Burak Dogu
In Italia forse nessuno si stupirebbe nel vedere, anche in un giorno normale, gente che manifesta e grida liberamente le proprie idee in strada. In Turchia sta invece accadendo qualcosa di non comune. Da tre settimane a questa parte il mio Paese, solitamente silenzioso e represso, manifesta. Nonostante ci abbiano insegnato, qui dove vivo, che non bisogna aprirsi al nuovo, che tutto è una minaccia, anche le celebrazioni del Primo Maggio, il mio popolo ha cominciato a ritagliarsi spazi alternativi per manifestare la propria identità. Questo è il motivo per cui Gezi Park è diventato un movimento nuovo e insolito, nella storia recente dei movimenti sociali in Turchia.
Va sottolineato che la protesta di Gezi Park coinvolge gruppi diversi, appartenenti alle più diverse estrazioni politiche e sociali, un fronte esteso ha preso piede nonostante l’AKP (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo) che è al governo abbia fatto di tutto per manipolare la percezione del pubblico. Il ritardo voluto dall’AKP nella copertura mediatica degli avvenimenti ha prodotto uno stravolgimento delle notizie e del dibattito sui media stessi. Questo ha portato i manifestanti a ribellarsi, li ha istigati a prendere di mira il sistema delle comunicazioni, gli inviati e i cineoperatori.
Un tratto distintivo di questi giorni di protesta è stata la risposta spietata delle forze di polizia, a cui i manifestanti hanno contrapposto la loro serenità. C’è stato un uso indiscriminato di lacrimogeni, di cannoni ad acqua di proiettili di gomma, con il solo risultato di far crescere la forza e il numero di chi si oppone al governo e alla sua ingiustificata reazione. Oltre 400 persone, tra cui operatori di social media, avvocati, medici, sono stati incarcerati. Ma la forza di noi manifestanti è stata nell’usare l’umorismo, nel fare letture pubbliche, lanciarci palloni, organizzare workshop.
Ora stiamo fermi, in piedi, e questo basta per esprimere la nostra disobbedienza civile.
I media dicono che la protesta di Gezi Park si è bloccata dopo che le persone sono state fatte sfollare con la forza, ma in verità la rivolta ha preso la forma di un movimento di solidarietà, che si esprime in molti aspetti e in vari ambiti della vita quotidiana. Stiamo cercando di aumentare la consapevolezza di tutti quelli che non hanno ancora compreso la menzogna delle finte democrazie. Lottiamo per spezzare l’illusione di una Turchia impeccabile, come vuole rappresentarla l’AKP. Stiamo ancora imparando, giorno dopo giorno, immersi nel corso degli eventi che stiamo vivendo e che corrono veloci. Crediamo e speriamo in una nuova forma di democrazia, in una nuova Turchia più a contatto con il popolo, un popolo di cui si ascoltino le parole e che dalle piazze sappia imparare.
Burak Dogu insegna Media e Comunicazione alla Izmir University of Economics