Parole chiave: biennale 2022; psicoanalisi; J. McDougall; arte
Il latte dei sogni. Biennale Arte 2022
Elementi vitali dell’arte
di Elisabetta Marchiori e Claudia Spadazzi
“L’arte e gli artisti ci aiutano a immaginare nuove forme di coesistenza e nuove, infinite possibilità di trasformazione”
(Cecilia Alemani, curatrice Biennale 2022)
“La creazione ha sede tra l’osservatore e la creatività dell’artista”
(Donald W. Winnicott).
Con una storia lunga più di un secolo, la Biennale di Venezia è un’imponente e straordinaria manifestazione all’avanguardia nella promozione delle tendenze artistiche contemporanee. La prima Esposizione Internazionale d’Arte è giunta ormai alla sua 59° edizione. Queste radici si sono sviluppate e hanno dato vita a una ricchissima offerta culturale, con la creazione della Biennale della Musica (dal 1930), del Cinema, (1932), del Teatro (dal 1934), dell’Architettura (dal 1980) e della Danza (dal 1999), oltre ad una serie di esposizioni collaterali che fanno di Venezia, dalla primavera all’autunno inoltrato, un cuore pulsante di creatività.
L’edizione del 2022 della Biennale dell’Arte, che si articola tradizionalmente tra il Padiglione Centrale e l’Arsenale, ha ospitato oltre duecento artiste e artisti provenienti da cinquantotto nazioni, con centottanta prime partecipazioni, quasi millecinquecento le opere e gli oggetti esposti. Le parole sopracitate della curatrice Cecilia Alemani, prima donna italiana a ricoprire questo ruolo tanto prestigioso, sottolineano il tema della funzione trasformativa dell’opera d’arte sull’individuo, in linea con gli studi di neuroestetica contemporanei.
La magia dell’unicità di Venezia – senza tempo e condannata dal tempo – può generare nel visitatore della Biennale un senso molto particolare di spaesamento. L’incontro – e il contrasto – con le sensazioni trasmesse dalla mitica e antica città sull’acqua e le centinaia e centinaia di opere d’arte contemporanea, non solo nelle sedi della Biennale, ma in esposizioni presenti ovunque nella città, induce un’esperienza che non può che essere perturbante, “quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare” (Freud, 1919).
Ci sono opere di artisti il cui nome è noto in tutto il mondo: quest’anno abbiamo potuto visitare la retrospettiva di Anish Kapoor alle Gallerie dell’Accademia e a Palazzo Manfrin, di Anselm Kiefer a Palazzo Ducale e di Marlene Dumas a Palazzo Grassiad. Ma ne troviamo anche di artisti che compaiono per la prima volta sulla scena internazionale, provenienti da tutti i Paesi, le culture e le lingue del mondo, che si esprimono attraverso ogni tipo di forma artistica: dalla pittura alla video-installazione, dalla scultura alla fotografia, con l’utilizzo di qualsiasi materiale.
Nell’edizione del 2022, in particolare, lo spettatore è stato investito da una tale quantità di stimoli da rischiare di rimanere vittima della “Sindrome di Stendhal”, quella risposta emotiva improvvisa e inaspettata, una sorta di estasi contemplativa, caratterizzata da sintomi ansiosi e dissociativi, relativa alla visione di opere d’arte.
L’impatto più forte e diretto è stato con la visita dei Giardini e dall’Arsenale: si è potuto prendere davvero consapevolezza di quanto ci sia mancato l’incontro ravvicinato, il contatto fisico, mentale e emotivo diretto con l’opera d’arte e con la creatività, il cui primum movens è il sogno.
Posticipata di un anno, come accaduto solo durante le due guerre mondiali, questa edizione è stata concepita e realizzata in un periodo di grande instabilità e incertezza, con il perdurare della pandemia e l’apertura reale della linea del fuoco dell’invasione Russa dell’Ucraina, il suo carico di distruzione e morte, e l’angoscia del pericolo nucleare che sovrasta tutto il mondo.
Il titolo “Il latte dei sogni” è preso in prestito da quello di un inquietante libro di favole (2013) di Leonora Carrington (2017-2011), quelle che l’artista surrealista, geniale scrittrice e pittrice, raccontava e illustrava ai suoi figli, con lo scopo di placare le loro paure. Un titolo che evoca quindi l’idea dell’arte come nutrimento vitale dell’esistenza dell’essere umano, così come il latte lo è per il primo periodo dell’esistenza. Ma il nutrimento senza contatto tra corpi, senza voce, senza colori, senza forme non è sufficiente. Va nutrita la pelle psichica, va nutrita la mente, va nutrito l’inconscio, sin dalla più tenera infanzia, con il racconto di fiabe.
Con immediatezza geniale, l’estrema sensibilità dell’artista ha ottenuto attraverso l’abbinamento delle parole “latte” e “sogni” la fusione di due concetti basilari per la sopravvivenza psico-fisica dell’individuo. L’infans riceve dal latte le sostanze nutritive che gli sono necessarie, e allo stesso tempo l’apporto affettivo che la madre o il care-giver porgono- attraverso il contatto, il calore, i suoni, le parole, gli odori, gli sguardi – in altre parole l’holding e l’handling winnicottiani (1965), l’esperienza sensoriale continuata ed immersiva della diade madre-bambino, la base dello sviluppo psichico indissolubilmente legata a quello fisico: l’unità mente/corpo/cervello. Altrettanto necessaria per l’integrità psico-fisica dell’individuo è la capacità/possibilità di sognare: il sogno è un regolatore indispensabile degli stati affettivi e delle emozioni. (Fosshage, 2013). McDougall (1995) sostiene che le sue osservazioni cliniche l’hanno portata a ritenere che “la creatività tragga origine dal corpo erogeno e che la sua linea di sviluppo sia influenzata dal modo in cui i suoi impulsi vengono rappresentati all’infante, nonché dalla strutturazione che quanti si prendono cura di lui impongono alle sue funzioni somatiche” (p. 71).
L’arte funziona come un potente stimolo- visivo, sonoro, esperienziale, capace di catalizzare le nostre angosce, le nostre paure, i nostri desideri, stimolando la funzione elaborativa e simbolica della mente e determinandone la trasformazione in immagini oniriche. Nell’oscillazione tra arte e follia che ha contraddistinto la sua vita, la Carrington, amica e compagna di grandi artisti, ricoverata sovente in ospedali psichiatrici, preda di allucinazioni e immersa in un mondo popolato di sciamani, creature fantastiche, animali mostruosi e figure inquietanti, illumina e guida il percorso attraverso una Biennale in cui centinaia di artisti testimoniano e rappresentano un tempo, il nostro, dove la mente si trova angosciosamente sulla linea del fuoco. E Mind in the Line of Fire è proprio il titolo del prossimo Congresso della International Psycoanalitycal Association a Cartagena (luglio 2023). ,
Come infanti privati del latte materno, precipitati in angosce senza nome, con la mente esposta alle traumatiche conseguenze dell’epidemia, ci si è ritrovati a sperimentare l’esperienza totalizzante di questo percorso nel mondo dell’Arte affamati di stimoli ed emozioni, con il bisogno di riappropriarsi di tanto di ciò di cui abbiamo dovuto dolorosamente rinunciare: passeggiare e parlare liberamente, fianco a fianco, osservare da vicino, condividere, aprirsi alle trasformazioni che l’opera d’arte “dal vivo” può stimolare dentro di noi.
L’offerta di nutrimento per il visitatore è stata immensa, anche se i tempi di “digestione” delle opere hanno senz’altro richiesto tempo: ci si è addentrati nella scoperta di identità post-umane, di fisicità metamorfiche, di innesti biologici nelle macchine, del mostruoso e della bellezza. Presente, passato e futuro sono stati collegati tra loro grazie a cinque piccole mostre tematiche a carattere storico, “capsule del tempo” a raccogliere opere d’arte, manufatti e documenti quali strumenti per creare correlazioni e stimolare approfondimenti. Sono state intese come punti di raccordo delle opere di artisti che hanno lavorato in periodi diversi su temi e con metodi affini, suggerendo somiglianze e individuando elementi di continuità e discontinuità attraverso le generazioni.
Si è spaziato nelle relazioni tra razionale e onirico, tra conscio e inconscio. E poi ci sono gli elementi della natura, la terra, l’acqua, il fuoco: il mondo in fiamme, secco, allagato, in cui l’uomo deve trovare forme di sopravvivenza nuove.
Oltre a porre l’attenzione sulla presenza femminile nell’ambito del movimento surrealista, questa Biennale ha messo in evidenza quanto estesa sia oggi nell’arte la tendenza a scandagliare il mondo dei sogni, esplorare l’inconscio, dare rappresentazione a desideri, bisogni e angosce profonde, oltre alla sua intrinseca commistione con il dolore (Goldstein, 2006). Nel contempo, è un’arte permeata dall’attitudine a mutare, destabilizzare, infrangere le regole, fantasticare mondi diversi. È una Biennale dedicata alla persistenza testarda della creatività nella vita malgrado tutto — pandemie, guerre, crisi climatiche e estreme disuguaglianze sociali — e la necessità di non smettere mai di nutrire la mente di arte e di sogno.
Bibliografia
McDougall J. (1995). Sessualità e processo creativo. In: Eros. Milano, Cortina, 1997.
Carrington L. (2013). Il latte dei sogni. Adelphi, Milano, 2018-
Ferro A. (2015). Torments of the soul: Psychoanalytic Transformation in dreaming and narration. Routledge, New York
Zeki S., (2000). Inner Vision : An Exploration of Art and the Brain. Oxford University Press, Oxford
Zeki S., Bao Y., Poppel E.( 2020). Neuroaesthetics: The art, science, and brain triptych PsyCh Journal 9(4):427-428 DOI: 10.1002/pchj.383
Fosshage J. (2013). The Dream Narrative. Contemporary Psychoanalysis, 49:2, 253-258, DOI: 10.1080/00107530.2013.10746552
Goldstein G., (2005). La experiencia estética. Del Estante, Buenos Aires
Donald W. Winnicott D. W. (1965). Sviluppo affettivo e ambiente. Armando, Roma, 1970.