Una delle prime volte che incontrai Daniel Stern fu in occasione di una presentazione all’Università di Siena, negli anni ’80, del suo fondamentale libro “Il mondo interpersonale del bambino” (1985). Ne apprezzai da subito la lucidità e l’articolazione dell’approccio, teso a coniugare sul piano della ricerca interessi nati soprattutto altrove, nell’ambito della clinica essenzialmente. Stern aveva affermato di voler tentare un riavvicinamento tra i due estremi del bambino osservato, tipico oggetto della psicologia dell’età evolutiva, e del bambino clinico, oggetto della psicoanalisi infantile. Non lo convincevano le posizioni correnti in ambito psicoanalitico, né quella kleiniana né quella mahleriana. Ed è stato dalla fine degli anni ’70 suo principale merito quello di aver innescato un approccio molto peculiare come quello, rivelatosi nel tempo estremamente fruttuoso, dell’infant research (pur rimanendo aperto ad altri approcci: posso testimoniare infatti che sia io che l’amico e collega Ammaniti fummo indirizzati a prendere contatto con Mary Main e attraverso di lei con la nascente teoria dell’attaccamento proprio da lui).
Quello che lo caratterizzava era un’incredibile capacità nel descrivere una interazione o valutare una videoregistrazione madre-bambino, di svolgere un’osservazione estremamente fine, estremamente ricca, che cercava di cogliere innanzitutto, a livello fenomenologico, la soggettività dell’altro. Partire dal vissuto, dall’esperito, dal sentito e percepito per tentare di costruire un quadro sufficientemente rigoroso che potesse tenere conto anche delle esigenze di verifica senza prestarsi peraltro alle rigidità della metodologia “stretta” evidence-based.
In conclusione, sul piano della teoria, il bisogno di intersoggettività come aspetto motivazionale primario.
Mi sia consentito da ultimo di sottolineare alcune delle qualità umane del mio amico Stern, un grande amico; duttile, sensibile, di grande finezza culturale, con una capacità mai vista di capire gli altri ed una entusiasmante e contagiosa gioia di vivere.
Ne sentiremo tutti molto pesantemente la mancanza.
Nino Dazzi