Boldini. Lo spettacolo della modernità
Forlì, Musei San Domenico, 1 febbraio – 14 giugno 2015
Catalogo: © 2015 Silvana Editoriale (a cura di F. Dini, F. Mazzocca)
Giovanni Boldini: uomo di aspetto sgraziato e di carattere arcigno, ma dalla pittura piena di grazia e passione; il cui lungo e movimentato percorso di vita (1842-1931) si snoda tra due poli: «dalle opprimenti nebbie ferraresi agli splendori parigini».
1 Ballerine spagnole al Moulin Rouge
Di lui molto si è visto e scritto nel corso degli anni; per cui vale la pena – in occasione dell’attuale mostra forlivese – segnalare soltanto alcune peculiarità che la visione completa della sua produzione mette in evidenza. Merito dei curatori infatti è anche quello di proporre una ricognizione sulle opere giovanili dell’artista, a lungo escluse dalle mostre ufficiali per una sorta di rimozione da lui stesso operata nei confronti degli esordi, e infine recuperate dalla storiografia recente. Compaiono così in successione disegni, pastelli, acquerelli, tempere murali, olî di piccole e grandi dimensioni, che documentano snodi evolutivi cruciali: dal periodo fiorentino della sintonia coi Macchiaioli, al periodo parigino sotto la protezione del mercante Goupil, alla fase del successo personale nella Parigi della Belle Époque e degli Impressionisti.
Pittura “contraddittoria” quella di Boldini, hanno osservato molti critici; e il loro giudizio trova conferma già nella discontinuità della tecnica, che può oscillare, in una stessa opera, tra la minuziosità dell’esecuzione di alcune parti e l’aprirsi a una sorta di “non finito” di altre. Analoghe oscillazioni si colgono nel gruppo dei grandi ritratti mondani: quanto formalmente “perfetti” risultano quelli maschili, altrettanto “imperfetti” sono quelli femminili. Le stesse opere giovanili (paesaggi dall’aspetto dimesso o interni di case che fanno da sfondo ai primi domestici ritratti) esprimono un’attenzione affettuosa alla quotidianità che contrasta con la mondanità scintillante della ritrattistica più nota.
2 Madame Marthe Régnier
Ma sono proprio i grandi ritratti femminili a sorprendere maggiormente sotto questo profilo. In essi il fuoco dell’attenzione si concentra quasi sempre sul volto e sul decolletè: che si stagliano nitidi in piena luce entro la cornice dell’acconciatura dei capelli e dell’ampia scollatura degli sfarzosi abiti da sera. Via peraltro obbligata a voler rendere i tratti distintivi di un’identità, ma concomitante con altri indici espressivi. Il resto del corpo, con l’abito che lo ricopre, è riprodotto in modo sommario: più che con trascuratezza è eseguito con uno stile tra l’impressionista e il gestuale, con pennellate lunghe e scattanti, a ragione definite dai critici come “sciabolate”.
Colpisce ancora la postura del corpo, quasi sempre in torsione: ad accentuare ed esibire eroticamente le curve; ma che inchioda le donne ritratte a un’impressione di instabilità, solo in parte bilanciata da lievi movimenti di autocontatto o di ancoraggio a qualche capo di abbigliamento o animaletto da compagnia.
Femmes fleures furono definite: corolle che sbocciando mostrano un interno che brilla di luce magnetica e suscita attese di tenerezza e nutrimento. E tuttavia altri particolari emergono a creare dissonanza con tanto splendore e armonia. Le braccia delle dame sono sottili e allungate; spesso velate da candidi guanti che le fanno apparire come sbozzate nel marmo, quasi gelidi tentacoli dotati di una bizzarra autonomia. E infine le bocche: rosse, morbide, chiuse o aperte a un sorriso, ma talvolta increspate in un’impercettibile smorfia. Civettuola smorfia mondana? O distorsione della micromimica facciale, in palese contraddizione col seno che si offre generosamente? Forse indizio di quanto fosse attivo a guidare la mano dell’artista un impasto di idealizzazione e disillusione svalutante. In ogni caso, come osservò Berenson, le «lungiformi signore dell’alta società internazionale» ritratte da Boldini appaiono dipinte come «sotto a un vetro traslucente»: icone seducenti, ma distanti e inattingibili nella loro enigmaticità.
3 Rene Cole (gentiluomo in abito da sera)
Dopo la Grande Guerra, chiusasi la Belle Époque, l’opera di Boldini cede davanti alle avanguardie. E a spiegarne il declino ricorre questo commento: «come avrebbero potuto competere le sue Femmes fleures con le Demoiselles d’Avignon?». Eppure fu proprio Gertrude Stein, promotrice dei maggiori talenti del postimpressionismo e del cubismo, a coglierne per prima lo spirito innovativo; altri critici l’accosteranno al Futurismo, ovvero all’avanguardia più distruttiva nei confronti di mode e ipocrisie sociali. Certamente in quell’esplicita esaltazione della bellezza mondana e di altri valori del mondo borghese da lui perseguita era già insita una carica desacralizzante: giocata sui toni dell’eccesso dello chic e della divinizzazione, che sono contigui a un senso di vanità e di malinconia. La mostra parigina del 1963 segnò la riemersione dell’artista dall’oblio, e in quell’occasione Ragghianti ne confermò la modernità, fino a considerarlo precursore di Boccioni per la vitalità convulsa delle sue opere.
4 Dalla soffitta a Ferrara
Nel fluire del tempo l’immagine del pittore “alla moda” della Belle Époque sfuma in quella del pittore “moderno”, che nel rappresentare il fulgore dell’attimo ne rende anche, a suo modo, la malinconia della transitorietà.
Gabriella Bartoli