Stagione teatrale 2013/14 – Teatro Franco Parenti, 17 novembre-Regia di Valerio Binasco.
a cura di Teresa Guadagno
Nella trasmissione “ Attori e divi italiani”, su Rai Premium, condotta da Tiberio Timperi, è stato intervistato l’attore Alessio Boni che ripercorrendo le tappe della sua carriera, cita l’opera teatrale “ Il Visitatore” rappresentata in coppia con Haber in vari teatri italiani ( tra le altre versioni ricordo quelle con Turi Ferro &Kim Rossi Stuart, quella della Compagnie Theatrale du CPF).
I l Visitatore è il testo di un importante spettacolo teatrale del drammaturgo e scrittore belga Eric-Emmanuel Schmitt, tradotto e rappresentato in 15 lingue e in oltre 25 paesi. Il protagonista di questa pièce è Sigmund Freud (Alessandro Haber). Siamo nell’aprile del 1938, in pieno clima di leggi razziali, gli ebrei vengono perseguitati ovunque. L’Austria è stata da poco annessa di forza al Terzo Reich. Vienna è occupata dai nazisti. Nello studio, in Bergstrass 19, Freud attende affranto notizie della figlia Anna (Nicoletta Robello Bracciforti) che dopo l’ennesima irruzione da parte dei nazisti nella sua casa viene arrestata da un ufficiale della Gestapo (Francesco Bonomo). Freud si rifiuta di lasciare la città, ma poi si vede costretto a firmare un documento in favore dei tedeschi.
In questa solitudine angosciosa, il padre della psicoanalisi stanco, sofferente, invecchiato, riceve nella notte la visita di uno sconosciuto ( Alessio Boni) entrato dalla finestra. Un uomo che sembra un povero e insieme un pazzo. Ma dietro quella presenza si nasconde ben altro. Il grande indagatore dell’inconscio è insieme incuriosito e infastidito: può essere una illusione della sua mente? Un malato? Ma chi è quello scocciatore ? Cosa vuole? Fin dai primi scambi di battute Freud si rende conto di trovarsi di fronte nientemeno che Dio. La discussione che si svolge tra i due è ciò che di più commovente, brillante e ironico si possa immaginare: il testo teatrale offre spunti di pensiero su temi importanti, quali la religione e il senso della vita.
Dubbi, riflessioni, ricerca di se stessi: è la tensione dialettica in cui lo spettatore è trasportato dagli attori capaci di “entrare, sprofondare” nei loro personaggi che evitano le insidie della retorica e donano forza alla parola. E’ un continuo approfondimento: ora nell’uno si nascondono i dubbi di sempre sulla fede, ora nell’altro si scardinano le certezze di chi non si chiede mai il perché. Insomma in questo dialogo serrato Freud ripercorre le sue teorie e difende il suo ateismo mentre lo sconosciuto tenta di giustificare l’esistenza di Dio. La finestra simboleggia lo sguardo di entrambi che però guardano nella stessa direzione, la pazzia del mondo, la malattia dell’uomo. Nella fiducia del dialogo e della parola, anziché nella incomunicabilità o nella contrapposizione dualistica, data dalla onnipotenza dell’uno e dalla genialità dell’altro, l’unico atto della pièce mostra che quando gli uomini si incontrano e si parlano possono forse cambiare il mondo attraverso un processo di umanizzazione.
Roma lì 10/06/2014