Horst Kächele (18 febbraio 1944 – 28 giugno 2020)
Horst Kächele nasce a Kufstein, in Austria, secondo di quattro maschi. La madre proviene da una famiglia borghese con interessi artistici, mentre il padre è laureato in economia. Durante la giovinezza Horst entra in contatto con il mondo psicoanalitico lavorando in una libreria; studia medicina a Marburgo, poi a Leeds e a Monaco, conseguendo il dottorato con una ricerca concettuale sulla morte psicogena (Kächele, 1969). All’Università di Ulm incontra Helmut Thomä, direttore del Dipartimento di psicoterapia, con il quale per vari decenni avrà una intensa e proficua collaborazione nella cosiddetta “scuola di Ulm”. Tra il 1970 e il 1975 completa la sua formazione in psicoterapia presso l’Università di Ulm e il training psicoanalitico dell’IPA. Ottenuta l’abilitazione nel 1976, è professore associato nel 1977 ed è a capo della sezione di metodologia psicoanalitica dal 1978 al 1989. Ha diretto il Centro di ricerca in psicoterapia di Stoccarda dal 1988 al 2004, dal 1990 al 1996 il Dipartimento di psicoterapia dell’Università di Ulm e dal 1997 al 2009 il Dipartimento di Medicina psicosomatica e psicoterapia della Facoltà di Medicina del medesimo ateneo. Nel 2009 ha ottenuto il Ph.D. alla Ludwig-Maximilians-Universität (LMU) di Monaco e l’incarico di professore emerito di metodologia della ricerca presso l’International Psychoanalytic University (IPU) di Berlino nel 2010. Oltre a essere stato invitato presso prestigiosi atenei internazionali, ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui il Distinguished Research Career Award della Society for Psychotherapy Research (SPR), di cui è stato presidente negli anni Novanta. Sposato con la psicoanalista Beate Kächele, ha avuto tre figlie e quattro nipoti. Ma come si è sviluppato e si è configurato il rapporto che Horst Kächele ha avuto con la clinica e la ricerca?
Analista didatta della Deutsche Psychoanalytische Vereinigung (DPV) Kächele si è dedicato fin da subito con Thomä alle questioni di metodologia ed epistemologia in psicoanalisi (Thomä, Kächele, 1975) per la definizione di un modello articolato di terapia psicoanalitica (Kächele, 1988) – documentato dal poderoso Trattato di terapia psicoanalitica tradotto in più di dieci lingue (Thomä, Kächele, 1985, 1988) – e di una corrispettiva metodologia di “psicoanalisi comparata” (Thomä, Kächele, 2010). Nel suo lavoro con il gruppo di Ulm, Kächele ha sempre evidenziato, da un lato, la centralità della dimensione terapeutica della psicoanalisi intesa come processo interattivo, dall’altro la necessità di una ricerca empirica per validarne le ipotesi teoriche, al di là di un’adesione acritica alla metapsicologia. In tal senso ha espresso anche critiche al modello Eitingon, in particolare riguardo all’inclusione dell’analisi personale nella formazione analitica, in nome di un superamento di atteggiamenti ideologici e arbitrari nell’identità dell’analista (Schachter, Kächele, 2012). Convinto che la formazione debba essere modificata nel senso di una collaborazione congiunta tra ricercatori e clinici, rispetto alla problematica collocazione della psicoanalisi tra scienza ed ermeneutica, ha affermato che l’ermeneutica, da sola, non risponde alla questione circa la vera natura della mente inconscia, mentre il fondamento empirico delle ipotesi teoriche psicoanalitiche è debole e richiede una validazione metodologicamente accurata. Ritenendo quindi che un obiettivo del lavoro analitico sia il conseguimento da parte del paziente di una propria capacità analitica, Kächele è stato convinto del fatto che non vi sia una differenza reale di metodo o risultati tra psicoanalisi e psicoterapia psicoanalitica (Kächele, 2010). Secondo Kächele dunque il mantenimento di una distinzione netta tra psicoanalisi e psicoterapia sarebbe il principale ostacolo da superare. Per questo ha proposto una riflessione critica sui limiti dell’indissolubilità dello Junktim freudiano di cura e ricerca, mostrando tramite la ricerca empirica come l’efficacia della psicoanalisi sia correlata in particolare all’analisi dell’organizzazione difensiva inconscia e del sistema motivazionale dell’attaccamento.
Per Kächele la ricerca empirica risulta strategicamente essenziale per capire come l’analista applica le sue conoscenze nella situazione analitica e per indagare il processo analitico, sviluppando modelli di ricerca per la valutazione delle ipotesi cliniche. Per sfuggire alla Babele psicoanalitica, Kächele, che si è anche autodefinito “psicoanalista non credente” (Conci, Erhardt, Kächele, 2013), ha proposto quindi di procedere oltre la neutralità freudiana in nome di una “psicoanalisi più” (Schachter, Kächele, 2007) che sappia integrare al proprio interno, accanto all’interpretazione, anche le altre tecniche che gli analisti non pubblicamente impiegano nella cura, sostegno e consolazione del paziente. In tal senso la psicoanalisi viene a essere intesa come “una terapia focale continua, di durata indefinita e di focus variabile”, secondo quanto già espresso da autori come Balint e French, e viene messo in evidenza il ruolo essenziale dei processi di metaforizzazione preconscia nella conduzione del trattamento.
Dunque, una visione innovativa della psicoanalisi, che si propone di accostare nel migliore dei modi clinica e ricerca. Ricordando come durante l’esilio londinese Marie Bonaparte avesse regalato a Freud un costoso magnetofono, Kächele si è espresso favorevolmente per l’impiego di audioregistrazione e trascrizione verbatim delle sedute analitiche. Il gruppo di Ulm ha così sviluppato metodiche sempre più raffinate di raccolta, elaborazione e analisi dei dati che permettono di utilizzare in maniera metodologicamente accurata lo studio di caso singolo in un approccio empirico condotto secondo una strategia di osservazione multilivello, attraverso descrizioni cliniche sistematiche e procedure guidate dal giudizio clinico, fino all’analisi testuale e conversazionale computer-assisted (Kächele, 2017; Kächele, Buchholz, 2018; Kächele, Schachter, Thomä, 2008). La spinta innovativa, fondata su solide basi scientifiche, ha ispirato tutto il lavoro di Kächele. Il suo benefico effetto – come ci ricorda Gianluca Lo Coco, attuale presidente di SPR Italia – si è ben percepito anche da noi fin dal 1996. In quell’anno si svolse a Cernobbio il primo congresso di SPR Italia e Kächele fu presente come attivo coordinatore scientifico. Uomo assai stimolante per le sue conoscenze nel campo della ricerca empirica, ma anche in quello dell’esperienza clinica, Kächele ha soprattutto cercato di portare prove sull’efficacia clinica dei trattamenti a orientamento psicodinamico basandosi su un approccio rigoroso ed empiricamente fondato (si veda al riguardo il volume che, con Levy e Ablon, Kächele ha curato [2012]). Esemplare lo studio condotto sul caso Amalie X (517 sedute audioregistrate e analizzate attraverso sistemi di codifica quali il CCRT-LU, la CMT di Weiss e Sampson, il PQS di Jones e l’AAI; Kächele et al., 2006; Kächele, Thomä, 2003, 2007). L’Ulmer Textbank è oggi così tra i più grandi archivi di documenti terapeutici al mondo. Infine, di recente Kächele (Schachter, Kächele, 2010) si è anche espresso criticamente sull’uso del divano in psicoanalisi e favorevolmente sull’impiego di strumenti multimediali come l’analisi via Skype e la realtà virtuale.
Un autore dunque di grande competenza e rilievo, la cui mancanza non tarderà a farsi sentire.
Riferimenti bibliografici
Conci, M., Erhardt, I. and Kächele, H. (2013). Marco Conci and Ingrid Erhardt interview Horst Kächele. Int. Forum Psychoanal., 22(4):228-243.
Kächele, H. (1969). Der Begriff psychogener Tod in der medizinischen Literatur. Z. psychosom. Med. Psycho-anal.
Kächele, H. (1988). Clinical and Scientific Aspects of the Ulm Process Model of Psychoanalysis. Int. J. Psycho-Anal., 69:65-73.
Kächele, H. (2010). Distinguishing Psychoanalysis from Psychotherapy. Int. J. Psycho-Anal., 91(1):35-43.
Kächele, H. (2017). Lo studio del caso singolo dalla ricerca clinica alla ricerca sperimentale: un eterno
dilemma? Psicoter. Sci. Um., 51(2):187-210.
Kächele, H., Albani, C., Buchheim, A., Hölzer, M., Hohage, R., Mergenthaler, E., Jiménez, J.P., Leuzinger-Bohleber, M., Neudert-Dreyer, L., Pokorny, D. and Thomä, H. (2006). The German Specimen Case, Amalia X: Empirical Studies. Int. J. Psycho-Anal., 87(3):809-826
Kächele, H., Buchholz, M.B. (2018). L’analisi conversazionale: Un nuovo fondamento scientifico della psicoanalisi. Rivista Psicoanal., 64(2):337-352.
Kächele, H., Schachter, J., and Thomä, H. (2008), From Psychoanalytic Narrative to Empirical Single Case Research. In print, New York: Analytic Press.
Kächele, H., Thomä, H. (2003). La ricerca in psicoanalisi. I. Amalia X: studio sistematico di una psicoanalisi. Urbino: QuattroVenti.
Kächele, H., Thomä, H. (2007). La ricerca in psicoanalisi. II. Studio comparatista di un caso campione: Amalie X. Urbino: QuattroVenti.
Levy, R.A., Ablon, J.S. and Kächele, O. (eds) (2012). Psychodynamic Psychotherapy Research, Berlin / Heidelberg: Springer. Trad. it. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2015.
Schachter, J., Kächele, H. (2007). The Analyst’s Role in Healing: Psychoanalysis-Plus. Psychoanal. Psychol., 24(3):429-444.
Schachter, J., Kächele, H. (2010). The Couch in Psychoanalysis. Contemp. Psychoanal., 46(3):439-459.
Schachter, J., Kächele, H. (2012). Arbitrariness, Psychoanalytic Identity and Psychoanalytic Research. Rom. J. Psychoanal., 5(2):137-161
Thomä, H., Kächele, H. (1975). Problems of Metascience and Methodology in Clinical Psychoanalytic Research. Annu. Psychoanal., 3:49-119
Thomä, H., Kächele, H. (1985). Trattato di terapia psicoanalitica. I. Fondamenti teorici. Trad. it. Torino: Bollati Boringhieri, 1990.
Thomä, H., Kächele, H. (1988). Trattato di terapia psicoanalitica. II. Pratica clinica. Torino: Bollati Boringhieri, 1993.
Thomä, H. and Kächele, H. (2007). Comparative Psychoanalysis on the Basis of a New Form of Treatment Report. Psychoanal. Inq., 27(5):650-689.
Davide Cavagna, Osmano Oasi