Cultura e Società

Giornata della Memoria 2023. Ricomporre l’infranto di D. Meghnagi

27/01/23
A. Migliozzi dialoga con Gadi Luzzato Vognera. Il Giorno della Memoria compie vent’anni, 27/01/22

Luisa L. Zanni, 1995 Gerusalemme

In occasione della Giornata della Memoria, 27 gennaio, pubblichiamo l’intervento di David Meghnagi, tra le altre Presidente del Comitato Accademico Europeo per la lotta all’antisemitismo.

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Ricomporre l’infranto

David Meghnagi

Abstract. Essersi trovati faccia a faccia con l’indicibile, essere giunti a diventarne vittime, è un’esperienza psicologica e morale unica, terribilmente difficile da elaborare. Ne consegue che la reintegrazione «risulterà più difficile (ma anche, forse più ricca di significato) che non per altri a cui è stata risparmiata un’esperienza tanto estrema, perché i sopravvissuti dovranno integrare nella loro personalità una delle esperienze più atroci a cui un essere umano possa essere sottoposto. Nel dialogo tra le generazioni il lutto è un momento importante di riconciliazione e di ricostruzione. Possiamo separarci non solo, come rileva Freud, perché lasciamo morire la persona amata per poter vivere noi ma anche perché, ad altri livelli, ci riconciliamo con la persona perduta, facendola rivivere dentro, proiettandone il ricordo nella vita quotidiana e nel futuro dei nostri figli. Recuperando il passato, redimendo le ferite aperte, apriamo una porta sul futuro. Tutto questo accade nel lutto normale. Ma che cosa accade quando la distruzione colpisce un’intera popolazione, nel più totale isolamento e nella solitudine estrema? Come si può evitare di andare interamente a pezzi? Da che cosa bisogna attingere per restituire senso ad una vita andata in frantumi.  A questi temi intende rispondere la relazione del prof. Meghnagi mettendo insieme psicologia e scienze umane, storia, teologia e filosofia in un dialogo fitto con le opere di alcuni dei più autorevoli studiosi e scrittori del Novecento.

Proviamo a immaginare di non avere più nessuno dei nostri cari. Che da un giorno all’altro sparisca nel nulla l’intera popolazione della nostra città, che nove decimi della popolazione del nostro paese venga violentemente annientata. Proviamo ad immaginare di perdere, da un momento all’altro, i nostri parenti più stretti, i fratelli e le sorelle, i genitori, i nonni e gli zii, tutti gli amici vicini e lontani; di non avere con chi dividere il dolore, lontani da casa, espulsi dal lavoro, braccati e soli con un’angoscia senza nome, e che alla fine non ci siano nemmeno i cimiteri dove poter piangere i nostri congiunti.

Proviamo a pensare questo ed altro e potremmo forse in parte comprendere cosa è stato il genocidio nazista per chi l’ha subito, quale ferita abbia rappresentato nella coscienza dei sopravvissuti, quale dramma interno esso abbia costituito per chi, salvatosi, porta il fardello per chi non c’è più, consumato dagli incubi e da un senso di colpa lacerante, per quanto infinitamente irrazionale.  Immaginiamo che per il prolungamento della nostra sopravvivenza, di qualche giorno o mese, qualcun altro sia morto prima, che per una selezione qualcun altro sia perito nelle camere predisposte alla distruzione finale, che per ogni lavoro utile al nemico, come chimico o scienziato, un altro uomo senza volto sia stato anticipatamente inserito del numero dei morti e degli uccisi previsti ogni giorno di ogni mese. …

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Parole chiave. Antisemitismo, Shoah, Trauma, Lutto individuale e collettivo.

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