I suggerimenti di Daniela Lagrasta e Celestina Pezzola
Doppia mostra a Palazzo Grassi fino al 6 febbraio 2015: L’illusione della luce e Irving Penn/Resonance. Inoltre, con il medesimo biglietto, si potrà anche accedere alla mostra Prima materia, a Punta della Dogana.
Nella mostra L’illusione della luce, attraverso le opere di venti artisti dagli anni Sessanta a oggi, viene enfatizzata la capacità della luce di trasformare l’invisibile in visibile, di essere rivelatrice di “un oltre” il visibile: ne viene colta la ricchezza di significati, come pure la profonda ambivalenza. Si fa di ciò immediata esperienza, concettuale, interiore e corporea all’unisono, nel momento stesso in cui facciamo accesso alla mostra, allorquando l’entrare nell’antico splendido patio del Palazzo è pure “entrare” nella prima opera esposta: una luce sorprendente, quasi abbagliante, inquietante, eppure avvolgente e rassicurante, che immerge noi visitatori in uno spazio senza confine, senza coordinate o punti di riferimento se non quelli di tornare indietro sui propri incerti passi o a propri ricordi “riorganizzatori”, in cui già ci si è trovati avvolti da una nube o da una nebbia reali. L’esperienza è dunque quella di provare forze di attrazione e di fuga da questo spazio-luce, che è un già visto e un già vissuto, che è un oltre, forse un inizio, un primo nostro incontro con la luce abbagliante della nascita e forse anche una fine, il ritorno ad una luce che ri-avvolge, spaventando e riappacificando al tempo stesso.
E’ un ulteriore percorso di scoperta, la visita alle altre opere esposte, addentrandosi nella moltitudine di sinonimi del verbo
“illuminare”: accendere, analizzare, animare, chiarire, decifrare, svelare, delucidare, fiammeggiare, rischiarare, irradiare, risplendere, scintillare, istruire, informare, guidare. E’ un percorso del tutto personale tra le opposte polarità del bianco e nero, del giorno e della notte, della realtà e dell’illusione.
E’ sempre la stessa curatrice Bourgeois, a proporre Prima materia, una mostra che non riesce però profondamente a coinvolgerci, forse troppo saturata dalle numerose installazioni, rispetto al senso di ariosità degli spazi di Punta della Dogana che la ospita e che merita la visita. L’antico edificio rimane infatti unico per la sua bellezza e per il sapiente restauro affidato all’architetto Tadao Ando, che lo ha rivisitato con materiali all’avanguardia, riuscendo a lasciare inalterato il fascino antico, dovuto alla sua invidiabile posizione sull’estremo lembo di terra fra il Canal Grande e il Canale della Giudecca, punto strategico adibito allo smistamento delle merci da Oriente ad Occidente, in entrata ed uscita sulle navi della Serenissima, che troneggia con la punta in mezzo al bacino di San Marco proprio come la prua di una nave. Una incredibile nave-magazzino fra terra, acqua e cielo che ci fa navigare nell’affascinante spazio dell’Arte.
Le avanguardie secondo “Azimut/h. Viaggio tra le opere di Piero Manzoni e Enrico Castellani. Guggenheim Collection di Venezia fino al 15 gennaio 2015.
Oltre alla ben nota e sempre piacevole e nutriente collezione permanente di arte moderna alla Collezione Peggy Guggenheim, che raccoglie opere di artisti e Maestri illustri, che vanno da Picasso a Braques, Duchamp, Picabia, Kandinsky, Klee, Severini, Boccioni, Chagall, Mondrian, de Chirico, impossibile citarli tutti, si può ammirare quello che costituì per l’arte italiana e internazionale la meteora Azimut/h. La lettera “h” è così posta a ben definire la sottile, ma precisa differenza, tra la galleria Azimut e la quasi omonima rivista “Azimuth” fondata nel 1959 da Castellani e Manzoni, a Milano. La Milano del dopoguerra, capitale del design, dell’arte informale e del realismo, di Fontana, Burri, Guttuso e Vedova, centro economico e culturale che seppe offrire, anche attraverso l’arte, una straordinaria energia creatrice e riparatrice rispetto alle ferite della tragedia della guerra. I due giovani artisti e ideatori di Azimut riuscirono a coinvolgere nel loro viaggio attraverso una nuova concezione dell’arte personalità affermate come Fontana, del quale si ammira uno dei primi “tagli”. Azimut ha rappresentato una sorta di terremoto creativo, creando una nuova concezione artistica legata alla sperimentazione radicale, fondata sul concetto di continuità e nuovo. La mostra apre proprio con la sezione “Continuità e nuovo”, dedicata ai maestri ispiratori Lucio Fontana e Alberto Burri e, a seguire, le sorprendenti Achrome di Manzoni e i rari lavori di Castellani, nucleo originario della nuova visione che ha reso così attuale e contemporanea l’opera di questi artisti. Prosegue con un affondo sulla nuova idea espressa dai protagonisti delle avanguardie dell’oggetto/contenitore e una selezione di artisti italiani e internazionali, soprattutto quelli appartenenti al Gruppo Zero.
La Divina Marchesa. Arte e vita di Luisa Casati dalla Belle Epoque agli Anni Folli
Palazzo Fortuny
fino all’ 8 marzo 2015.
Venezia, città da lei prescelta negli anni della bell’Epoque come ideale palcoscenico della rappresentazione del mito che creò di se stessa, rende omaggio a Luisa Casati Stampa, marchesa di Soncino, la Divina Marchesa per Gabriele d’Annunzio, che ne fu ammaliato più che da ogni altra delle sue amanti, e profondamente ispirato, come nel romanzo “Forse che sì, forse che no”, al pari di molti altri intellettuali e maestri, quali Cocteau, Boldini, Martini, Balla, Boccioni, Kees Van Dongen, Cecil Beaton, Romaine Brooks, Ignacio Zuloaga, Man Ray, ognuno conquistato dalla individualità di questa donna e dal modello di musa ispiratrice che volle e seppe diventare. Una Musa distruttrice della mediocrità.
E’ attraverso le oltre cento opere, ritratti, dipinti, sculture, gioielli, abiti, litografie, fotografie, che questi ed altri artisti hanno a lei dedicato, che si snoda la mostra che abbiamo visitato. Nella magica penombra delle stanze di Palazzo Fortuny, la casa-atelier di cui la Marchesa fu assidua frequentatrice, si prova a disvelare la complessa e affascinante personalità di una donna che ha voluto “fare di sé e della propria vita un’opera d’arte”, come lei stessa affermava, che è stata “La più grande futurista del mondo” per Tommaso Marinetti, e “Il più bel serpente del Paradiso Terrestre” per Jean Cocteau.
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Natale 2014