Adamo Vergine (1929-2021)
Un ricordo di Adamo Vergine
a cura di Diletta La Torre e Donatella Lisciotto
“Io penso che l’incontro così detto terapeutico si fondi sempre in una coincidenza profonda, analogabile specialmente nella cura analitica ad una matrice originaria psichica come potrebbe essere quella madre-bambino. Credo che si tratti di una tendenza umana generale quando a livello inconscio si possono incontrare almeno alcuni elementi riconoscibili come sé nell’altro. Lo considero come un punto di indistinzione che tenendo salda la relazione permette di tollerare ed elaborare gli attriti che si presentano ai livelli di coscienza.”(A.Vergine.2012. carteggio privato)
“Penso che curare significhi patire insieme la stessa sofferenza come se fossimo una persona sola a livello inconscio e due persone a livello conscio che collaborano per la costruzione ricostruita del nuovo soggetto paziente ( A. Vergine, comunicazione personale, 2012)”.
Qualche anno fa, insieme a alcuni colleghi del Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala di Messina, abbiamo avuto l’opportunità di dialogare con Adamo Vergine per un certo periodo.
Per quei tempi si è trattato di un dialogo atipico, ma oggi, epoca postpandemica, prevedibile.
Avevamo iniziato a raccontargli l’esperienza di un gruppo di studio sulla revèrie, molto arricchente, fatta con Antonello Correale e Antonietta Ficacci che alcuni di noi avevano appena concluso. Da lì, Vergine ci ha condotto nel campo delle neuroscienze e accettato la nostra proposta di studiare insieme.
Vista la distanza geografica, lui stesso propose di comunicare i nostri pensieri e i nostri interventi attraverso delle mail. Riservandosi di vederci qualche volta a Roma, a casa sua. Si è così avviato nel 2012 un gruppo di studio on line attraverso una
mail group in cui, di volta in volta, prendeva forma un pensiero gruppale che, partendo dall’intervento di uno si estendeva comprendendo gli interventi di tutti. Le mail si susseguivano in un fitto e generoso scambio di contenuti, vignette cliniche e associazioni di idee.
Adamo Vergine commentava i nostri interventi, proponeva riflessioni e rimandi teorico-clinico. A volte ci sollecitava a scrivere, coinvolgeva quelli del gruppo che erano più silenziosi, chiamava a raccolta ognuno di noi chiamandoci per nome.
E così siamo riusciti a realizzare la straordinaria combinazione in cui i casi clinici riportati venivano a comporre un unico grande quadro, come divenissero, alla fine, un unico caso che racchiudeva e si arricchiva delle libere associazioni di tutto il gruppo, e l’attenzione fluttuante, nonostante il mezzo inconsueto, fluiva all’interno di una cornice dimensionabile. Da subito c’è stato un clima entusiastico, d’attesa reciproca in cui Vergine, nonostante la veneranda età, appariva giovanissimo, aperto, flessibile, entusiasta. Si poteva dialogare senza la sensazione scomoda di sentirsi giudicati o corretti, senza la soggezione che si può avvertire quando ci si trova al cospetto di un Maestro. Lui rimandava una certa libertà di pensare le cose così come ognuno di noi era libero di pensarle, e di aprirsi dunque al confronto.
Dava la sensazione di essere uno di noi, che pure non avevamo la sua stessa esperienza personale e professionale, e la sua cultura psicoanalitica. Si confrontava con un gruppo di psicoterapeuti di un’associazione siciliana in barba alla distinzione tra psicoterapeuti e psicoanalisti, e per giunta molti dei quali non appartenenti alla Società Psicoanalitica Italiana.
In questa triste circostanza della sua morte abbiamo pensato di condividere alcuni stralci del nostro dialogo via mail, sperando che sia un modo adeguato, seppure insolito, per trasmettere il clima emotivo che si era stabilito tra noi grazie alla sua personalità.
4 aprile 2012
“Qualche parola sul nostro gruppo. Anche a me sembra che stia diventando di fatto come un seminario di supervisione. Non mi sembra che come gruppo abbiate motivazioni misteriose. Si vede che amate questo lavoro, il vostro padre fondatore era una persona straordinaria di cui giustamente siete fiere, da cui avete ereditato quel tipo di nobile umanità che vi distingue. Credo anche che il vostro Laboratorio sia un’istituzione importante per la città, anche perché svolgete onestamente e con serietà il vostro lavoro.
Credo che semplicemente mi avete chiesto di collaborare perché avete sentito che nutro una passione quasi analoga a quella di Siracusano e di Perrotti. Questo non credo che possa significare di cercare un nuovo padre, ne sarei indebitamente onorato, ma secondo me vuol dire solo cercare qualcuno che ce li fa ricordare e questo addirittura mi commuove.
Chiarito una parte del nostro legame e considerando che sono abbastanza vecchio, mi è sembrato molto saggio stabilire una scadenza. Rimane solo vedere come possiamo lavorare. A me non dispiace dover fare una specie di supervisore dal momento che mi avete scelto, però avevo fantasticato che potevamo misurarci reciprocamente ad un altro livello. In ogni caso mi sembrate persone in grado di poter essere anche voi supervisori, forse tra di voi ciò accade ma vi chiedo se vi mando io un caso voi sareste disposti a dirmi almeno in molti quello che ne pensate? Senza timori di vedere quelli che per voi potrebbero essere degli sbagli, oppure avete ancora una concezione sacra di chi è più anziano di voi?” Adamo.
Un qualsiasi commento sarebbe superfluo.
Dopo qualche mese di scambi intensi e anche turbolenti nell’ambito del mail group è nato il desiderio reciproco di conoscerci personalmente e di incontrarci a Roma. Lui stesso ci propose di vederci a casa sua. E’ difficile descrivere ancora a distanza di anni il sapore di quella giornata, ma rimane presente in modo molto vivo e oggi consolante.
Era un sabato di giugno del 2012. Siamo arrivati insieme in gruppo, siamo stati accolti come amici o familiari, eppure molti di noi l’avevano solo intravisto di passaggio e lui non ci conosceva personalmente. Abbiamo sentito l’emozione di questo incontro come fosse un primo incontro e nello stesso tempo come fossimo già intimi, per quell’intimità profonda che solo lo scambio psichico riesce ad attivare, anche senza materialità corporea, apparente paradosso più volte sperimentato in tempo di pandemia, ma non immaginato prima. Ci ha condotto nelle sue stanze, piene di libri, di cultura e di verde e abbiamo conosciuto il suo ambiente, il suo involucro in cui siamo stati introdotti con una delicatezza e una cura particolari, secondo il suo stile relazionale. Abbiamo mangiato alla sua tavola, un pranzo semplice e genuino accompagnato da gesti e parole, altrettanto semplici e veri. Abbiamo percepito la ricchezza di un dono reciproco. Quella giornata ha condensato la conclusione e insieme un nuovo avvio della nostra relazione, avvolta nella luce crepuscolare di una vita ormai sul finire che poteva e voleva ancora offrirsi all’altro.
A distanza di molti anni in occasione della costituzione del nostro Centro Psicoanalitico dello Stretto Francesco Siracusano riceviamo una sua mail.
26 giugno 2020
Cara Diletta,
Arrivo in ritardo perché ho avuto un periodo di malesseri e non ho aperto il computer. Ora ho letto tutto e mi sono commosso nel vedere che da tutta Italia vi stimano e sono felici della costituzione del vostro Centro. Anche io sono tra questi gloriandomi di avervi conosciuti e di aver apprezzata la vostra passione per la psicoanalisi mai disgiunta dall’amore per l’essere umano e le sue condizioni di vita.
Forse in quella esperienza che abbiamo fatto insieme non sono stato capace di darvi molto come voi “semplicemente” avete dato a me. Voi siete pieni di vita e sicuramente farete molto, come vi auguro che sia. Vi saluto con affetto e molta stima
Adamo Vergine
Caro Adamo,
Ho ricevuto molti auguri e le parole dei colleghi spesso mi hanno sorpreso e qualche volta mi hanno anche commosso. Ma il tuo augurio è il più gradito di tutti, e mi ha commosso profondamente. Ricordo sempre i nostri appuntamenti e la tua accoglienza straordinaria nella casa dei libri (così la chiamo tra me). Noi come gruppo ti siamo molto grati e abbiamo sempre riscontrato una sintonia particolare con il tuo pensiero psicoanalitico e la tua umanità, ritrovo nelle tue parole tutto questo oggi.
Un grande abbraccio e un grazie di cuore
Diletta
Come conclusione vogliamo riportare tra i tanti suoi pensieri il seguente, che risuona quasi come un lascito che ci accompagna:
“C’è chi sceglie di vivere per fare nuove esperienze, ma ogni esperienza costa conoscenza ed un lutto concreto o simbolico. C’è invece chi pensa che non se lo può permettere e sceglie un altro tipo di vita, nella quale si possa vivere al risparmio di conoscenza e di dolore, perché non si ha fiducia di potercela fare, e poiché potrebbe essere una scelta molto realistica va anche rispettata”.