«Il diavolo veste Isis – Lo straniero di casa nostra»
Sarantis Thanopulos
Asterios
2018
Recensione di Giorgio Mattana
In questo agile libretto, che raccoglie i suoi interventi sul «Manifesto» dal 2014 al 2017, pubblicati nella rubrica «Verità nascoste», Sarantis Thanopulos, analista di training della SPI, si occupa dei fenomeni più rilevanti della contemporaneità, dalla migrazione, al terrorismo islamico, al risorgere del nazionalismo, all’indipendentismo antieuropeo, al rapporto dell’Occidente con il resto del mondo, alla politica estera americana. Nella migliore tradizione freudiana, la psicoanalisi diviene qui strumento di analisi storico-sociale, ma senza alcuna pretesa assolutizzante: uno strumento utile e necessario, da usare accanto ad altri vertici osservativi, economici, politici, culturali, antropologici, demografici e via dicendo, al fine di approssimare una «totalità» inevitabilmente polideterminata. Il vertice di partenza, in certo senso privilegiato, è quello etico: in linea con le sue origini greche e la sua cultura classica, Thanopulos muove dalla definizione aristotelica dell’uomo come animale sociale, destinato dalla sua natura alla convivenza e all’integrazione, ma a rischio di asocialità regressiva e illusoria per difesa o distruttività antivitale. Ed è dalla Grecia che partono le sue considerazioni, passando dal recente atteggiamento punitivo e vessatorio di un’Europa a trazione tedesca nei confronti del paese mediterraneo in crisi, alla triplice minaccia di dissoluzione dell’Europa stessa come entità geopolitica, da una dirigenza fondata sul cieco dominio della categoria economica della quantità, dall’indipendentismo velleitario e regressivo di interi stati e regioni, dall’intolleranza montante di nazioni, partiti e movimenti xenofobi.
Thanopulos mostra come questi fenomeni siano modi diversi dell’attacco a un’idea di Europa che affonda le sue radici non solo nella cultura giudaico-cristiana, come spesso ideologicamente si afferma, ma prima e accanto ad essa in quella greco-romana, e dopo di essa in quella umanistico-rinascimentale e illuministica. Tale idea è fondata sul desiderio di integrazione, apertura e dialogo, sul principio di tolleranza e sul rispetto delle diversità culturali, politiche e religiose, e rappresenta pertanto l’opposto delle spinte all’arroccamento narcisistico e alla chiusura identitaria che attualmente minacciano il Vecchio Continente. L’Autore evidenzia come l’impatto degli odierni movimenti di migrazione, legati alla globalizzazione, all’ingiusta distribuzione delle risorse e alle complesse vicissitudini politico-sociali del Sud e dell’Oriente del pianeta, susciti nell’Occidente emozioni profonde e complesse. Fra queste, oltre all’empatia, alla solidarietà e al desiderio di conoscenza e integrazione, vi sono anche sentimenti profondamente antilibidici, come il cupo e mortifero agglomerato di ansia e aggressività, favorito da una difficile congiuntura economica e abilmente fomentato da leader e governanti senza scrupoli. Queste emozioni preparano la risposta meno adeguata, e sul lungo periodo suicida, a fenomeni umani drammatici e complessi, meritevoli di ben altri approfondimenti e di ben altra e altrimenti articolata gestione, come lo spostamento di ingenti masse di esseri umani in fuga dalla guerra, dalla persecuzione e dalla miseria.
Uno stesso filo conduttore lega l’aggressività economica della dirigenza europea nei confronti della Grecia, l’antieuropeismo indipendentista e separatista di interi paesi o regioni europee e la xenofobia di molti stati e movimenti politici europei, chiusi nel culto mortifero e difensivo di una superiorità fondata sulla mitizzazione falsificante del passato. Thanopulos sottolinea come il narcisismo identitario collettivo, che agitando il pericolo dell’invasione ed enfatizzando la minaccia del terrorismo costruisce muri e alimenta diffidenza e ostilità nei confronti di profughi e migranti, sapientemente alimentato a livello politico e mediatico, sia un narcisismo di morte, costruito sulla svalutazione dell’altro e sulla mortificazione delle parti libidiche del Sé. Tale narcisismo mortifero e paranoico, fondato sull’esclusione e la discriminazione dell’altro e del diverso, riecheggia sull’altra sponda dell’Atlantico nel muro di Trump e nella recrudescenza della violenza della polizia americana contro i neri immediatamente successiva alla sua elezione. In Europa come negli Stati Uniti, la difesa aggressiva dal barbaro alle porte, la diffidenza e l’ostilità verso le diversità culturali e religiose, ma anche verso le minoranze etniche entro i confini, apre le porte all’autoritarismo e prepara il fallimento della democrazia.
Le considerazioni sul terrorismo islamico e sull’Isis riflettono in modo particolarmente significativo l’integrazione dell’atteggiamento analitico con gli altri vertici di osservazione. Thanopulos suggerisce di non fermarsi al sintomo, al terrorismo come male assoluto, alla sua violenza disumanizzante e alle conseguenti reazioni di orrore e rabbia, ma di osservarne le radici nel vuoto mortifero di senso e valore che ne è alla base. Un vuoto che interroga la contemporaneità e rimanda tanto alla drammatica mancanza di integrazione dei terroristi nati e cresciuti in Occidente, quanto a quella di intere aree del mondo vittime della stessa desertificazione interiore, figlia una globalizzazione basata su uno scambio che, identificandosi con lo sfruttamento e il potere, azzera ogni valore umano e favorisce la ricerca patologica e paradossale del senso nell’annientamento dell’altro e del Sé. Solo la conoscenza delle cause profonde del fenomeno può favorire un atteggiamento e una risposta più adeguati e incisivi, in quanto meno contaminati dalla persecutorietà e dalle generalizzazioni difensivo-aggressive indiscriminate nei confronti dell’Islam, premessa di una spirale di odio e ritorsione senza fine. Come non esiste alcuna invasione, anche se certamente esiste il problema di una gestione ragionata dell’immigrazione, così non vi è alcuna guerra di religione contro l’Occidente, anche se c’è una seria minaccia terroristica da affrontare nel rispetto di quei principi e diritti che fondano l’identità stessa dell’Occidente.
Questi e altri, dallo ius soli, al rapporto fra diritti politici e diritti umani, alla satira di Charlie Ebdo, gli argomenti trattati da Thanopulos, chiaramente e dichiaratamente schierato a sinistra, ma ancora prima schierato a difesa della democrazia, della tolleranza e della civiltà, contro l’imbarbarimento e le derive autoritarie indotte da fenomeni certamente complessi e allarmanti, ma spesso non compresi nelle loro cause e responsabilità molteplici e profonde. A suo modo intransigente e polemico, come nel caso della critica delle posizioni di noti intellettuali e commentatori politici come Claudio Magris e Giuliano Ferrara, Thanopulos non abbandona mai il piano della riflessione documentata e approfondita, al fine di guidare il lettore a una comprensione dei fenomeni che non si fermi alla loro superficie, senza mai scadere nell’invettiva o nella svalutazione aggressiva di chi ha opinioni diverse dalla sua. L’impianto metapsicologico che si intravede dietro le sue considerazioni appassionate potrebbe indurre a commentare che non solo la socialità e la socievolezza fanno parte della natura umana, ma anche la chiusura, la distruttività e l’attacco al legame. La risposta di Thanopulos potrebbe essere che sì, anche queste cose appartengono alla natura umana, ma dalla parte che inclina verso la morte.