Daniel Stern, un uomo geniale e gentile.
Si è spento in questi giorni Daniel Stern, psicologo dello sviluppo, ricercatore e psicoanalista, con il quale ho avuto la fortuna di collaborare tra il 1997 e il 2005 attorno alle ricerche sull’esordio dell’autismo attraverso lo studio dei filmati familiari.
Lo psicologo dello sviluppo.
La mia frequentazione con il pensiero di Daniel Stern è cominciata con la lettura coinvolta e partecipata de “Il mondo interpersonale del bambino”, pubblicato in Italia da Boringhieri nel 1987. Ero in attesa della mia prima figlia, in quei rari periodi di intensa integrazione emotivo/cognitiva che la vita ci regala e ricordo ancora oggi l’interesse e la passione che mi tenevano avvinta alle pagine. Come psicoanalista agli inizi della formazione, la distinzione tra il bambino “clinico” ricostruito dalla psicoanalisi e il bambino “osservato” della psicologia dello sviluppo mi sembrava un’apertura geniale su quella dicotomia tra “fatti” e “ri-costruzioni”, realtà oggettiva e verità soggettiva, teorie a fortiori e costrutti basati su “evidenze” che attraversa ogni nostro movimento epistemico.
Come mamma in divenire ero invece affascinata dalle descrizioni tenere, ma precise e puntuali, di concetti come “la percezione amodale”, il” compagno evocato”, la sintonizzazione affettiva imperfetta e volutamente imperfetta. La teoria dello sviluppo del Sé (Sé emergente, Sé nucleare , Sé soggettivo e Sé verbale ) che scoprivo nel corso della lettura rappresenta la prima forma compiuta di declinazione, applicazione ed esportazione dell’idea di “soggettività” al bambino piccolo. Ne “La costellazione materna” (Boringhieri 1997) Stern ha poi sviluppato e organizzato queste idee all’interno di una teoria originale del post-partum (la costellazione materna, appunto, con i quattro temi: della vita-crescita, della relazionalità, della matrice di supporto e della riorganizzazione dell’identità) presentandone anche le applicazioni per la clinica. La sorprendente chiarezza espositiva e la costante coniugazione fra creatività, spessore teorico e vivacità esemplificativa fanno di questi testi una base fondamentale per chiunque abbia il desiderio di cimentarsi nel campo della consultazione genitori/ bebè.
Il ricercatore
La collaborazione con Daniel Stern è cominciata qualche anno più tardi, anche su suggerimento di Palacio Espasa che già faceva parte del nostro gruppo di ricerca alla Fondazione Stella Maris, quando nello studio dell’ esordio dell’autismo, attraverso i filmati familiari, osservavamo nei primi mesi di vita molte competenze di sviluppo “normali” in bebè che sarebbero successivamente diventati autistici. Avevamo bisogno di qualcuno che ci aiutasse a descrivere, comprendere e categorizzare questi comportamenti nel bambino: Daniel Stern fu subito disponibile ad accogliere l’invito. Una delle intuizioni più significative derivate da questo lavoro riguarda la messa a fuoco, nello sviluppo precoce del bambino, della distinzione fra competenze sociali e competenze intersoggettive. Stern era molto preciso nel distinguere fra comportamenti che riguardano la dimensione sociale dello sviluppo, in quanto connotano l’appartenenza dell’essere umano alla sua specie, e comportamenti che invece denotano nell’essere umano la crescente “curiosità” per il funzionamento mentale degli altri esseri umani. L’imitazione appartiene al dominio della socialità, l’empatia, l’interesse per l’attenzione dell’altro, la capacità di anticipare gli scopi o le azioni dell’altro appartengono invece al dominio dell’intersoggettività.
Ricordo con molto piacere e anche nostalgia le giornate passate a discutere insieme, l’atteggiamento curioso, incantato, a volte un po’ ingenuo di Stern di fronte a una sequenza di filmato dove un bambino apriva la bocca di fronte al cucchiaino o allungava una manina se gli veniva offerto l’oggetto. Ricordo la riflessione puntuale, il riferimento teorico, l’ampio spaziare dalla biologia al costruttivismo fino alle neuroscienze. Ricordo l’atteggiamento flessibile e creativo del ricercatore, la sua capacità di ribaltare il punto di vista. E come psicoanalista?
Lo psicoanalista
Personalmente non condivido il pensiero di coloro che rintracciano in Stern un conflitto fra l’anima del ricercatore e quello dello psicoanalista. Nella mia esperienza diretta, direi che lo psicoanalista era nello sfondo, nell’approccio multisemico con il quale affrontava le “presunte evidenze”, nella flessibilità con la quale accoglieva il pensiero del gruppo, nella libertà con la quale giocava con le idee. Una volta, mentre eravamo ad arrovellarci su come giustificare un costrutto metodologico (stavamo elaborando una griglia per l’osservazione dei filmati), Stern citò la “face validity” ovvero la validazione che deriva dall’esperienza dell’ osservatore che molto assomiglia all’impressionismo clinico a cui noi psicoanalisti appoggiamo le ipotesi che nascono dall’incontro con i pazienti. Un’altra volta, in un seminario tenuto alla Fondazione Stella Maris, riprendendo la teoria freudiana delle pulsioni, introdusse il concetto di “pulsione intersoggettiva” che nella sua idea avrebbe dovuto rubricarsi tra le “pulsioni di vita” dell’essere umano. Non ho personalmente seguito lo sviluppo di questa idea per la psicoanalisi, idea che ha poi portato a una delle sue ultime pubblicazioni (“Il momento presente”). Tuttavia, pensando allo sviluppo precoce, alla psicopatologia dei primi anni di vita ed in particolare all’autismo, credo che ancora una volta Stern abbia aperto con intuizione e genialità una nuova pista.
Geniale, ma anche gentile. Era un uomo aperto che sembrava felice. Era molto capace di porgersi e di porgere le proprie idee con quella affettività lieve e rispettosa che ingentilisce le relazioni tra esseri umani.
Sandra Maestro