Erri De Luca, Simone Gandolfo
(Opera teatrale in quattro stanze).
L’inizio mette un po’ di perplessità addosso: l’attore che arriva dal fondo del teatro, tutto buio, e lui usa l’accendino per farsi luce. Capisco presto che siamo già nella metafora.
Il palcoscenico è ingombro di casse, tavolo, sedie, contenitori: stanno provando. E’ una storia dentro la storia. L’attore che arriva dal fondo sta organizzando lo spettacolo, ma si scopre subito che sarà uno dei protagonisti , l’altro protagonista è una donna. Poi arriva Erri De Luca: stanno provando una rappresentazione di un suo testo :" In nome della madre".
Lui si siede al tavolo con gli altri due, spiega alcune cose, soprattutto dà delle notizie storiche, è uno studioso dell’ebraismo, sa un sacco di cose, parla delle radici semantiche delle parole, della legge ebraica : ti cattura immediatamente. Ti scopri spettatore attento a quel parlare quasi sottovoce, come ad esserci e non esserci, e stai là a cogliere ogni sua parola, la parola del padre, della legge, senti che è detta piano, ma che è affilata come il coltello che reciderà il cordone. Erri è’ lì sul palco che rappresenta se stesso scrittore che parla del suo testo: la storia di Miriam e Josef, da quando lei scopre di essere incinta fino a quando partorisce.
Capisci subito che Miriam è Maria e Josef è Giuseppe, e che la storia è in realtà quella raccontata da Luca e Marco, i due evangelisti. Una storia di Natale. È vero, siamo quasi a Natale, proprio al momento giusto. Ma ti accorgi subito che lui la trasfigura, va al di là di quel tempo, la rende del tutto umana ed emblematica della figura della madre e del rapporto tra la madre e il figlio, prima della nascita e alla nascita; e che la incornicia con la funzione del padre. Una storia , lui lo dice subito, narrata stavolta tutta al femminile.
Josef chiede ad Erri:- Ma come fai a raccontare una storia che non conosci, tu non sei una donna e non hai avuto figli?- Ed Erri gli risponde:- Io sono stato nove mesi nel grembo di mia madre, tutti i nove mesi, fino all’ultimo, quando ho dovuto proprio uscire, io c’ero e lì ho conosciuto le cose come stavano, con una chiarezza che poi non ho più avuto.-
Penso ad una donna che mi ha parlato a lungo del suo dolore di non aver avuto figli, di quell’esperienza che le è mancata , e che ha sentito pensabile quel dolore quando ha potuto dirsi che anche lei l’ha vissuta, dall’altra parte, come bambina nel grembo di sua madre, ma l’ha vissuta.
Il pezzo teatrale è questo: è questi nove mesi di storia.
Ancora una volta mi stupisco che la poesia e l’arte sappiano raccontare delle vicende umane così tanto e in un modo così profondo . La psicoanalista, che non si dimentica mai di essere tale, di fronte a quest ‘opera si immerge nella vicenda e ci riflette allo stesso tempo. Mano a mano che la storia si dipana ritrovo immagini, suggestioni, pensieri, intuizioni, che ho tante volte incontrato nel mio lavoro quotidiano. L’effetto è quello di una scoperta -riscoperta, mi trovo davanti ad una storia che mi accoglie e stupisce, che riesce a farmi provare meraviglia.
All’inizio in scena ci sono Erri, Josef e Miriam.
Poi Erri se ne va , quasi a dire che l’autore scompare e che i personaggi stessi fanno la loro storia, la vivono. Nell’ultima parte se ne va anche Josef, Simone Gandolfo, che impersona con entusiasmo il padre giovane coraggioso,silenzioso e paziente.
Cè solo Miriam, Miriam che parla con il suo bambino
Ha già un nome , Ieshu, voluto dal giovane falegname che lo ha accettato come figlio suo, che lo ha fatto entrare nella famiglia di Davide.
La stanza finale è grandiosa nella sua semplicità, Sara Cianfriglia si lascia attraversare dal suo personaggio tanto da raggiungere fin nelle viscere lo spettatore .
La madre con il suo parto, con la paura e la certezza che ce la farà a partorire da sola , perchè la sua stessa madre glielo ha spiegato e perchè lei lascia che la natura glielo insegni. Lei madre con il suo bambino che sarà solo suo fino all’alba.
Ed infine arriva la luce del mattino; quando lei vede che " i pastori contano le pecore prima di spargerle sui pascoli . Josef sta sulla porta. Ed è ora di dirgli:- Ieshu, bambino mio, ti presento il mondo. Entra Josef. Questo adesso è tuo figlio.-"