista e attraverso di lui lo scrittore. La fantasia, identificata all’inizio del libro in oggetti concreti, le cosiddette vacche viola smarrite, nel corso della storia prende la forma di una possibilità di vita luminosa, che libera dall’opprimente frenesia delle cose da fare e apre agli sconfinati spazi dei desideri e delle attese. La soluzione della vicenda de «I sogni perduti di un antiquario» è resa possibile anche dalla riappropriazione, da parte del protagonista, della capacità di fantasticare.
Nell’intreccio del romanzo emergono poi altri due elementi: la crescita e il cambiamento che il protagonista e la moglie vivono, accettando di volta in volta di rispondere alla sfida che la presenza degli esserini destabilizzanti propone.
Si può parlare di «romanzo di formazione» – ovviamente del tutto particolare – per il fatto che la conclusione della storia non corrisponde a un ritorno allo stato iniziale: l’incontro con la nuova realtà proteiforme dei grigi lascia un segno indelebile nei due, li porta a una maggiore consapevolezza di se stessi. Imparare a conoscere i loro sogni e a non nasconderli in un angolino polveroso dell’io è una ricchezza inestimabile per lo psicoanalista e sua moglie Anna, perciò essi non vogliono più sottrarsi ad una tale esperienza.
Ecco che, leggendo «I sogni perduti di un antiquario», il lettore comincia a guardarsi in una luce diversa e a scoprire anche i propri sogni perduti; e ad un certo punto quasi si aspetta di vedere una faccina grigia che si affaccia allo sguardo e lo osserva con occhi interrogativi. È sorprendente trovare nelle parole di un Lied di Schumann una descrizione di strane figure tanto simili a quelle descritte da Sandro Panizza:

Il mio carro va piano
per il ridente bosco verde,
per valli fiorite, che incantevoli
ridono nello splendore del sole.

Io siedo e ricordo e sogno,
e penso al mio amore;
e vengono tre figure d’ombra
a salutare col capo dentro il carro.

Saltellano e tagliano il viso,
beffarde e nello stesso tempo timide,
e si perdono in spire di nebbia,
e con risatine guizzano via.

La voce narrante parla di esseri che con risatine beffarde si dileguano in una sostanza impalpabile, come i grigi dal sorriso sarcastico nel romanzo svaniscono in fili di fumo, proprio mentre il personaggio si immerge nei suoi sogni.

Anna Daniela Linciano

Novembre 2014

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