Nicola De Lorenzo (2008)
Castrocielo (Frosinone), Valter Casini Editore, pag. 268
Il sottotitolo dell’opera contiene la dichiarazione programmatica dell’Autore: "Per una critica gadameriana della coscienza psicoanalitica". Nicola De Lorenzo, fisico e filosofo, opta decisamente per la concezione ermeneutica della psicoanalisi, distinguendo tuttavia nettamente fra l’impostazione di autori come Ricoeur e Habermas e quella di Gadamer. Quest’ultimo, universalmente considerato "padre" dell’ermeneutica novecentesca, si è solo sporadicamente pronunciato sulla psicoanalisi, ma De Lorenzo ritiene che nel suo Verità e metodo siano contenuti i presupposti di una sua tanto necessaria quanto decisiva reinterpretazione.
Il libro è utile e interessante, dato che permette di ricostruire l’orizzonte filosofico in cui si inscrivono proposte come quella "narrativista" di Schafer, riconducibile al paradigma ermeneutico, e di coglierne le conseguenze per l’identità della psicoanalisi. L’Autore riconsidera la querelle attorno allo statuto disciplinare della psicoanalisi alla luce della suddetta impostazione gadameriana, condividendo piuttosto esplicitamente il rifiuto di epistemologi come Popper e Grünbaum di concedere a questa disciplina uno statuto scientifico.
Senza entrare nel merito di tali critiche, egli afferma con una certa sufficienza che "Per quanto stupefacente possa ciò possa apparire, se si considera che in fondo nel suo singolare ‘laboratorio’ non aveva altri mezzi che un divano – il fondatore della psicoanalisi pare non abbia mai mostrato alcun dubbio sulla scientificità della sua impresa" (123). Condizionato dell’equazione fra verità e metodo (scientifico), Freud incarnerebbe dunque una "coscienza analitica" positivistica e obiettivistica, "sospettosa" della coscienza in quanto coscienza dell’analizzando, ma cartesianamente abbarbicata al mito pre-nietzscheano di un soggetto conoscente autotrasparente e capace di un accesso "incontaminato" al reale.
De Lorenzo analizza l’epistemologia freudiana giovandosi del contributo di Assoun, riconosce in essa elementi di convenzionalismo anche sofisticati, ma ne sottolinea in definitiva la subordinazione allo zeitgeist ottocentesco. Il verdetto è inappellabile: obiettivismo, positivismo, scientismo. L’Autore condivide dunque le osservazioni di "ermeneuti" come Ricoeur e Habermas, volte a salvaguardare la specificità della psicoanalisi contro l’"autofraintendimento scientistico" di Freud, ma ritiene che la filosofia gadameriana permetta di andare oltre. Citando Verità e metodo, l’ermeneutica intende "studiare, ovunque essa si dia, l’esperienza di verità che oltrepassa l’ambito sottoposto al controllo della metodologia scientifica" (126).
La psicoanalisi, in quanto disciplina ermeneutica, nonostante o proprio grazie alla sua non scientificità, può aspirare ad una verità più profonda. Attraverso la psicoanalisi, in perfetto stile gadameriano, De Lorenzo conduce un attacco al cuore del metodo scientifico, difendendo con passione e competenza le ragioni dell’ermeneutica. Esse conducono all’abbandono dell’idea della psicoanalisi come impresa scientifica e alla sua riduzione alla "debole" razionalità del colloquio, prassi comunicativa le cui condizioni di possibilità s’inscrivono nell’orizzonte storico dell’umano agire e parlare.
C’è tuttavia da chiedersi se siano altrettanto ben rappresentate le ragioni di Freud, secondo gli "ermeneuti" così grossolanamente in errore sulla disciplina da lui stesso fondata. E’ sufficiente la constatazione che ogni "coscienza", e dunque anche quella freudiana, è storicamente determinata e "interpreta" secondo categorie peculiari, a bollare come illusoria la scientificità della psicoanalisi? Mentre l’Autore invoca contro la concezione freudiana la "bibbia" novecentesca dell’ermeneutica, ad essa nega il supporto dei più recenti sviluppi del pensiero epistemologico, all’interno del quale non mancano certo modelli in grado difendere la peculiarità del metodo scientifico al di fuori di ogni positivistica ed astorica assolutizzazione della verità scientifica. Riconoscendo la dipendenza teorica dell’osservazione, relativizzando e storicizzando la nozione di verità, l’epistemologia contemporanea consente di rigettare ogni semplicistica identificazione di "scientifico" con "scientistico" e "positivistico". All’interno di tale "svolta relativistica", la difesa della scientificità della psicoanalisi consente tuttora di difenderla dall’assimilazione a "verità" eventualmente anche molto "profonde", ma anche meno garantite dal punto di vista empirico.
Lungi dal chiuderlo, questo interessante, parziale e parzialmente ben argomentato libro, contribuisce in maniera particolarmente stimolante a riaprire il dibattito sullo statuto della psicoanalisi.
Giorgio Mattana