Cultura e Società

Fedra. Ippolito portatore di corona di Euripide. Recensione di M. Trivisani

30/05/24
Fedra. Ippolito portatore di corona di Euripide. Recensione di M. Trivisani

Fonte- Fedra. Ippolito portatore di corona. Catalogo ufficiale della 59° stagione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico al teatro greco di Siracusa. Fondazione INDA onlus.

Parole chiave: Tragedia, Psicoanalisi, Freud, Grecia.

Fedra. Ippolito portatore di corona di Euripide, con la traduzione di Nicola Crocetti e per la regia di Paul Curran

59° stagione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico al teatro greco di Siracusa

Recensione di Mirko Trivisani

Fonte: Fedra. Ippolito portatore di corona. Catalogo ufficiale della 59° stagione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico al teatro greco di Siracusa. Fondazione INDA onlus.

Una musica psichedelica risuona tra le antiche pietre del teatro greco di Siracusa, un senso di vago disorientamento ci pervade. Anche nota come acid music, tale genere musicale aveva lo scopo, soprattutto negli anni Sessanta, di intensificare le cosiddette esperienze psichedeliche, dovute all’assunzione di sostanze con effetti psicoattivi, al fine dichiarato di espandere la coscienza o causare amplificazioni o alterazioni sensoriali. Scrive il compositore Matthew Barnes: «è una musica piena di colore, di caos, di apertura mentale e di vita, ma anche una musica che maschera spesso un cuore più oscuro» (Barnes, INDA, p. 49). Al ritmo frenetico di questa musica lo spazio scenico viene letteralmente invaso da Ippolito (Riccardo Livermore) e il suo séguito composto da giovani dai costumi coloratissimi, in continuo movimento, abolite le distinzioni di genere.

ph Mirko Trivisani

Essi onorano e cantano inni ad Artemide, la dea vergine, ma Curran li fa assomigliare alle menadi, alle baccanti, ai coribanti e quant’altro nel mondo antico partecipava ad una vita religiosa percorsa dall’orgiasmo e dalla mania. Vengono in mente le tarantate di De Martino e la loro terapia-esorcismo della musica, della danza e dei colori (De Martino, 1961). Dunque, Ippolito, colui che rifiuta con sdegno il sessuale, l’uomo dalla pretesa di una perpetua verginità, il giovane e casto Ippolito che vorrebbe vivere in una sorta di felice identificazione con la vergine Artemide, è tuttavia circondato da una moltitudine libertina, tempestosa, dalla accesa frenesia coreutico-musicale. Forse, qui Curran vuole mostrarci la fragilità e l’ambiguità della sublimazione.   

Poco dopo conosciamo colei nel cui animo alberga una passione proibita e insoddisfatta; la regina, la sposa legittima di Teseo. Ella alimenta nel suo cuore un amore doppiamente interdetto: l’amore adulterino per un altro uomo e l’amore incestuoso per il giovane figliastro. Circondata da un coro affettuosamente sollecito e insieme insistentemente segnato da una pettegola curiosità, che oscilla tra i poli della scandalizzata costernazione e della colpevole connivenza (Susanetti, 2005), Fedra, una bravissima Alessandra Salamida, appare logorata nel corpo e nello spirito. Indossa un vestito giallo acido ed è irrequieta, assume, suo malgrado, un comportamento speculare al coro di Ippolito. I lunghi capelli sciolti, è percorsa da una agitazione che le pervade il corpo, il quale nulla sopporta, nemmeno il peso inconsistente di un velo sul capo, nell’oscillazione continua e contraddittoria di un volere e un disvolere. Fedra delira, o almeno così sembra agli occhi del coro; nonostante la violenta repressione l’assillo carnale trova il modo di riaffiorare a tratti, sottoforma di sintomo. Il querulo maternage della vecchia nutrice, che la riduce alla dimensione affettiva di bambina, non può lenire il suo oscuro dolore. Sarà proprio la nutrice a spogliare il suo dolore dal velo che lo nascondeva, dando l’avvio al consumarsi della duplice tragedia.

ph Mirko Trivisani

Fedra rifiuta di riconoscersi nel ruolo mitico della seduttrice e dell’adultera, è ossessionata dal timore di sporcare la sua buona fama e l’onorabilità della sua stirpe, concetto, quest’ultimo, difficile da comprendere poiché il suo sangue è già impuro per eredità funeste e per antiche trasgressioni. Ella discende, infatti, da una stirpe proveniente da un mondo altro, dalla remota Colchide, la stessa terra oscura da cui proviene sua cugina Medea. Sua madre, Pasifae, sviluppò una folle passione per un bianchissimo toro inviato da Poseidone, che la spinse ad unirsi ad esso generando così il Minotauro. Fedra rifiuta tale eredità e non si stanca di ripetersi quanto sia onesta e quanto ribrezzo le procura il suo stesso desiderio. Vorrebbe essere una fanciulla, una giovane vergine che si contempla allo specchio, ma vive l’angoscia che il riflesso denunci al mondo intero ciò che ritiene essere la sua deformità (Ciani, 2003). Un’altra adultera, molto tempo dopo, svilupperà appieno un simile conflitto: «A trattenerla era la paura, magari il pudore e poi l’orgoglio di dirsi: ‘sono virtuosa’. Si guardava allo specchio, assumendo le pose della rassegnazione» (Flaubert, Madame Bovary).

ph Mirko Trivisani

Rinnegato sin dal suo primo autore, il desiderio di Fedra ha una storia travagliata. Euripide aveva infatti inizialmente scritto l’Ippolito velato, opera andata perduta ma, dai frammenti pervenuti sino a noi, sappiamo che Fedra, in questa prima versione, dichiarava apertamente il suo mal d’amore al figliastro Ippolito, il quale si sarebbe velato per la vergogna. L’opera suscitò lo scandalo degli ateniesi e non poté quindi incontrare il favore del pubblico (Ciani, 2003). Qualche tempo dopo Euripide compose l’Ippolito coronato che risultò vincitore all’agone tragico. In questa riscrittura Fedra, come sappiamo, non dichiarerà mai apertamente il suo amore al figliastro e, inoltre, il suo stesso desiderio è attribuito alla vendetta di Afrodite e dunque in un certo senso estraneo alla stessa Fedra che ne è vittima. La Fedra di Seneca segnerà poi un mutamento, o forse un ritorno alla prima versione euripidea, evidente già nel titolo. Da Seneca e per sempre nei secoli successivi, complice anche l’appassionata lettera d’amore con un chiaro tentativo di seduzione che Ovidio fa scrivere a Fedra, il personaggio verrà proiettato in un mondo mondano e del tutto privo di inibizioni (in particolare la Fedra di Racine e d’Annunzio). 

Ma torniamo ad Ippolito. L’opera di Curran ha forse il pregio di offrire, proprio attraverso la musica psichedelica iniziale e il coro di Ippolito con colori e comportamenti così speculari a quelli di Fedra, una lettura della tragedia capace confondere e fondere soggetto e oggetto, l’amante e l’amato. Sassanelli (1999) definisce relazione edipico-normativa, una relazione che si struttura grazie all’incontro di un soggetto portatore di pulsioni (soggetto pulsionale) e un oggetto del desiderio portatore di limiti al tempo stesso sia normativi che di realtà. Proprio tale carattere realistico e limitante dell’oggetto lo configura immediatamente quale terzo e ne evidenzia la natura fantasmatica, intrapsichica, dell’oggetto del desiderio (oggetto pulsionale). Al pari della relazione edipico-normativa, anche quella isterico-passionale (Sassanelli, 1996) si organizza in funzione del desiderio del soggetto. Tuttavia, nella relazione isterico-passionale «il desiderio del soggetto deve determinarsi e specificarsi primariamente rispetto al desiderio dell’altro […] che di fatto viene a coincidere con l’oggetto desiderato; è quindi il desiderio dell’altro, dell’amato (Fedra o Ippolito?), ad essere primariamente evocato ed invocato» (Sassanelli, 1999, p. 307 – 308, corsivo mio).

Teseo, come un altro famoso padre dalla passione figlicida, Laio, sembra fulmineamente riconoscere il desiderio-colpa del figlio e, senza processo, senza approfondire, senza ascoltare la vecchia nutrice, lo condanna senza appello ad una morte immediata e violenta. Così Ippolito perirà a causa di una bestia selvaggia, emersa da un flutto rovinoso, nella quale è sin troppo facile leggere la cifra simbolica della violenta irruenza dell’éros che il casto Ippolito aveva negato o tentato di sublimare.     

ph Mirko Trivisani

Bibliografia

Barnes M. (2024) Il colore oscuro del caos. In Fedra. Catalogo ufficiale della 59ª stagione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico al teatro greco di Siracusa.

Ciani M.G. (2003) Fedra indimenticabile. In Fedra. Euripide, Seneca, Racine, d’Annunzio. (a cura di Ciani M.G.) Marsilio Editori Venezia.

De Martino E. (1961) La terra del rimorso. Einaudi Editore Torino 2023.

Flaubert G. (1857) Madame Bovary. (traduzione di Achille G.) Rizzoli Milano 2010.

Ovidio (4 a. C.) Heroides. (a cura di Gardini N.) Mondadori Milano 2023.

Sassanelli G. (1996). La relazione amorosa passionale nella teoria e nella prassi psicoanalitica. Rivista Psicoter. Scienze Umane, 30, 2.

Sassanelli G. (1999) Intrapsichico, ambientale, transizionale. Alla ricerca di un territorio perduto. Rivista di Psicoanalisi, (45)(2):293-313.

Susanetti D. (2005) Il privato inviolato e l’anima sporca. In Ippolito. Euripide 428 a.C. (traduzione di Davide Susanetti). Feltrinelli Editore Milano.

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