Cultura e Società

Dopo la prima morte

16/11/08

La vicenda si apre con immagini inquietanti. Le strade lastricate nello storico quartiere della Città Vecchia di Praga sono come il «dorso di scagliosi serpenti arrotolati sotto le case […]. Tra un momento si sarebbero svegliati, avrebbero cominciato a scivolare in direzioni diverse, come il Drago Rosso e il Drago Bianco sotto le torri di Vertiger, nella leggenda di Merlino» (p. 9). Le tre moto d’epoca, collocate nel deposito sotterraneo di un banditore d’aste, assomigliano ad « un grosso insetto» (p. 12), con tutto ciò che hanno di mostruoso gli insetti ingigantiti. I fanali sono gli occhi. (Apotropaici?) Collezionare moto rientra nei rituali superstiziosi con cui il protagonista esorcizza la sua angoscia persecutoria. Poi quel nido di serpi incomincia a muoversi, l’insetto ad agitare le antenne.
Nel corpo del romanzo l’immagine dominante è quella del labirinto in cui un uomo e una donna mettono in campo tecniche di seduzione, si tendono trappole, si tendono la mano. Naturalmente anche il lettore è invitato a entrarvi. A un certo punto si insinuano il sospetto, il dubbio (quel tipo di suspense che nei romanzi ottocenteschi era costituito dall’eventualità dell’errore giudiziario), il venir meno delle certezze, di «precarie certezze». I percorsi del labirinto conducono alla resa dei conti: i protagonisti metteranno a nudo, senza più difese, i contrapposti sensi di colpa di cui sono vittime, nel buio di una notte interminabile che li lascia spossati, «come ci si può sentire dopo essere stati pestati a sangue […]. O dopo una seduta analitica particolarmente ben riuscita» (p. 142). L’immagine conclusiva è invece quella di un groviglio vegetale di rampicanti attorno a un palo, in modo che «non si sa più quali siano i rami e le foglie d’una pianta o dell’altra, o dell’altra ancora» (p. 140).
Impossibile reciderne una, o districarsi nel viluppo in cui si intrecciano i fili di diverse verità. Uno di questi è collegato addirittura alla figura del tenente colonnello Thomas Edward Lawrence, noto come Lawrence d’Arabia (1888-1935), rievocato qui non per le sue avventurose campagne militari in Medio Oriente, ma per le circostanze misteriose della sua morte. Nella postfazione l’autrice dichiara le fonti sulle quali si è documentata e che non le hanno impedito di ricostruire in modo fantastico l’incidente in cui perse la vita l’ufficiale inglese, in sella a un prototipo da competizione.

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